da: Il Sole 24 Ore
Debolezze
degli avversari, programma senza ambiguità
Ecco
le cinque ragioni della vittoria di Marine
di Marco
Moussanet
Dopo settimane di sondaggi che assegnavano
una vittoria al Front National - o quantomeno un testa a testa con l'Ump, il
partito conservatore - nessuno si è stupito che il movimento nazional-populista
sia diventato il primo partito francese. Ha stupito invece, e scioccato, la
dimensione di un successo dovuto in parte all'eccellente lavoro fatto in questi
anni da Marine Le Pen e in parte a fattori esterni, a partire
dall'inconsistenza dei suoi avversari.
1. L'impatto della crisi economica
La Francia è arrivata quasi disarmata alla
crisi del 2008. Basti ricordare che all'inizio degli anni duemila, mentre la
Germania avviava delle difficili riforme strutturali, Parigi riduceva l'orario
di lavoro settimanale a 35 ore (a parità di retribuzione). La sua industria si
è quindi trovata a sopportare un costo del lavoro molto alto, a fronte di una
produzione di qualità media e medio-bassa. Con grandi rigidità sul mercato del
lavoro dovute a uno strapotere sindacale. La
conseguenza è una disoccupazione
record, con il 25% dei giovani senza lavoro, nonostante le decine di migliaia
di posti assistiti. A questo si è aggiunto l'inasprimento fiscale degli ultimi
quattro anni. Impoverimento della classe media e precarietà lavorativa hanno
alimentato il voto di protesta. Come peraltro dicono chiaramente i dati sui
flussi elettorali: hanno votato per il Fn il 30% dei giovani, il 43% degli
operai e il 37% dei disoccupati.
2. La
debolezza del presidente
François Hollande si è palesemente
dimostrato non all'altezza del ruolo, che in Francia assomiglia molto a quello
di un monarca assoluto. Dopo aver promesso la bocciatura del patto di
stabilità, lo ha di fatto accettato. Ha sottovalutato l'entità della crisi e
deciso nuove tasse per circa 30 miliardi. Salvo poi rendersi conto che il Paese
non era in grado di sopportarle e annunciare riduzioni fiscali pressoché
equivalenti. L'opinione pubblica non ha capito nulla e si è convinta, non a
torto, che manchi una strategia chiara. La guida del Governo è stata affidata a
un premier grigio, Jean-Marc Ayrault, e di scarsa presa sull'opinione pubblica.
Solo dopo il disastro delle comunali, due mesi fa, Hollande si è deciso a
cambiarlo. Lo stesso vale per il partito socialista. A questi problemi di fondo
si è aggiunto lo scandalo dell'ex ministro del Bilancio Cahuzac, che aveva un
conto in Svizzera ed è stato a lungo difeso. Il risultato è che Hollande è il
presidente più impopolare di sempre e i socialisti non sono mai scesi così in
basso.
3. Le
divisioni nel centro-destra
Dalla sconfitta alle presidenziali (e la
parziale uscita di scena di Nicolas Sarkozy), il partito fa più notizia per le
guerre intestine che per le sue iniziative politiche. Grazie alla crisi dei
socialisti e al cosiddetto "fronte repubblicano" anti-Fn, ha vinto le
elezioni municipali, dove prevalgono considerazioni locali. Ma alle europee ha
pagato l'assenza di una leadership forte e chiara. Anche in questo caso
aggravata dal profumo di scandalo che coinvolge il segretario Copé in una
squallida vicenda di fatture false e utilizzo illegale dei fondi del partito.
4.L'euroscetticismo dei francesi
I francesi sono tradizionalmente
eurocritici, per non dire euroscettici. Come dimostra la vittoria del
"no" alla costituzione europea nel referendum del 2005. O il recente
sondaggio di Le Monde dal quale risulta che la grande maggioranza della
popolazione si sente «solo francese» o comunque «più francese che europea». La
Le Pen ha quindi avuto gioco facile nello sparare a zero su Bruxelles. Tanto
più che da anni quasi tutti i politici francesi - di destra e di sinistra -
hanno trasmesso l'idea che quando una cosa funziona è merito loro e quando non
funziona è colpa dell'Europa. E le vere e proprie campagne contro l'euro forte,
contro i divieti agli aiuti di Stato, contro l'apertura dei mercati (cui viene
imputato l'andamento in profondo rosso della bilancia commerciale) hanno
contribuito a stendere un vero tappeto rosso alla signora del Front National.
5. La metamorfosi del Fronte nazionale
Arrivata poco più di tre anni fa alla guida
del partito fondato da suo padre nel 1972, ne ha completamente cambiato
l'immagine. E in parte la sostanza. Ha cacciato, o marginalizzato, estremisti e
nostalgici. Ha dato spazio a una nuova generazione di quadri, moderni e
convincenti. Ha fatto in modo che il partito si radicasse sul territorio, dando
grande attenzione ai temi locali (basti citare la difesa del commercio al
dettaglio contro la grande distribuzione). Ma soprattutto ha privilegiato i
temi sociali ed economici rispetto a quelli tradizionali dell'immigrazione e
della sicurezza (pur senza accantonarli). Una strategia vincente, visto che i
consensi al Fn salgono in parallelo con le percentuali di disoccupazione. In
questa campagna elettorale ha giocato abilmente le carte della sovranità, della
difesa degli interessi nazionali, del patriottismo economico e della protezione
in tutte le sue declinazioni: delle impr*ese, dei consumatori,
dell'agricoltura, delle frontiere, dell'identità, dei servizi pubblici. Un
messaggio spesso demagogico e poco credibile, ma è quello che la gente voleva
sentirsi dire.
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