“Ce l’ha d’oro”.
Così si dice di quelle donne (?) che riescono a usare
“sapientemente” certi uomini (?). A casa
mia si dice: che sanno pirlare gli uomini.
Riescono,
con una certa "dote", a far fare al sesso maschile cose tali da farli
sembrare dei totali decerebrati (oddio…per alcuni maschietti, è sufficiente
averla placcata tolla).
Di che dote si tratta? La Littizzetto direbbe: la jolanda.
Io, invece, la chiamo bernarda.
La bernarda d’oro.
Il “travestito” di Silvio Berlusconi: Michela Brambilla,
una cosa d’oro ce l’aveva.
L’insegna.
Solo quella?
da: Il Fatto Quotidiano
L'insegna dorata della "ministra" Brambilla a (doppie) spese dello Stato
L'ex "delfina" di Berlusconi si fece promuovere ministro del Turismo (carica abolita per legge) con un decreto ad personam, e celebrò l'evento con una scritta cubitale sul palazzo di via della Ferratella. Poi l'idea di un concorso d'arte internazionale per "fondere" le lettere in un'opera d'arte. Da 100mila euro
di Daniele Martini
Bertolt Brecht scrisse
una poesia che si intitolava “La scritta invincibile”. Raccontava
di un soldato socialista della Guerra mondiale, rinchiuso in un carcere italiano,
che con un lapis copiativo aveva scritto sul muro della cella: “Viva Lenin”.
Per quanto i secondini facessero, ripassando le lettere con la calce o
raschiandole con un coltello, o imbiancando il muro, la scritta riappariva
sempre: “Invincibile”, appunto. Anche oggi c’è una scritta a suo modo
invincibile. Non esalta Lenin, non è vergata in lapis copiativo, non ha la
forza evocativa di quella di Brecht, ma resiste. È la scritta “ministro
del Turismo”, in lega di metallo scintillante d’oro e
alta alcune decine di centimetri, che per qualche tempo abbellì (si fa per
dire) la
facciata del palazzo di via della Ferratella in Laterano, sede del Dipartimento del Turismo. Badate
bene: Dipartimento e non ministero, perché il ministero del Turismo per
legge non esiste, cancellato 19 anni fa da un referendum, e quindi non c’è
neanche un ministro. Michela Vittoria Brambilla, signora
dotata di un ego assai robusto, incaricata di seguire gli affari turistici nel
passato governo di Silvio Berlusconi, referendum o no si
sentiva però ministro a tutto tondo e per far valere il titolo che si sentiva
addosso, ingaggiò una sua personale battaglia.
Tanto brigò che il suo sghiribizzo fu accolto in una
specie di decreto ad personam, l’ennesimo di un governo
specializzato in materia. Ottenuta la nomina, la signora pretese pure senza
badare a spese che la sua sudata impresa fosse celebrata non con una semplice
targa ottonata da appendere nell’atrio, ma con una costosa e vistosa scritta
luccicante, “ministro del Turismo”, una specie di insegna da esporre proprio
sotto le finestre del suo ufficio, cosicché non solo automobilisti e passanti,
ma lei stessa potesse ogni tanto rimirarla soddisfatta. Per mesi quelle lettere
dorate si videro benissimo dalla strada sottostante e nessuno osò rimuoverle
finché il governo fu in piedi. Quando nel novembre di un anno fa Berlusconi
cadde e la Brambilla si avviò con la velocità della luce verso l’oblio, sembrò
logico che le cose tornassero in ordine e quella pretenziosa insegna, figlia
del capriccetto di una ex potente, fosse smontata e infilata in qualche
sottoscala.
E invece no: come il “Viva Lenin” di Brecht, la scritta
brambillesca rifiorisce. Forse credendo di far bene, forse per semplice
piaggeria, al Dipartimento del Turismo ci fu tra i dirigenti chi ebbe la
stuzzicante idea di riciclare le lettere dorate: perché non utilizzarle per una
composizione artistica?
Se ne potrebbe fare una scultura, suggerì qualche entusiasta, un’opera che
abbellirebbe gli uffici. Nello stesso periodo all’Ente del turismo (Enit)
il direttore Paolo Rubini, sopravvissuto all’uscita di scena
della sua amica Brambilla, per promuovere l’Italia nel mondo aveva avuto
un’altra strepitosa pensata invitando artisti
indiani, cinesi,
brasiliani, russi,
coreani, a esibirsi in dipinti e
sculture che raffigurassero l’Italia così come la pensavano.
Prendendo i classici due piccioni con una fava, la scritta
della Brambilla – pensarono – avrebbe dovuto essere esposta nelle sale e nei
corridoi di via della Ferratella assieme a queste opere. Fu indetta regolare
gara, importo 100 mila euro
circa, 70 mila per le opere straniere più ammennicoli vari, 30 mila per la
scritta brambillesca all’uopo ricomposta. La gara fu vinta da una ditta romana
dei Parioli con un’ardita composizione raffigurante un albero stilizzato, un
“albero della conoscenza” niente meno, con il logo Ue (Unione europea) a mo’ di
terreno, la I di Italia come fusto e le lettere dorate “ministro del Turismo”
rami e foglie. Ora, però, in un soprassalto di resipiscenza, al Dipartimento
del Turismo ritengono che 30mila euro non saranno la fine del mondo, ma non è
un buon motivo per spenderli in quel modo. Oltretutto per la scultura
ministeriale e le altre opere non c’è proprio più posto. Già piccolo prima, a
forza di tagli il Dipartimento turistico è stato ridotto a poco più che un
avamposto, i dirigenti portati da 12 a 5, i piani per gli uffici da 6 a 2. La
ditta romana che ha lavorato, però, vuol essere pagata e siccome l’“albero
della conoscenza” è pure ingombrante, vorrebbe sapere dove piazzarlo. Volete
scommettere che la brambillesca scritta invincibile rispunterà ancora?
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