tratto da: Il Salvagente
I
furbetti della crisi: se anche la tv fugge all’estero
Narra le gesta di cavalieri solitari,
butteri e briganti e donne coraggiose. E, soprattutto della Maremma, tra
Bolgheri e Pisa. Sono i protagonisti di Terra
Ribelle, la fiction targata Rai.
Siamo sul finire del 1800, come si vede da un paesaggio ancora non contaminato
dal cemento: verdi boschi, morbide colline, cavalli allo stato brado, borghi
antichi. Ma la fiction è finzione, come dice il nome, e le scene che ritraggono
la Toscana in realtà sono girate in Argentina.
Anche questa è delocalizzazione: certo non comporta chiusura di fabbriche e cassa
integrazione, perché i lavoratori dello spettacolo in genere sono autonomi
e gli ammortizzatori sociali non sanno cosa sono. Eppure anche per loro spostare le riprese fuori dall’Italia
significa lavorare meno. Quanto?
Complessivamente, secondo i calcoli del Clic (Coordinamento lavoratori
industrie cineaudiovisivo), la serie avrebbe prodotto una perdita di 2,16 milioni di euro di
reddito ai lavoratori e di 2,10 milioni
all’industria. A questo bisogna aggiungere le perdite per lo Stato per il mancato pagamento di tasse (Iva, Irpef,
occupazione di suolo pubblico) e contributi previdenziali. Gli attori e i
tecnici, sono in gran parte “locali” e locali le aziende che forniscono
strumentazione, materiale tecnico, comparse.
Se fosse
stata girata in Maremma e non nella Pampa, “Terra Ribelle” avrebbe fatto
entrare nelle casse dello Stato circa 2 milioni di euro. Prendiamo queste cifre
e moltiplichiamole per decine di
produzioni Rai delocalizzate in giro per il mondo.
Tutte marcate made in Italy, ambientate qui
e finanziate col canone pubblico: la Serbia
ha fatto da sfondo alle avventure de “Il Commissario Nardone”, “Lo scandalo
della banca romana” e “Paura d’amare”, in Bulgaria
hanno girato “Un caso di coscienza 4”, in Argentina “Scusate il disturbo”, “Un pugno e un bacio”, “Tutti i
padri di Maria”.
Corrado Volpicelli, della Slc Cgil,
spiega: “Complessivamente nei prodotti realizzati dal 2008 al 2011 sono state perse
47.100 giornate lavorative con una perdita
di 47 milioni di euro: 10 milioni di reddito sottratto ai lavoratori, 25 in
proventi persi per il noleggio dell’attrezzatura e 12 mancati introiti per lo
stato in termini di oneri e tasse”. Cifre notevoli, a cui aggiungere l’indotto:
catering, trasporti, alberghi, ristoranti, sicurezza…
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