giovedì 27 settembre 2012

Crisi europea, Mario Deaglio: "Le brevi illusioni dei mercati"



da: La Stampa

Le brevi illusioni dei mercati
di Mario Deaglio

Con l’arrivo, il 23 di settembre, dell’autunno astronomico, è finita non solo l’estate dei comuni mortali ma anche l’estate dei mercati finanziari. L’indice Ftse Mib della Borsa di Milano è passato dalla quota 16 mila di venerdì alla quota 15.400 di ieri, una perdita prossima al 4 per cento in 3 giorni lavorativi che mette la parola fine all’eccezionale recupero di agosto e della prima metà di settembre. Naturalmente non si tratta di un fenomeno solo italiano, da Tokyo a New York, passando per l’Europa, i listini sono, pressoché dappertutto, seccamente in ritirata. Milano si trova così in buona compagnia: ieri le perdite di Francoforte e Parigi hanno superato il 2 per cento e le Borse americane sono in trincea.  

Che cosa sta succedendo? I mercati internazionali scontano la fine di tre illusioni che li hanno accompagnati nel corso dell’estate. La prima, piuttosto infantile ma molto diffusa, può essere definita l’«illusione della bacchetta magica». Secondo questa deformazione mentale, governi e banche centrali possono ribaltare, in poche settimane o in pochi mesi, tendenze negative radicate da anni. Basta un piccolo provvedimento di qualche riga, la modifica di qualche norma scomoda e tutto ripartirà, il giardino delle delizie finanziarie tornerà a far maturare i suoi frutti meravigliosi.  

In realtà, la crisi che stiamo vivendo da cinque anni è qualcosa di molto più serio, i suoi bacilli sono annidati pressoché dappertutto nell’economia e nella società, non soltanto nei listini di Borsa e la loro estirpazione, se riuscirà, richiederà anni. Le azioni di risanamento hanno poi i loro alti e bassi, non sono certo facili
percorsi in discesa. Gli operatori finanziari che non ci vogliono credere rischiano di trovarsi con un pugno di mosche in mano. 

La seconda illusione dei mercati è connessa alla prima e cioè che – bacchetta magica o non bacchetta magica - si sia già trovata la medicina sicuramente in grado di far ripartire l’economia reale, il che avrebbe immediate e positive ripercussioni in Borsa. In realtà le medicine proposte sono due, entrambe, al momento, non risolutive: l’immissione massiccia di liquidità, adottata dagli americani, che riesce appena a tenere a galla l’economia degli Stati Uniti ma non a farla ripartire davvero, e il mix europeo di austerità fiscale (oggi) e di stimoli produttivi con bilanci pubblici risanati (domani), che, per definizione, richiede molto tempo, molta pazienza e qualche sacrificio. Sempre che poi i risultati ci siano. 

Gli europei sono davvero disposti ad accettare questi sacrifici e a dar prova di questa pazienza? Alla domanda si raccolgono di fatto risposte molto incerte ed ecco la terza illusione: che i governi possano decidere ogni tipo di misura tenendo soltanto conto della sostenibilità economica ed ignorando la sostenibilità politica, ossia i comportamenti della gente. L’esempio principale è naturalmente la Grecia, dove si insiste su un taglio dopo l’altro senza che il «buco» del bilancio pubblico possa essere chiuso ma ad ogni ulteriore giro di vite dell’austerità paiono aumentare le proteste popolari – come quelle molto gravi di ieri - e cresce il numero di coloro che sono tentati dall’idea di mandar tutto all’aria e uscire dall’euro. Il che non farebbe certo bene all’euro ma ancor meno ai greci i quali, visto lo stato della loro bilancia dei pagamenti, non sarebbero probabilmente neppure in grado di pagarsi il grano e il petrolio per il prossimo inverno. 

In Spagna la situazione è migliore, ma il sentiero è molto stretto. In Italia il cammino dovrebbe essere più agevole secondo le dichiarazioni di personaggi noti per la loro severità come il presidente della Bundesbank sulle capacità del Paese di farcela senza aiuti esterni. L’Italia è uno dei pochi Paesi in cui le famiglie dispongono complessivamente di risparmi consistenti e la caduta dei consumi sembra dovuta non solo alla riduzione dei redditi di alcuni segmenti della popolazione particolarmente colpiti dalla crisi ma anche a una generalizzata paura per il futuro. Il che potrebbe significare che se il Paese ritrovasse fiducia in se stesso, l’economia potrebbe beneficiare subito di un moderato ritorno della domanda interna. 

La sostenibilità politica è un problema che non si pone soltanto ai Paesi cosiddetti deboli. Lo dimostrano le quasi contemporanee notizie francesi del superamento dei tre milioni di disoccupati e del calo di 11 punti in un mese della popolarità del presidente Hollande; lo confermano i segni, ormai chiarissimi, di una frenata dell’economia tedesca e di un’atmosfera non proprio idillica nella coalizione di governo a Berlino. Quasi non esiste Paese europeo, per quanto apparentemente solido, che non stia vivendo un momento di inquietudine per le prospettive della sua economia. 

Ecco perché le Borse calano o, quando va bene, sono estremamente guardinghe. Dopotutto, anche se spesso gli operatori finanziari credono di vivere su un altro pianeta, sono anch’esse espressione di questa società con i suoi timori e le sue incertezze. Il mondo non consiste solo dei listini delle Borse, anche delle liste della spesa, sempre più sofferte, delle massaie. E’ un’illusione che, nel medio e lungo periodo, i primi possano andar bene se le seconde vanno male

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