da: la Repubblica
Mediaset
e la pay tv: lascia o raddoppia un mese per decidere su Spagna e Serie A
Premium
continua a perdere soldi e i soli diritti sulla Champions dal 2015 non possono
bastare. E ora la conquista di Digital Plus da parte di Telefonica pone un
dilemma al Biscione e ai suoi aspiranti soci, i francesi di Canal Plus e gli
arabi di Al Jazeera
di Ettore
Livini
Pier Silvio Berlusconi insieme a Fedele
Confalonieri L a bufera (forse) è alle spalle. E Mediaset – forte dei timidi
cenni di ripresa della pubblicità – inizia a sfogliare la margherita delle
alleanze. Una partita decisiva per non perdere il treno del futuro della tv in
Europa. Il cantiere è aperto da qualche mese ma nell’ultima settimana ha preso
un’improvvisa accelerazione. Telefonica ha rilevato da Prisa il 56% di Digital
+, la televisione a pagamento spagnola in cui il Biscione ha una quota del 22%.
Obbligando la società di casa Berlusconi a decidere che fare della sua
partecipazione. E da venerdì scorso a Cologno è stata aperta la data room per
la scelta di un partner con cui condividere lo sviluppo (finora ad ostacoli)
delle pay-tv di Arcore.
LE
TRATTATIVE
Segue dalla prima un asset che fa gola,
malgrado il profondo rosso dei canali Premium per cui si sarebbero messi in
fila i francesi di Canal Plus e Al Jazeera, il network del Qatar. La sfida è
apertissima. In un complesso risiko a incastri dove il ruolo di convitati di
pietra continueranno a recitarlo sia il colosso spagnolo delle
telecomunicazioni che la News Corp di Rupert Murdoch. I dilemmi del Biscione La
certezza, allo stato, è solo una: ben difficilmente Mediaset potrà continuare a
sfidare la concorrenza, specie nella paytv, contando solo sulle sue forze. I
canali a pagamento di Cologno – malgrado 1,5 miliardi di investimenti –
viaggiano in rosso dalla nascita (nel 2011, ultimo anno di cui sono stati
pubblicati i dati, hanno perso 68 milioni) per la concorrenza di Sky, che pure
non naviga in Italia in acque calmissime. La “materia prima” per riempire i
palinsesti, i diritti sportivi, non è certo gratuita: il Biscione ha appena
strappato con una maxi-offerta da 690 milioni – il 44% in più dell’asta
precedente – i diritti per la Champions League 2015-2018 alle reti satellitari
del tycoon australiano e deve prepararsi ad affrontare a giugno la partita,
ancora più costosa, per quelli della Serie A. Troppi soldi anche per un’azienda
ricca come quella di Cologno che non a caso ha annunciato da tempo la sua
volontà di riunire le attività in Spagna e in Italia sotto un unico tetto per
poi aprirne il capitale a un partner. Il momento per cercare alleati è
propizio. Il mercato delle pay-tv in Europa è in piena metamorfosi. E i big delle
tlc, da British Telecom a Telefonica alla stessa Vivendi, hanno messo sul
piatto la loro potenza di fuoco per incrociare in un’unica offerta proposte
digitali, telefonia e media. Premium e la quota di Mediaset in Digital+ sono
dunque merce appetibile malgrado le difficoltà finanziarie del business
tricolore e non a caso i potenziali acquirenti hanno già iniziato a scoprire le
carte. Quanto valgono? La tv a pagamento in Italia è stata stimata tra 300 e
700 milioni. Il 22% dei canali di Madrid, alla valutazione data da Telefonica
(43 volte l’utile operativo, moltissimo) ne vale al netto del premio di
maggioranza altri 300. La rosa dei partner Mediaset, in questa partita, è
davanti a un bivio. Il primo è la decisione su che fare della quota in Digital
+. Il Biscione, in teoria, ha le mani libere. I patti di sindacato gli
consentono di cederla a Telefonica, di tenerla in portafoglio o di salire
addirittura alla maggioranza. «Ci piacerebbe avere una collaborazione con
Telefonica – ha detto sibillino Pier Silvio Berlusconi nei giorni scorsi –
perché la collaborazione è la strada giusta». La ampiezza di questo tipo di
collaborazione non è questione di poco conto. Se le avances del figlio dell'ex
cavaliere sono funzionali solo a mantenere la partnership spagnola – il
Biscione e l’azienda di Alierta hanno già acquistato assieme i diritti per il
Mondiale MotoGp nel paese – è un conto.
Diversa è la questione se si provasse ad
allargare questo asse su uno scacchiere più ampio. Telefonica è azionista di
Telecom Italia. Cologno ha da sempre guardato con interesse a collaborazioni
con l’ex monopolio delle tlc. E un matrimonio d’interessi di questo tipo
potrebbe cambiare radicalmente lo scenario delle tv e delle telecomunicazioni
tricolori.
L’ipotesi più probabile però è che Mediaset
resti in Digital+ con una quota di minoranza per non perdere il valore aggiunto
di una presenza nella tv a pagamento iberica, asset fondamentale per convincere
un socio estero a scommettere sulle sue attività nel settore. E a quel punto Al
Jazeera o Canal+ porterebbero in dote i capitali per alleggerire gli oneri del
Biscione e la forza d’urto finanziaria per non giocare la partita del
consolidamento in difesa. Resta l’incognita di Murdoch. Due piattaforme tv a
pagamento in Italia, è il parere di molti analisti, rischiano di azzopparsi a
vicenda. E non a caso in passato i due supertycoon del piccolo schermo, Silvio
e Rupert, si sono “annusati” a vicenda per dimenticare i rancori e valutare se
unire le loro forze. Oggi questa ipotesi sembra tramontata, ma di fronte
all’accelerazione di queste ore non è escluso che anche questo dossier possa
essere riaperto. In caso contrario, il redde rationem tra i due rivali si
giocherà tra poche settimane nella partita dei diritti della Serie A. La sfida
della Serie A La guerra sul Campionato sarà in effetti una sorta di sfida
all’Ok Corral. Il blitz del Biscione sulla Champions ha spiazzato Sky. Che
rischia ora di essere colta in contropiede se perderà pure la massima serie. A
Cologno la tentazione di fare Bingo è altissima. L’unico problema, come sempre
in finanza, sono i soldi. Il prezzo di base dell’asta, in effetti, è più o meno
chiaro. Visto che la Infront, la società che gestisce l’operazione per conto
della Lega Calcio, ha promesso ai club 980 milioni l’anno. Una cifra
iperbolica, molto di più dei 268 milioni che Mediaset paga oggi per 324
partite. Nel quartier generale di casa Berlusconi però non si esclude niente.
Dopo i 287 milioni di perdita del 2012, l’annus horribilis delle tv di Arcore,
il business va un po’ meglio. «La ripresa è lontana», ha ammonito il solito
prudentissimo Fedele Confalonieri ammonendo che non si tornerà più ai fasti del
passato. Il crollo della pubblicità sembra però essersi fermato, almeno per le
tv, con un -1% di raccolta nel primo trimestre. E il drastico taglio ai costi
ha tenuto a galla i conti del gruppo che ha chiuso il 2013 con 8,9 milioni di
profitti. Il debito era a fine anno di 1,4 miliardi di euro. Ma il fortunato
collocamento in Borsa del 25% di Ei Tower , comprata a 27 euro per azione e
rivenduta a 42, ha portato in cassa mezzi freschi per 300 milioni, lasciando
margini per nuovi investimenti. L’asta per i diritti Champions, da questo punto
di vista, è stata un buon viatico: una volta vinta la gara, Mediaset non ha avuto
troppe difficoltà a trovare le banche (Bnp, Intesa-Sanpaolo e Unicredit) in
grado di garantire i 700 milioni necessari per l’operazione. Nessuno però ad
Arcore ha voglia di fare il passo più lungo della gamba. Il mercato dei media è
in rapida trasformazione. I colossi del web come Google e Facebook continuano a
erodere i margini delle tv attirando pubblicità e sfruttando le proprie
produzioni per fare traffico. E non a caso sono entrati di nuovo nel mirino di
Confalonieri, tra i grandi paladini in Italia della web-tax. Fininvest non ha i
mezzi per seguire o garantire nuovi aumenti di capitale. Le costosissime e
sfortunate avventure in Francia (con La Cinq) e in Germania (Kirch) hanno
lasciato cicatrici non ancora chiuse del tutto nei conti del gruppo. Resta
quindi quasi inevitabile la necessità di trovare un partner con cui condividere
oneri e onori di questa nuova fase di mercato. E le prossime settimane saranno
fondamentali per capire la strada che i Berlusconi, sperando in un’inversione
di tendenza più decisa del mercato pubblicitario, vorranno imboccare. Il gruppo
di Cologno Monzese ha in corso trattative con i francesi di Vivendi e con gli
arabi di Al Jazeera come possibili partner nella sua pay tv Premium.
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