da: Il Sole 24 Ore
Risparmi
e rendite, la mappa del caro-tasse
Milano
al top su conti e depositi - In Piemonte ed Emilia Romagna portafogli
maggiormente penalizzati
di Cristiano
Dell’Oste e Giovanni Parente
Gli interessi su conti e depositi, però,
sono solo una parte delle rendite finanziarie su cui dal 1° luglio scatterà
l'aumento del prelievo dal 20 al 26 per cento. La stretta decisa dal Governo
Renzi, infatti, colpirà anche le cedole delle obbligazioni, i dividendi delle
azioni e i capital gain realizzati sulla vendita dei titoli. Mentre BoT e BTp
manterranno l'aliquota al 12,5 per cento.
Piemonte
ed Emilia al top
Per capire dove si abbatterà il rincaro, è
indispensabile ricostruire la distribuzione del portafoglio dei risparmiatori
italiani. Operazione al momento possibile solo a livello regionale.
Considerando anche il prelievo sulle obbligazioni, sui pronti contro termine e
sugli altri investimenti a reddito fisso, si scopre che i piemontesi sono
quelli che pagheranno di più (34,30 euro in media all'anno), seguiti dagli
emiliani (33,90 euro) e dai lombardi (33,70). Proprio i
contribuenti della
Lombardia, però, sono i più ricchi in termini di attività finanziarie secondo
le segnalazioni di vigilanza della Banca d'Italia, con 41.570 euro pro capite.
Come si spiega questa differenza? Tutto dipende dal mix del portafoglio, che
per i lombardi ha la più alta incidenza di azioni e fondi d'investimento.
Titoli soggetti alle fluttuazioni di Borsa e per i quali è difficile prevedere
l'impatto medio della tassazione. Un contribuente lombardo che a luglio
deciderà di vendere un pacchetto azionario con un valore di carico molto basso,
pagherà il 26% su tutta la plusvalenza – e verserà ben più di 33,70 euro – a
meno che non possa far valere delle minusvalenze realizzate anche negli anni
precedenti. Insomma, il calcolo va necessariamente personalizzato.
I dati medi, però, sono utili a inquadrare
la distribuzione di un aumento fiscale che – nel complesso – porterà alle casse
pubbliche poco più di tre miliardi di euro all'anno. E che è stato introdotto
per avviare un riequilibrio del prelievo tra lavoro e investimenti finanziari,
oltre che per contribuire a coprire le minori entrate derivanti dal taglio
dell'Irap deciso con lo stesso decreto legge 66/2014.
A livello medio, le regioni più povere sono
anche quelle in cui la maggior parte del denaro posseduto dalle famiglie si
ferma sui conti correnti, sui libretti postali e sui depositi a risparmio.
Dall'Abruzzo alla Sardegna la percentuale non scende mai sotto il 60% e in
Molise sfiora l'80%: come dire che, ogni 100 euro, solo 20 sono investiti in
obbligazioni, azioni, fondi o titoli di Stato. Nelle regioni più ricche,
invece, il rapporto tende a rovesciarsi. Il fenomeno ha una sua logica, perché
chi ha pochi soldi può "permettersi" di investirne di meno. Ma non
tutto si può spiegare con questa chiave di lettura: un elevato grado di
liquidità potrebbe anche essere la spia di una maggiore diffusione
dell'evasione fiscale.
L'esenzione allo studio
Di certo, la composizione del portafoglio
condizionerà anche l'eventuale introduzione di una fascia di esenzione per i
conti e i depositi fino a 25mila euro, proposta alla commissione Finanze del
Senato. Di fatto, neppure le province più ricche hanno depositi medi oltre questa
soglia e, tra quelle povere, ci sono grandi differenze derivanti anche dallo
"stile di investimento": basti pensare agli oltre 17mila euro di
depositi pro capite a Isernia contro i 14mila di Teramo, in due regioni in cui
il dato medio della ricchezza non è così distante. L'esenzione, insomma,
potrebbe abbattere in modo piuttosto rilevante – e neppure troppo uniforme sul
territorio – i 755 milioni di euro che la relazione tecnica stima come incasso
dall'aumento del prelievo su queste voci.
Oltretutto, le somme presenti su conti e depositi sono in costante aumento, anche per effetto della crisi, che genera incertezza sulle forme di investimento e impone alle famiglie di avere una riserva di liquidità subito disponibile: tra il 2011 e il 2013 l'incremento medio nazionale dei depositi è stato del 10 per cento.
Oltretutto, le somme presenti su conti e depositi sono in costante aumento, anche per effetto della crisi, che genera incertezza sulle forme di investimento e impone alle famiglie di avere una riserva di liquidità subito disponibile: tra il 2011 e il 2013 l'incremento medio nazionale dei depositi è stato del 10 per cento.
L'effetto su BoT e BTp
Un'ultima variabile che condiziona
l'impatto dell'aliquota al 26% è l'investimento in titoli di Stato, le cui
cedole eviteranno la stretta fiscale. Le regioni più ricche non hanno solo gli
importi assoluti più alti, ma anche la maggiore incidenza percentuale: in
Piemonte, Lombardia e Liguria oltre il 13% del portafoglio è investito in BoT e
BTp. Mentre nelle aree più povere la percentuale si dimezza. Un po' a sorpresa,
tra le regioni con la minor presenza relativa di titoli di Stato ci sono anche
il Veneto e il Trentino-Alto Adige, dove i contribuenti tendono a preferire
altre forme di investimento e – soprattutto – depositi e conti correnti.
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