Riporto un articolo interessante che
esprime in modo schematico e chiaro gli effetti del bonus.
Da parte mia mi limito a dire a Renzi
quanto segue: ciapa minga per el cuu, detto
in napoletano: ccà nisciuno è fesso. Il bonus di 80 euro è la mancetta
elettorale per dieci milioni di italiani che sarà pagata da chi non ne beneficerà
con aumento di tasse: Tasi e tassazione dei conti correnti e depositi (eccetto
titoli di stato). Perché nell’era del renzismo, se riesci comunque a mettere
due soldi da parte diventi preda della fame di Renzi di vincere le elezioni
europee. Manco politiche. Sì, perché se qualcuno l’avesse scordato, Renzi,
quello che diceva di voler battere Berlusconi nelle urne, quello che non
sarebbe diventato premier se non dopo vittoria elettorale, è presidente del
consiglio senza che gli italiani gli abbiano conferito mandato. Dieci milioni di
italiani potranno perdonarlo.
Il Bonus di 80 Euro:
garantisce giustizia sociale e rilancio dei consumi?
di
Salvatore Morelli
La norma è sicuramente coraggiosa ma il suo
effetto sui consumi aggregati potrebbe essere molto modesto e alcuni nodi di
iniquità sociale dovranno essere sciolti.
Il governo Renzi ha approvato il Decreto
Legge Dl n.66 che aumenta di 80 Euro al mese la busta paga dei lavoratori
dipendenti. Tutto ciò per tutto il 2014 e a partire dal primo di Maggio
(ironicamente o volutamente la festa internazionale dei lavoratori!)
Il DL n.66 parla esplicitamente di « Misure
urgenti per la competitività e la giustizia sociale ». Il decreto prevede anche
altri interventi importanti come la riduzione
dell’IRAP sulle imprese ed una serie di tagli alla spesa pubblica e
politiche di potenziale recupero dell’evasione fiscale. In questo spazio
limitato, tuttavia, ci concentreremo sul dibattuto « bonus » fiscale di 80 euro
analizzando le sue caratteristiche principali, i suoi limiti fondamentali ed il
suo potenziale impatto sull’economia.
Di
che cosa stiamo parlando?
In pratica, il decreto prevede che il
datore di lavoro (che agisce da « sostituto d’imposta ») riduca le trattenute
fiscali per il lavoratore dipendente in modo da aumentare lo stipendio di 80 €
al mese (parliamo qui sotto di chi percepirà questo « bonus »). Se le
trattenute IRPEF non sono sufficienti
per ottenere l’ammontare di 80€ allora il datore di lavoro potrà ridurre le i
trattenute contributive ai fini pensionistici (clicca QUI per approfondire). Si
tratta sostanzialmente di una riduzione della tassazione sul lavoro
(notoriamente molto elevata in Italia come si vede dal grafico qui sotto) o del
cosiddetto ‘cuneo fiscalè: la differenza fra il costo totale del lavoro e ciò
che entra nelle tasche del lavoratore.
Ciò costerebbe circa 6,9 Miliardi di Euro
allo Stato solo nel 2014. Il costo totale aumenterebbe a circa 10 Miliardi di
Euro se lo stesso bonus fosse riconfermato per l’anno 2015 dato che
bisognerebbe garantire un identico bonus per tutto l’anno e non più per soli 8
mesi (da Maggio a Dicembre).
Il “bonus” di 80€ mensile (640€ per 8 mesi,
da Maggio 2014) verrà dato a 10 milioni di lavoratori dipendenti e assimilati
(ad esempio i co.co.pro.) che hanno uno stipendio annuale lordo che va dagli
8.145€ ai 24.000€.
Per chi guadagna dai 24.000 ai 26.000€, il bonus verrà calcolato nel modo seguente: 80€ X (26.000-reddito)/2000. Ad esempio un lavoratore con 25.000€ avrà un bonus mensile di 40€.
Chi guadagna meno di 8.145€ (i cosiddetti incapienti) o più di 26.000€ non avrà nulla e la stessa sorte tocca a chi non è un lavoratore dipendente (pensionati, autonomi, disoccupati etc.).
Quante e quali famiglie ne beneficiano?
L’eligibilità del bonus è definita sul
reddito individuale. In una famiglia quindi possono beneficiarne zero, uno o
più persone a seconda di quanti membri della famiglia siano lavoratori
dipendenti. Quindi quante famiglie benificiano del bonus?
Seguendo gli interessanti calcoli di M.Baldini, E. Giarda e A. Olivieri, basati su dati It-Silc dell’Istat, circa il 40% delle famiglie italiane beneficerebbe del bonus che varrebbe in media 655€ all’anno.
Nello
specifico :
-Il 55% di tutti i benefici fiscali si
concentrerebbero sulla cosiddetta « classe media » (le famiglie
con un reddito famigliare equivalente, cioè che tiene conto della numerosità e
della composizione di ogni famiglia, che va dai 27.000 e 41.000€ in media).
Tuttavia, nonostante queste famiglie abbiano la più alta probabilità di
prendere il bonus, saranno solo circa la metà delle famiglie italiane di classe
media a ricevere il bonus fiscale.
- Le famiglie più povere non sono del tutto escluse: tuttavia solo una su tre del 10% delle famiglie italiane più povere percepirà un bonus.
- Le famiglie di classe media saranno anche
quelle a ricevere il bonus più alto di tutti in media: circa 720€ a fronte
delle famiglie più povere che avranno un bonus di 380€ in media. La motivazione
principale risiede nel fatto che le famiglie italiane più povere sono più
spesso famiglie a mono reddito (solo un lavoratore dipendente) e non sempre chi
lavora lavora per tutto l’anno (riducendo il bonus fiscale che si calcola sul
totale dei mesi lavorati in un anno).
Quali
sono gli obiettivi e gli effetti di questo provvedimento?
Come menzionato nell’introduzione, nel
decreto legge ufficale si legge testualmente che si tratta di « Misure
urgenti per la competitività e la giustizia sociale ». Tralasciando in
questa sede il discorso, seppur di fondamentale importanza, delle coperture
finanziarie (come il governo intende finanziare questo bonus), è lecito
chiedersi se questi obiettivi verranno raggiunti.
La giustizia sociale viene garantita ?
Ci sono diversi aspetti da considerare nel
valutare un concetto cosi’ complesso come quello della giustizia e dell’equità
sociale. Perseguire l’equita’ in una dimensione specifica genera iniquita’
inattese in altre importanti dimensioni.
In primo luogo, come abbiamo accennato in precedenza, sebbene il “bonus” copra ben 10 milioni di lavoratori, solo i lavoratori dipendenti sono inclusi, escludendo ad esempio autonomi e pensionati anche a parità di reddito. Da un lato si tratta di una scelta iniqua, dall’altro di una scelta legittima del governo a fronte dell’obiettivo principale che è quello di ridurre il cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti e parasubordinati (e non i pensionati) al fine di ridurre i costi di assunzione (si tratta di un ragionamento valido almeno teoricamente nel medio periodo visto che una riduzione effettiva dell’IRPEF andrebbe nell'immediato al lavoratore ed il beneficio si paleserebbe anche per il datore di lavoro solo dopo un periodo di “aggiustamento”). Inoltre, diversi osservatori hanno sottolineato che i redditi dei lavoratori autonomi non sono sempre identificabili con precisione e che l’incidenza dell’evasione fiscale è maggiore in questa fascia di tipologia di lavoro. Dunque partire dai lavoratori dipendenti potrebbe comunque rispondere a criteri ben precisi di equità fiscale.
Secondo, come detto in precedenza, in termini relativi una buona parte delle famiglie più povere sono totalmente escluse da questo provvedimento, cosi’ come da altri provvedimenti di altri precedenti governi. Inoltre, il bonus è più generoso con la classe media e poco con le famiglie povere. A favore del governo, tuttavia, si dovrebbe notare che il beneficio medio in proporzione al reddito di chi lo riceve è progressivo (come mostra il grafico in basso il beneficio è più basso per le famiglie più ricche).
In primo luogo, come abbiamo accennato in precedenza, sebbene il “bonus” copra ben 10 milioni di lavoratori, solo i lavoratori dipendenti sono inclusi, escludendo ad esempio autonomi e pensionati anche a parità di reddito. Da un lato si tratta di una scelta iniqua, dall’altro di una scelta legittima del governo a fronte dell’obiettivo principale che è quello di ridurre il cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti e parasubordinati (e non i pensionati) al fine di ridurre i costi di assunzione (si tratta di un ragionamento valido almeno teoricamente nel medio periodo visto che una riduzione effettiva dell’IRPEF andrebbe nell'immediato al lavoratore ed il beneficio si paleserebbe anche per il datore di lavoro solo dopo un periodo di “aggiustamento”). Inoltre, diversi osservatori hanno sottolineato che i redditi dei lavoratori autonomi non sono sempre identificabili con precisione e che l’incidenza dell’evasione fiscale è maggiore in questa fascia di tipologia di lavoro. Dunque partire dai lavoratori dipendenti potrebbe comunque rispondere a criteri ben precisi di equità fiscale.
Secondo, come detto in precedenza, in termini relativi una buona parte delle famiglie più povere sono totalmente escluse da questo provvedimento, cosi’ come da altri provvedimenti di altri precedenti governi. Inoltre, il bonus è più generoso con la classe media e poco con le famiglie povere. A favore del governo, tuttavia, si dovrebbe notare che il beneficio medio in proporzione al reddito di chi lo riceve è progressivo (come mostra il grafico in basso il beneficio è più basso per le famiglie più ricche).
Inoltre, il governo si è impegnato a
risolvere questo nodo lasciando intendere di non essere interamente soddisfatto
dell’equità di questa manovra. Aspettiamo, dunque la Legge di Stabilità
2015 di Ottobre per un giudizio definitivo.
Terzo, Il bonus è applicato a tutti senza considerare altre importanti dimensioni, come la numerosità della famiglia. Ad esempio, un single ed un genitore con due figli a carico con lo stesso reddito avranno lo stesso bonus. Dare un bonus uguale per tutti, dunque, segue un criterio specifico di equità ma genera altri tipi di sperequazioni.
Quarto, lavoratori in condizioni molto simili verranno trattati in modo differente. Ad esempio chi è giusto sotto la soglia minima (8145€) non prenderà nulla. Chi è marginalmente sopra (8150€) avrà diritto a 80 € al mese in più.
Quinto, la struttura del bonus farà aumentare l’aliquota marginale fino ad oltre il 60% per la fascia di reddito che va dai 24.000 ai 26.000€. In altre parole, un euro di straordinario in più guadagnato nella fascia fra i 24.000 e i 26.00€ verrà tassato con un’aliquota di oltre il 60% (Clicca QUI per approfondire). Questo creea inutili distorsioni ed iniquità.
Infine, chi perderà il lavoro durante il 2014 potrebbe essere costretto a rimborsare parte del bonus ricevuto nei mesi di occupazione. Infatti il bonus mensile è calcolato su base annuale, in base ai mesi effettivi di lavoro. Un lavoratore dipendente con uno stipendio lordo annuale di 15.000 che, per fare un esempio, avrà la sfortuna di perdere il lavoro ad Agosto del 2014, riceverà 80 euro da Maggio ad Agosto ma, a conti fatti, avrà diritto solo ad un parte di questo bonus pari a 53,33 € (relativo agli otto mesi di lavoro in un anno). Quindi si presume che questo lavoratore o riceverà un bonus minore in busta paga oppure dovrà restituire la differenza all’erario dopo essere stato licenziato!
Similmente, chi ha ottenuto il lavoro dopo Gennaio 2014 avrà diritto a meno di 80€. Ad esempio, un dipendente che prende servizio ad inizio Maggio avrà diritto a soli 60€ (il bonus dovrà essere proporzionato ai soli 9 mesi di lavoro in un anno).
E il provvedimento darà un impulso all’economia ed ai consumi ?
Anche se valutare seriamente l’impatto di
questo bonus fiscale sui consumi e sull’economia in aggregato è un esercizio
molto complesso proviamo a fare due calcoli approssimativi.
Innanzitutto bisognerebbe avere una stima della cosiddetta propensione al consumo, ovvero quanta quota parte del reddito aggiuntivo dei beneficiari del bonus verrà effettivamente consumata.
Una ricerca accademica recente (Jappelli e Pistaferri, 2013 - consulta qui I risultati) ha stimato che in media gli italiani consumerebbero circa il 50% di ogni euro aggiuntivo di “reddito”. Ovviamente la propensione al consumo varia con il reddito ma considerare un valore omogeneo non e’ del tutto erroneo nel nostro caso dato che la maggior parte dei benefici si concentra sulla classe media.
È bene notare, tuttavia, che la propensione al consumo potrebbe anche essere inferiore se il bonus non è percepito come permanente (in quel caso le famiglie preferirebbero risparmiare buona parte dell’aumento di reddito) e se le famiglie sono particolarmente indebitate (i soldi aggiuntivi servirebbero a ripagare i debiti pregressi).
Ad esempio, un sondaggio di IPR marketing ha stimato che solo il 47% delle persone crede che il bonus sarà per sempre. Inoltre, di quei soldi solo il 33% potrebbero essere consumati (il 56% andrebbe invece risparmiato o impiegato per ridurre i debiti).
Prendendo una forbice del 30-40% come una misura approssimativa (ma forse anche eccessiva) della propensione al consumo otteniamo che dai 2 ai 3 dei 6.9 miliardi di Euro potrebbero essere spesi. La manovra è tuttavia finanziata (tra le altre cose) con tagli di spese e servizi per 2,1 miliardi. L’effetto sul reddito aggregato nel 2014 potrebbe dunque essere molto piccolo o addirittura nullo (ignorando l’effetto complessivo degli altri interventi minori).
Anche le stime ufficiali del Documento di Economia e Finanza 2014 prevedono un impatto positivo del bonus di circa lo 0.1 % di PIL nel 2014 (cioè circa 1,6 miliardi) ed uno negativo della spending review pari allo stesso ammontare.
Guardando al futuro, il miglioramento del reddito di una buona parte delle famiglie italiane migliorerà di certo la loro capacità di pianificazione e la loro condizione finanziaria (grazie al ripianamento dei debiti e all’aumento del risparmio). Per far sì che la manovra abbia effetti più sostanziali sull’economia è importante che il governo allarghi, come promesso, le misure ad altre fasce della popolazione (soprattutto le più povere) e che la “riduzione d’imposta” venga confermata nei prossimi anni e riesca ad essere finanziata attraverso una riduzione di spesa strutturale (cioè senza aumentare ulteriormente la pressione fiscale).
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