«Delibere
su misura grazie a Daccò,
alla
Maugeri 35 milioni l'anno in più»
Gli
interrogatori degli ex dirigenti della fondazione pavese al centro
dell'inchiesta sulla sanità lombarda
di Luigi
Ferrarella Giuseppe Guastella
Più cade il velo dagli interrogatori nei
quali in aprile gli ex dirigenti della Fondazione Maugeri hanno spiegato il
meccanismo ai pm, e più si intuisce quanto sarà arduo trovare una delibera «ad
personam» della Regione Lombardia compravenduta dal colosso pavese della sanità
privata con una specifica tangente al presidente Roberto Formigoni,
intermediata dal suo amico e compagno di generose vacanze Pierangelo Daccò:
infatti il rapporto tra «investimenti» della Fondazione (70 milioni affidati a
Daccò in 10 anni per «aprire porte in Regione») e benefici («dai 20 ai 35
milioni l'anno»), se davvero è stato patologico come ritiene la Procura, è
concettualmente rovesciato.
L'EX
DIRETTORE - Lo riassume ad esempio Costantino Passerino, l'ex
direttore generale della Maugeri agli arresti dal 13 aprile: «Daccò, che non
era un tecnico specifico, veniva da me, io gli dicevo i problemi che noi come
Fondazione Maugeri avevamo e gli sottoponevo delle possibili soluzioni di
questi problemi, anche in termini tecnici, che potevano essere recepite sugli
atti della Regione». E che a quel punto «andavano a tutti, perché risolvevano
un problema che poteva non essere solo nostro» ma anche di altri istituti.
Aggiunge il suo collaboratore pure arrestato, Gianfranco Mozzali: «Si partiva
sempre dall'importo che Passerino riteneva necessario per far quadrare i conti
della Fondazione», tanto che «elaboravamo anche ipotesi di delibera, nel senso
che calcolavamo il risultato che la Fondazione avrebbe raggiunto qualora
fossero stati recepiti determinati parametri dalle delibere regionali: poi
Daccò doveva trovare il modo per far erogare quell'importo dalla Regione, e
sulle modalità intervenivano gli accordi con Lucchina», direttore generale
della Sanità.
IL
RUOLO DI DACCO' - Chiarisce ancor meglio l'ex presidente
(anch'egli arrestato) della Fondazione, Umberto Maugeri: «Se Daccò attraverso i
suoi giri in Regione mi diceva ''la Regione ha interesse che voi facciate posti
letto per i pazienti sub-acuti'', per me era fondamentale, perché io allora
concentro le mie attività su questo settore». E Daccò, che pure nulla sapeva di
sanità, con le sue conoscenze in Regione era in grado non solo di sbloccare i
pagamenti incagliati ma soprattutto di recuperare queste «dritte» in largo
anticipo sulle scelte ufficiali. Vantaggio prezioso per la Maugeri («in crisi
nel 2002»), come gli arrestati spiegano nei verbali d'aprile depositati in
agosto al Tribunale del Riesame. In aggiunta al pagamento regionale con i Drg
delle prestazioni erogate ai pazienti, infatti, «c'era una parte variabile che
non era dovuta, che andava comunque conquistata», le funzioni non tariffabili,
caratterizzate per legge da ampia discrezionalità della Regione nelle delibere.
«Queste regole - spiega Passerino - vogliono dire che, sulla base dell'attività
sanitaria svolta e dei bisogni e del fondo, la Regione fa delle scelte». Solo
che «le regole che la Regione scrive per l'esercizio dell'attività sanitaria
dell'anno successivo non sono mai state sempre uguali, anno per anno cambiano,
tant'è che io non sono mai in grado di fare i contratti per il 2012 nel 2011,
perché dovrei nel 2011 sapere il contratto del 2012, invece il contratto 2012
lo firmo normalmente nell'aprile del 2012». Quindi «quando faccio il budget non
ho neanche le regole dell'anno dopo. Di qui la difficoltà...», e di qui il
vantaggio enorme della «consulenza» di Daccò in Regione: «Diventa
un'assicurazione nel poter prendere provvedimenti se li devo prendere: se devo
tagliare personale e taglio ad aprile, taglio tardi, eh?».
FORMIGONI
-
La Regione di Formigoni (indagato per corruzione aggravata e finanziamento
illecito) giovedì in una nota definisce «scenari privi di fondamento» questi
evocati da Mozzali, per il quale, «se fosse cambiata la giunta, la Maugeri
avrebbe potuto perdere tutti i benefici riconosciuti». Quanti? «Ogni anno -
stima Passerino - facevo il bilancio di cosa avrei avuto o non avrei avuto
senza o con l'intervento di Daccò, confrontavo le nostre attese e quello che
riuscivamo a portare a casa (...). La parte variabile più o meno andava
all'inizio dai 20 ai 25 milioni l'anno, e poi è arrivata fino a 30-35».
Tutti, però, giurano di non sapere come
Daccò aprisse le famose porte in Regione: «Io ho sempre dato a lui - si ferma
Passerino -, cosa facesse del denaro non so. Qualcosa avrà fatto Daccò, ma
stava molto attento nel parlare».
«DATTI
DA FARE» - Tanto che Mozzali dice d'aver saputo da Passerino
che Daccò, poco prima d'essere arrestato per il crac del San Raffaele a fine
2011, avrebbe «detto di stare tranquillo, in quanto lui aveva sistemato i suoi
conti in modo tale che non risultassero uscite verso politici o funzionari
pubblici e che il denaro rimaneva nella sua disponibilità». Mozzali ricorda
solo che Passerino mal tollerava l'insipienza tecnico-sanitaria di Daccò, tanto
da rivolgerglisi spesso in maniera «disinvolta», invitandolo a «darsi da fare
col suo presidente e darsi una mossa a fare quello» che gli veniva chiesto.
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