mercoledì 14 maggio 2014

Media, YouTube: la telenovela del copyright




YouTube, la telenovela del copyright
Sono i detentori dei diritti a dover scandagliare il Tubo e rintracciare le singole violazioni: ogni opera caricata indebitamente dagli utenti può essere rimossa solo dopo la violazione, su segnalazione puntuale. La decisione di un giudice di Torino
di Gaia Bottà

Non basta il sospetto del caricamento illegale di innumerevoli puntate di telenovelas per chiedere a YouTube la rimozione indistinta di tutti gli episodi: i detentori dei diritti non possono esimersi dal sorbirsene la visione, per segnalare puntualmente ogni video caricato illegalmente, completo dell'URL di riferimento. Il Tribunale di Torino si è così espresso respingendo la richiesta con cui il detentore dei diritti per l'Italia di opere quali Topazio, Sortilegio e Un volto due donne intendeva obbligare YouTube a rimuovere i contenuti e impedirne nuovi caricamenti.

Il caso scaturisce dalla denuncia di Delta TV Programs SRL, detentore dei diritti di sfruttamento economico per l'Italia di numerose telenovelas sudamericane, tradotte e doppiate per essere concesse in licenza in Italia alle emittenti televisive o per l'home video. Delta rilevava come numerosi degli episodi fossero presenti su YouTube, preceduti da advertising: basta una ricerca su Google con il titolo della telenovela, spiegava il detentore dei diritti, per individuare rapidamente i link ai video in questione e per fruirne liberamente. Nonostante YouTube non sia in diretta concorrenza con Delta, così si argomentava nella denuncia, la piattaforma arreca notevoli danni al detentore dei diritti: la possibilità di visionare le opere on demand svilisce il valore del materiale che Delta stessa propone in vendita alle emittenti e agli operatori dell'home video.

Il detentore dei diritti chiede danni per 13.097.000 euro, per compensare il decrescere del valore dei diritti sul mercato italiano, che emergerebbe da vendite delle licenze a prezzi minori e da minori introiti derivati dai passaggi in TV, raccolti con l'intermediazione della SIAE. Denari da aggiungere a quello che definisce "mancato compenso per copia privata", ancora da stimarsi, che si sostanzierebbe nelle minori vendite di supporti destinati alla archiviazione delle telenovelas: se l'opera è disponibile online, ragiona Delta, lo spettatore italiano non trova alcuna motivazione nell'acquisto di chiavette USB, di DVD o di videocassette destinati alla copia privata delle opere.
Se questo è il quadro generale del contenzioso, ancora da dirimere, nello specifico, con una ordinanza del 5 maggio, il Tribunale di Torino si è espresso riguardo alla richiesta di Delta di emanare un provvedimento cautelare nei confronti di YouTube: secondo l'azienda il Tribunale avrebbe dovuto ordinare alla piattaforma la cancellazione di tutte le manifestazioni delle telenovelas su cui Delta detiene i diritti, sotto la minaccia di 1000 euro di multa per ogni giorno di inosservanza per ciascuna delle telenovelas, e ordinare a YouTube di prevenire il caricamento delle opere.

YouTube, che in primo luogo ha rilevato un abuso da parte di Delta, che rivendicava i diritti su contenuti di cui non detiene più alcuna licenza, si è prontamente opposta alla richiesta: l'ordine di cancellazione non avrebbe ragione di sussistere in quanto la piattaforma avrebbe già rimosso il removibile. YouTube, solo con i documenti del ricorso, ha finalmente ottenuto l'elenco degli URL su cui intervenire: nelle precendenti diffide informali, infatti, la richiesta di rimozione di Delta era vaga e non circostanziata. Riguardo invece alla richiesta di prevenire i caricamenti illeciti, YouTube spiega di non avere obblighi: sorvegliare i propri utenti non sarebbe di competenza di un servizio di video sharing.

Il Tribunale di Torino ha soppesato le istanze delle parti e, in attesa di decidere riguardo al merito delle violazioni del diritto d'autore, ha respinto il ricorso con cui Delta richiedeva l'ordine di rimozione e di vigilanza: YouTube ha agito prontamente nel momento in cui è stata informata delle singole violazioni e non le si può imporre un obbligo di vigilanza sui caricamenti degli utenti.
Il giudice Guglielmo Rende ha infatti ricordato che, sulla base dell'articolo 16 del decreto legislativo 70/2003, che traspone in Italia la Direttiva Europea sul commercio elettronico, il prestatore di un servizio di hosting come YouTube non detiene alcuna responsabilità sui contenuti caricati da terzi fino a quando non venga a conoscenza di eventuali violazioni. Una conoscenza che non può essere generica, basata su una diffida come quelle precedentemente emesse in via stragiudiziale da Delta che, contenevano "i soli titoli commerciali dei prodotti audiovisivi", ma che deve essere specifica, "contenente cioè gli indirizzi specifici compendiati in singoli URL". Si tratta di un orientamento che, sebbene sia consolidato nelle giurisprudenza italiana, è stato adottato solo di recente nel dibattimento dell'annoso scontro legale intrattenuto fra Mediaset e YouTube, nel quale RTI ha sempre preteso che fosse YouTube a rintracciare e ad estirpare dalla piattaforma gli spezzoni del Grande Fratello caricati dagli utenti senza autorizzazione.

Riguardo alla prevenzione delle violazioni, invece, il giudice cita l'
articolo 17 del succitato decreto legislativo 70/2003: il testo è chiaro nello stabilire che sui prestatori di servizi come YouTube non penda l'obbligo di vigilare sull'operato degli utenti per prevenire le violazioni, come altresì conferma la giurisprudenza comunitaria, ad esempio nel citatissimo contenzioso tra SABAM e Scarlet. "Ove infatti si volesse imporre un sistema di controllo e di filtraggio preventivo nei servizi di hosting provider - spiega il giudice - ne verrebbe pregiudicata la diffusività e la capillarità della relativa comunicazione la quale si basa sull'adozione di sistema automatici di caricamento, i quali, evidentemente, non potrebbero operare nelle modalità attuali nel caso in cui si dovesse dare attuazione a un sistema preventivo di controllo".
La soluzione, invero, ricorda il giudice, esiste già: il sistema Content ID, che agisce a posteriori confrontando i caricamenti degli utenti con il materale segnalato all'origine dal detentore dei diritti, rappresenterebbe un "ragionevole punto di equilibrio", di cui però Delta non ha mostrato di voler approfittare.

Per quanto attiene il risarcimento, il giudice si riserverà di decidere quando si entrerà nel merito della causa: solo in quel momento si potrà stabilire se le rivendicazioni economiche di Delta debbano essere rivolte sui cittadini della Rete che hanno operato il caricamento dei singoli file e che hanno tratto profitto dall'advertising o se anche YouTube sia da coinvolgere sulla base di una compartecipazione consapevole nella violazione e nello sfruttamento economico delle opere messe a disposizione in violazione del diritto d'autore.

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