da: la Repubblica
Batman
e la banda degli onesti
di Francesco
Merlo
È vero che sono sapide e gustose le cronache dello scandalo laziale, ma non fatevi ingannare: questa non è una burinata in romanesco. È infatti l’atto finale, nella capitale d’Italia, della dissoluzione della politica come professione, un epilogo drammaticamente serio che non è fatto solo di peculato e di maiali con il loro ricambio giornaliero di melma fresca. Ci sono anche i soci, i complici, i pali della banda.
E cominciamo con i 14 consiglieri del
Partito democratico, che certamente non appartengono alla commedia né alla
farsa ciociara, non sono indagati, non si trimalcionizzano e non si travestono
da grecoromani. Anzi, al contrario dei fastosi e spudorati banditi del Pdl, non
si espongono e neppure si compromettono con il codice penale. Hanno infatti il
pudore di nascondersi, che in latino – lo dico per restare in tema di romanità
classica – si dice latére, il cui frequentativo è latitare. Dunque i 14
democratici, come i 5 dell’Italia dei valori, i 2 di Rifondazione comunista, i
2 di Sel, i 6 dell’Udc, i 2 della Destra di Storace e i 13 che fanno capo alla
Polverini, “latitano”, e di nuovo lo dico in senso latino. Sono infatti
solidali, di una solidarietà “economico parametrale” direbbe un sobrio tecnico.
Per noi, che invece sobri non siamo, somigliano ai compari di fiera, quelli che
sempre stanno al gioco perché nel gioco hanno un interesse. Come diceva Marx,
che ogni tanto torna ancora buono, l’essere sociale non è determinato dalla coscienza,
ma dal dato materiale. E dunque non è importante quello che pensi, lo stare
all’opposizione, il richiamarsi a Gramsci, a San Francesco, a Gandhi, a Di
Pietro, a Vendola, a Bersani, alla retorica della legalità, al Santo padre,
alla classe operaia o alla dialettica hegeliana; conta solo quello che fai. Ed
ecco il punto: non fare è peggio che fare.
Di sicuro, oltre al già lauto stipendio e
alle diarie, per ciascun consigliere, anche dell’opposizione, ci sono centomila
euro netti l’anno gestiti dal proprio capogruppo. Quello del Pd si chiama
Esterino Montino e non risulta che faccia il mazziere come il suo collega del
Pdl, il famose er Batman, Francone Fiorito. Ma certo Montino governa i soldi,
li distribuisce secondo i bisogni della politica, li divide in mazzette.
Insomma non è un mazziere ma un mazzettiere. E quanto guadagna Montino? Anche
questo è controverso. Lo stipendio sarebbe di circa 14mila euro netti al mese.
Secondo er Batman salirebbe, per tutti i capigruppo, verso i trentamila con
diarie e indennità a pioggia che invece Montino e gli altri negano.
E forse sarebbe bene accertarlo ed
accertare pure come sono stati spesi, voce per voce, dettaglio per dettaglio.
Di sicuro si tratta di cifre comunque
scandalose che giustificano il silenzio di tutti questi anni, le teste nella
sabbia, il tartufismo.
Anche il capogruppo dell’Itala dei valori,
che si chiama Vincenzo Maruccio e che ora propone di azzerare e tagliare, e
annunzia drastiche autoriduzioni, è stato sempre presente nel luogo del delitto
ma non si è mai accorto di nulla. E tuttavia ha sempre portato a casa i troppi
soldi che gli spettavano. E dov’era quando i consiglieri si sono aumentati lo
stipendio? E’ accaduto tre volte. E per tre volte il gallo ha cantato. La
verità è che la regione Lazio somiglia alla spelonca dei bucanieri della
politica. A Roma la casta è diventata tresca. Il capogruppo dell’Udc si chiama
Francesco Carducci, quello di Rifondazione comunista Ivano Peduzzi, quello di
Sel Luigi Nieri, quello dei seguaci della Polverini Mario Brozzi. E ci sono
persino 8 monogruppi: Mario Mei dell’Api, Francesco Pasquali di Fli, Antonio
Paris del gruppo misto, Giuseppe Celli della Lista civica, Rocco Pascucci dello
Mpa, Luciano Romanzi del Psi, Olimpia Tarzia dei Responsabili e Angelo Bonelli
dei Verdi. Ebbene, pensate al consigliere che da solo è un gruppo misto.
Pensate alle assemblee di gruppo, all’appello dei presenti. Pensate al verde
Angelo Bonelli che prima di prendere qualsiasi decisione di spesa convoca,
riunisce e alla fine distribuisce i centomila, dando tutto a se stesso che è il
solo modo legale di dare a ciascuno quello che gli spetta. Come si spiega?
Così: è vero che un gruppo formato da una sola persona è logicamente un
ossimoro, ma economicamente è un bottino. Del resto c’è un solo organo che
verifica le spese dei singoli gruppi ed è il Comitato di controllo contabile,
presieduto da un consigliere del partito democratico, Carlo Ponzo, con il nome
che tira la facile ma irresistibile battuta – me ne scuso – sul procuratore della
Giudea. Dunque questo Pilato forse non si è accorto delle ruberie del Pdl
perché in quelle ruberie era legittimato il suo compenso e quello di tutti gli
altri. Se avesse messo in discussione il bilancio di un singolo gruppo avrebbe
segato il ramo su cui stava seduto.
Ecco cosa ci insegna lo scandalo del Lazio: non basta essere onesti per essere onesti, e non è un calembour. Anche l’onestà, come si vede, può diventare complicità, l’onestà pirandelliana, l’onestà dostoevskiana, l’onestà dei funzionari che onestamente supportano e fanno funzionare il reato. Sono i colletti bianchi di Crapulopoli.
Ecco cosa ci insegna lo scandalo del Lazio: non basta essere onesti per essere onesti, e non è un calembour. Anche l’onestà, come si vede, può diventare complicità, l’onestà pirandelliana, l’onestà dostoevskiana, l’onestà dei funzionari che onestamente supportano e fanno funzionare il reato. Sono i colletti bianchi di Crapulopoli.
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