lunedì 24 settembre 2012

Regione Lazio, Francesco Merlo: “Batman e la banda degli onesti”



da: la Repubblica 

Batman e la banda degli onesti
di Francesco Merlo

È vero che sono sapide e gustose le cronache dello scandalo laziale, ma non fatevi ingannare: questa non è una burinata in romanesco. È infatti l’atto finale, nella capitale d’Italia, della dissoluzione della politica come professione, un epilogo drammaticamente serio che non è fatto solo di peculato e di maiali con il loro ricambio giornaliero di melma fresca. Ci sono anche i soci, i complici, i pali della banda.
E cominciamo con i 14 consiglieri del Partito democratico, che certamente non appartengono alla commedia né alla farsa ciociara, non sono indagati, non si trimalcionizzano e non si travestono da grecoromani. Anzi, al contrario dei fastosi e spudorati banditi del Pdl, non si espongono e neppure si compromettono con il codice penale. Hanno infatti il pudore di nascondersi, che in latino – lo dico per restare in tema di romanità classica – si dice latére, il cui frequentativo è latitare. Dunque i 14 democratici, come i 5 dell’Italia dei valori, i 2 di Rifondazione comunista, i 2 di Sel, i 6 dell’Udc, i 2 della Destra di Storace e i 13 che fanno capo alla Polverini, “latitano”, e di nuovo lo dico in senso latino. Sono infatti solidali, di una solidarietà “economico parametrale” direbbe un sobrio tecnico. Per noi, che invece sobri non siamo, somigliano ai compari di fiera, quelli che sempre stanno al gioco perché nel gioco hanno un interesse. Come diceva Marx, che ogni tanto torna ancora buono, l’essere sociale non è determinato dalla coscienza, ma dal dato materiale. E dunque non è importante quello che pensi, lo stare all’opposizione, il richiamarsi a Gramsci, a San Francesco, a Gandhi, a Di Pietro, a Vendola, a Bersani, alla retorica della legalità, al Santo padre, alla classe operaia o alla dialettica hegeliana; conta solo quello che fai. Ed ecco il punto: non fare è peggio che fare.

Di sicuro, oltre al già lauto stipendio e alle diarie, per ciascun consigliere, anche dell’opposizione, ci sono centomila euro netti l’anno gestiti dal proprio capogruppo. Quello del Pd si chiama Esterino Montino e non risulta che faccia il mazziere come il suo collega del Pdl, il famose er Batman, Francone Fiorito. Ma certo Montino governa i soldi, li distribuisce secondo i bisogni della politica, li divide in mazzette. Insomma non è un mazziere ma un mazzettiere. E quanto guadagna Montino? Anche questo è controverso. Lo stipendio sarebbe di circa 14mila euro netti al mese. Secondo er Batman salirebbe, per tutti i capigruppo, verso i trentamila con diarie e indennità a pioggia che invece Montino e gli altri negano.
E forse sarebbe bene accertarlo ed accertare pure come sono stati spesi, voce per voce, dettaglio per dettaglio.
Di sicuro si tratta di cifre comunque scandalose che giustificano il silenzio di tutti questi anni, le teste nella sabbia, il tartufismo.
Anche il capogruppo dell’Itala dei valori, che si chiama Vincenzo Maruccio e che ora propone di azzerare e tagliare, e annunzia drastiche autoriduzioni, è stato sempre presente nel luogo del delitto ma non si è mai accorto di nulla. E tuttavia ha sempre portato a casa i troppi soldi che gli spettavano. E dov’era quando i consiglieri si sono aumentati lo stipendio? E’ accaduto tre volte. E per tre volte il gallo ha cantato. La verità è che la regione Lazio somiglia alla spelonca dei bucanieri della politica. A Roma la casta è diventata tresca. Il capogruppo dell’Udc si chiama Francesco Carducci, quello di Rifondazione comunista Ivano Peduzzi, quello di Sel Luigi Nieri, quello dei seguaci della Polverini Mario Brozzi. E ci sono persino 8 monogruppi: Mario Mei dell’Api, Francesco Pasquali di Fli, Antonio Paris del gruppo misto, Giuseppe Celli della Lista civica, Rocco Pascucci dello Mpa, Luciano Romanzi del Psi, Olimpia Tarzia dei Responsabili e Angelo Bonelli dei Verdi. Ebbene, pensate al consigliere che da solo è un gruppo misto. Pensate alle assemblee di gruppo, all’appello dei presenti. Pensate al verde Angelo Bonelli che prima di prendere qualsiasi decisione di spesa convoca, riunisce e alla fine distribuisce i centomila, dando tutto a se stesso che è il solo modo legale di dare a ciascuno quello che gli spetta. Come si spiega? Così: è vero che un gruppo formato da una sola persona è logicamente un ossimoro, ma economicamente è un bottino. Del resto c’è un solo organo che verifica le spese dei singoli gruppi ed è il Comitato di controllo contabile, presieduto da un consigliere del partito democratico, Carlo Ponzo, con il nome che tira la facile ma irresistibile battuta – me ne scuso – sul procuratore della Giudea. Dunque questo Pilato forse non si è accorto delle ruberie del Pdl perché in quelle ruberie era legittimato il suo compenso e quello di tutti gli altri. Se avesse messo in discussione il bilancio di un singolo gruppo avrebbe segato il ramo su cui stava seduto.
Ecco cosa ci insegna lo scandalo del Lazio: non basta essere onesti per essere onesti, e non è un calembour. Anche l’onestà, come si vede, può diventare complicità, l’onestà pirandelliana, l’onestà dostoevskiana, l’onestà dei funzionari che onestamente supportano e fanno funzionare il reato. Sono i colletti bianchi di Crapulopoli.

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