da: la Repubblica
Sanità,
sprechi e tangenti quell’assalto famelico al tesoro della Lombardia
Dal
crack del San Raffaele alla “cupola” di Frigerio Una torta da 18 miliardi
l’anno, l’1% del Pil nazionale.
di Sandro
De Riccardis
Se c’è una torta immensa, gli 11 miliardi
di appalti Expo, su cui la “cupola” aveva messo le mani, il ricco menù della
sanità lombarda — dalla giunta Formigoni fino a quella di Maroni — soddisfa da
quasi due decenni l’appetito di politici, assessori, funzionari pubblici,
intermediari, lobbisti, consulenti, imprenditori. Una tavola apparecchiata con
oltre 18 miliardi l’anno per forniture sanitarie e rimborsi per prestazioni
ospedaliere, servizi alberghieri, appalti di mense e ristorazione, pulizie ed
edilizia ospedaliera. Una cifra che vale oltre un punto del Pil nazionale, pari
al budget di spesa della Difesa per il 2013. Milioni che, a leggere le carte
delle inchieste milanesi, sono finiti in mille rivoli.
IL SAN RAFFAELE
In principio ci sono stati il crack del San
Raffaele di Milano; gli 80 milioni di fondi
neri generosamente erogati dal
Pirellone alla clinica pavese Maugeri; le gare irregolari per i servizi di
telemedicina a Mantova e Vimercate; le tangenti per i macchinari antitumorali
che hanno coinvolto le aziende sanitarie di Sondrio, Chiari e del San Paolo a
Milano. Ora, l’inchiesta dei magistrati Ilda Boccassini, Antonio D’Alessio e
Claudio Gittardi allarga ancora il magma dell’illegalità fino a «una pluralità
di aziende ospedaliere lombarde tra cui — scrivono i magistrati — l’Azienda
ospedaliera di Melegnano, il San Carlo Borromeo di Milano, l’Azienda
ospedaliera della Provincia di Lecco, e l’altra di Pavia». Ma la rete di
contatti di Gianstefano Frigerio, il «dominus dell’associazione criminale»
smantellata dalla magistratura, non ha confini.
In relazione a una gara, «per favorire
negli appalti la Servizi Ospedalieri spa, società controllata da Manutencoop,
appartenente alle società cooperative di area Pd», gli investigatori
ricostruiscono la rete di relazioni del faccendiere. Frigerio «propone tale
società, perché si dia una corsia preferenziale nelle gare pubbliche, nel corso
dei suoi colloqui con numerosi direttori generali e amministrativi di aziende
ospedaliere ». E i pm elencano Lecco, Treviglio, Chiari, Pavia (la dirigente
«invitata addirittura a trainare tutto il sud Lombardia»), Busto Arsizio,
Gallarate, Varese, Valcamonica, Cremona, Vimer- San Paolo e San Carlo di
Milano, Magenta.
LA PIOGGIA DI DENARO
Soltanto per il 2014 il “Quadro generale di
finanziamenti del sistema sanitario ” lombardo supera i 18 miliardi di euro.
Nel bilancio regionale, 17 miliardi e 675 riguardano la voce del Servizio
sanitario regionale, che comprende le somme destinate a tutti gli appalti
(ristorazione, servizi alberghieri, pulizie, mense) e anche i fondi erogati
«per funzioni non tariffate delle strutture erogatrici pubbliche e private».
Proprio le “prestazioni non tariffabi— che nel bilancio 2014 la spending review
ha tagliato a 897 milioni sotto — sono state il rubinetto dal quale San
Raffaele e fondazione Maugeri hanno incassato dal Pirellone, tra il 2004 e il
2010, rispettivamente 301 e 148 milioni. Indagando sui due istituti, i pm della
procura di Milano Antonio Pastore, Laura Pedio e Gaetano Ruta, sono venuti a
capo del “sistema Daccò”, dal nome di Pierangelo Daccò, il compagno di vacanze
di Roberto Formigoni, il faccendiere già condannato in appello a nove anni per
il crack del San Raffaele e attualmente a processo per i fondi neri della
clinica Maugeri, insiecate, me all’ex governatore, ai vertici della
clinica, a numerosi funzionari regionali come l’ex segretario generale, Nicola
Sanese, e il dirigente del settore Sanità, Carlo Lucchina. Per la procura, in
cambio di finanziamenti per oltre 200 milioni avrebbero intascato tangenti
sotto forma di consulenze. Denaro che poi sarebbe ritornato — per circa otto
milioni — anche a Formigoni in varie «utilità» come cene, soggiorni in hotel di
lusso, vacanze. Ora per la “cupola”, il nuovo affare doveva essere la
costruzione della Città della Salute, a Sesto San Giovanni. Una commessa da 450
milioni, 323 stanziati dalla Regione. «Ci impegneremo a morte a portare a casa
la Città della Salute» dice Frigerio al telefono a uno degli indagati. E
infatti, il Nucleo di Polizia tributaria della Finanza ha sequestrato le buste
sigillate con le offerte della gara, ancora da aggiudicare.
PRIMA E DOPO FORMIGONI
La gestione della sanità lombarda nell’era
formigoniana è stata travolta dalle inchieste. Formigoni, oggi senatore del
Ncd, è a processo per corruzione nel processo Maugeri, e indagato per corruzione
e turbativa d’asta in uno stralcio dell’inchiesta in cui è imputato Massimo
Guarischi, eletto nel suo listino nel 2005. Trascinato nelle due inchieste con
l’ex governatore, anche il suo dirigente Carlo Lucchina, indagato inoltre nel
processo sugli appalti della Telemedicina. L’inchiesta che in questi giorni ha
decapitato Expo ha svelato però come la “cupola” fosse operativa anche con gli
uomini della giunta di Roberto Maroni, come l’assessore alla Sanità, Mario
Mantovani, e «soprattutto» il nuovo direttore del settore Sanità, Walter
Bergamaschi (per loro la procura esclude rilievi penali). Anche con la giunta a
guida leghista, Frigerio era ancora lì. A consigliare e indirizzare. A spostare
le pedine sul grande scacchiere del potere lombardo. «Ho appena visto
Bergamaschi — dice al telefono — lui non è Lucchina, è un altro stile.. e
comunque anche lui concorda che bisognerebbe cambiare anche un pò
l’assessorato.. immettere persone nuove.. così abbiamo un pò ragionato..»
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