da: la Repubblica
Obama
e Wall Street tifano Monti
"E'
lui il vero anti-Berlusconi"
La
Casa Bianca confida nel premier italiano per proseguire il dialogo con la
Germania. I timori degli Stati Uniti: "Silvio può tornare?"
di Federico
Rampini
È quello che l’America voleva sentirsi dire. Non solo l’America dei mercati ma anche l’Amministrazione Obama, e alcuni grandi
gruppi industriali che potrebbero (oppure no) tornare a investire in
Italia. Monti rassicura su tutti i fronti, nel parlare a New York invia
messaggi alla Casa Bianca e all’Europa. Fa un passo più avanti del solito
nell’evocare un Monti bis. Si conferma nel ruolo di anello di congiunzione tra
Germania e Stati Uniti; tra Germania e periferia Sud dell’eurozona. Si lancia
in una puntigliosa difesa dell’euro, nelle stesse ore in cui in Italia Silvio
Berlusconi attacca la moneta unica.
Il contesto è importante, il luogo dove
avviene l’annuncio è al centro di un triangolo di relazioni internazionali. Il
presidente del Consiglio è qui per l’assemblea generale dell’Onu, vetrina di
statisti globali. Ma il raduno del Palazzo di Vetro serve anche
per tessere
altre relazioni, contatti, verifiche su più livelli. Il Council of Foreign Relations, il più importante think-tank
bipartisan di politica estera, ha preparato per Monti un “parterre” speciale.
Il moderatore che lo tempesta di domande,
David Rubenstein, è uno dei capi del Carlyle
Group, una potenza d’investimento nel private equity. E’ anche un grande
mecenate progressista, ha legami storici col partito democratico, fu consigliere
del presidente Jimmy Carter. Nell’audience molti sono come lui: grandi
investitori e insieme personaggi dell’establishment politico. In prima fila
sono rappresentati tutti i colossi di Wall Street (Bank of America, Morgan
Stanley, Citigroup, Prudential, Paulson, Blackstone, Hsbc), le agenzie di
rating S&P e Moody’s, i media più autorevoli dal New York Times al Wall
Street Journal, diversi colossi industriali (Boeing, Lockheed, FedEx, Chevron),
infine esperti di politica estera che fanno riferimento a Barack Obama o a Mitt
Romney.
L’establishment americano è rappresentato
al massimo livello. Il giorno stesso il Wall
Street Journal ha “introdotto” questa conferenza con un titolone sui guai
della Spagna seguito da: «È svanito
l’effetto-Draghi». Mancano solo cinque giorni al primo duello televisivo
Obama-Romney, l’ultima cosa che la Casa Bianca vuole in questo momento è un
riesplodere della crisi europea. Monti sente questa pressione legittima
dell’establishment americano.
Lo confermerà anche nella successiva
intervista a Bloomberg Tv, precisando che la sua dichiarazione di disponibilità a continuare si rivolge in tre direzioni: «Alle forze politiche italiane dopo le elezioni, alla comunità internazionale, ai mercati».
Davanti al Council, il premier tiene a
precisare che lui non ha piani, tantomeno vuole schierarsi oggi con questa o
quella parte: «Visto che ho tre partiti nella mia maggioranza, due dei quali
non si parlano, sarebbe destabilizzante se io lasciassi intravedere che
propendo verso l’uno». Subito dopo, però: «Se le circostanze li porteranno a
credere che io dovrò continuare a servire il mio paese, non mi tirerò
indietro». Gli interlocutori premono: «Può
assicurarci che non tornerà Silvio Berlusconi?» Monti risponde che no,
questa garanzia non può certo darla. Subito dopo però il presidente del
Consiglio si esibisce in un’appassionata difesa dell’euro, che in quel preciso
momento Berlusconi sta attaccando in Italia. «Senza l’euro – dice Monti – non
solo noi ma tutta l’Europa starebbe molto peggio. Ci ha dato regole di
equilibrio nelle finanze pubbliche, una banca centrale indipendente, una
cultura del mercato. Sono regole talvolta sgradevoli ma ci costringono a una
modernizzazione indispensabile».
La triangolazione
di New York (leader mondiali, governo Usa, mercati finanziari) consente a Monti di esplicitare qual è il suo
ruolo oggi; e quindi cosa potrebbe renderlo indispensabile. Obama glielo ha
riconosciuto più volte, individuando in lui un «traduttore del pensiero
tedesco». A Obama del resto Monti rende omaggio per il suo «ruolo utile nella
crisi europea » (leggi: le costanti pressioni della Casa Bianca in favore di
politiche a sostegno della crescita). Monti ammette di essere «uno strano
italiano, per via del mio attaccamento alla disciplina germanica ». Tra i suoi
compiti vede quello di «impedire che le altre nazioni d’Europa diventino
anti-tedesche », e d’altra parte di «spiegare ad Angela Merkel le conseguenze
di politiche economiche tradizionali (leggi: austerity) applicate nei paesi più
deboli». Il suo cruccio è che «i politici non dedicano attenzione sufficiente
ai pericoli dei risentimenti nazionalisti, ai danni che possono nascere se le
nazioni si mettono l’una contro l’altra».
Ha un messaggio specifico da rivolgere ai
mercati, nella piazza finanziaria più importante del mondo: «Sono troppo lenti
nel riconoscere i progressi che abbiamo fatto, mentre il Fondo monetario e la
Bce ce ne danno atto». Riconosce a se stesso un vantaggio sugli altri capi di
governo che sono dei politici: «In una fase in cui l’unione politica
dell’eurozona sta avanzando di fatto, molti leader sono frustrati perché il
loro potere decisionale si rimpicciolisce. Ma io m’intendo poco delle manovre
di politica interna, mentre sono a mio agio nella dimensione europea».
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