Concordo e sottoscrivo quanto scrive
Mantellini. Personalmente, trovo che tra i siti di informazione o presunti
tali, quello che fa più cagare è quello del Corriere della Sera.
PierLuca Santoro ha pubblicato (via audiweb) alcuni
numeri pessimi che riguardano le visite
a Corriere.it dopo il recente restyling del sito. Per una volta il
sentimento generale espresso in rete ed i numeri sembrano andare d’accordo e
nel mese di marzo (ultimo dato disponibile) corriere.it ha perso un po’ meno del 10% di utenti unici e ben il 30% delle pagine
viste. Insomma al di là dei numeri e dei commenti e al netto delle usuali
incertezze verso le novità a RCS hanno qualche problema. Tuttavia per
esperienza so che spesso dietro le quinte le cose sono più complicate di quanto
appaia, che nelle grandi aziende esistono sovente variabili di tutti i tipi che
noi, da questo lato dello schermo, fatichiamo ad immaginare e che invece hanno
un ruolo importante nel confezionamento di un prodotto complesso come il sito
web di un grande giornale.
A me personalmente, per quello che vale, il
nuovo sito del corriere sembra
orribile,
per lo meno nella sua versione web:
l’ho detto e scritto più volte, nella veemenza un po’ sciocca ed impulsiva dei
140 caratteri. Del resto tutti quando qualcosa cambia abbiamo un pregiudizio
negativo legato all’abitudine. Per esempio anche il restyling di Repubblica.it mi è sembrato bruttino e tale continua a sembrarmi dopo molti
mesi. Sono in ogni caso faccende di idiosincrasie personali e forse, a
corriere.it questo potrebbe essere il problema minore.
Le ragioni per cui il sito del principale
quotidiano italiano mi pare detestabile riguardano non tanto e non solo il design (che certo è un problema) ma
altre scelte di maggiore spessore, prima fra tutte quella editoriale. Una su tutte: il cinismo
da tabloid del boxino morboso che supera di molto la decenza minima che un
grande quotidiano dovrebbe conservare.
Come è noto tutti i giornali italiani pubblicano cazzate sui loro siti web, lo
fanno -dicono- per venire incontro ai propri lettori che navigano su Internet
alla ricerca di cazzate. Temo sia chiaro a tutti che più si sale nella scala
delle passata autorevolezza e più le cazzate pubblicate saltano agli occhi. In
questa corsa verso il peggio corriere.it
vince a mani basse da tempo nei confronti degli autorevoli concorrenti. Di
più: lo fa con una connotazione necrofila che spaventa in quanto è l’ultima
frontiera prima della resa finale.
“Guarda come è morto questo tizio in Cina”, recita senza imbarazzo
l’homepage del corriere un giorno sì e l’altro no. I giorni scorsi per fare un
esempio che ho trovato particolarmente imbarazzante in homepage c’erano tre
link ad un filmato (che io non ho guardato) di due pompieri che muoiono precipitanto da un edificio tenendosi per
mano. Ehi tu lettore, lo hai visto nella nostra sezione “video virali” il filmato di due pompieri che muoiono mano nella
mano?
Sono scelte editoriali che fanno schifo,
secondo me molto più della grafica o delle scelte pubblicitarie del sito web.
Altro aspetto rilevante di corriere.it
mille volte sottolineato da tutti è l’inutile e ingombrante social-tentativo
che prende il nome di Passaparola.
Anche in questo caso il punto non è tanto farsi convincere della necessità di
un sistema di relazioni social tanto pretenzioso per il sito, quanto non avere
ricevuto quel minimo di feedback interno od esterno che ti convinca che una
simile impalcatura attorno al lavoro editoriale sia del tutto inutile e
ridondante. Davvero a Corriere.it vogliono sapere (e farci sapere) che a
margine di un omicidio i lettori saranno tristi
nel 93% o che se vince la nazionale con tripletta di Causio i lettori saranno felici nel 89%?
Di nuovo, il problema di RCS con il proprio
sito web principale non è quello di fare scelte sbagliate, dietro alle quali,
come sempre, può esserci di tutto. L’impressione è che dietro a simili scelte non ci sia la cultura di rete minima che fa
dire a qualcuno ai piani alti dove si decidono le cose davvero importanti,
guardate ragazzi, non ci siamo, così non va. In altre parole da quelle parti
c’è una difficoltà molto consistente ad essere contemporanei a sé stessi.
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