giovedì 8 maggio 2014

Dieci anni di Marchionne: fu vera gloria?



da: Cadoinpiedi

Marchionne non è un mito
Dieci anni fa il manager svizzero ha varcato le porte del Lingotto, come un oracolo. Adesso presenta il piano di rilancio della Fiat italo-americana: si parla di 30 miliardi di euro da investire dal 2014 al 2018 di cui 10 verrebbero spesi in Europa per finanziare la ripresa dell'Alfa Romeo. Cadoinpiedi.it ha chiesto a Marco Cobianchi, autore di American Dream (Chiarelettere) di fare un bilancio della gestione della società. Il risultato? Piani industriali che sembrano copioni di una fiction e obiettivi sbandierati e mai raggiunti.



Sergio Marchionne ha promesso di scoprire a Detroit le carte con cui punta al rilancio del gruppo Fiat Chrysler Automobiles. Il d-day è il 6 maggio: secondo Repubblica, Marchionne dovrebbe annunciare un piano che si aggira attorno ai 30 miliardi di euro da investire dal 2014 al 2018. Circa 10 miliardi verrebbero spesi in Europa per finanziare soprattutto la ripresa dell'Alfa Romeo; altri 10 andrebbero nelle Americhe per far fronte alla concorrenza, gli altri dieci andrebbero in Asia, in particolare in Cina per il lancio della Jeep.
Così mentre in Italia si discute del destino delle fabbriche in patria e di quanto il Paese ha investito e forse investirà nella Fiat, ci si chiede se le mosse del
manager abbiano dato davvero i frutti sperati. E se all'ultima riga del bilancio il segno sia positivo. "Dopo dieci anni di Marchionne, è ora dei bilanci: è un grandissimo manager, ma ha fallito molti obiettivi", ha detto a Cadoinpiedi.it Marco Cobianchi, giornalista di Panorama e autore di American Dream (Chiarelettere, 2014). "Sono stati dieci anni vissuti rapidamente, ma senza lo Stato non sarebbe arrivato a questo punto. Il mito di Marchionne va sfatato".

DOMANDA: Il sogno americano che hai preso a prestito per il titolo del tuo libro per gli italiani ha avuto sempre un'accezione molto positiva, il sogno di un sogno. Ma nel caso Fiat diventa una sconfitta, forse anche una fregatura. E' così?
RISPOSTA: Lo dicono i numeri. Questo non è un libro che ha una tesi da dimostrare, ma alla scadenza di dieci anni di Marchionne alla guida della Fiat è ora di fare bilanci. Lui è un grandissimo manager. Però bisogna ammettere che, andando a vedere come ha raggiunto i suoi obiettivi - innanzitutto non far fallire la Fiat - c'è qualcosa da approfondire.

D: Cosa?
R: Su dieci anni, sei sono di rottamazione. Solo di cassa integrazione in nove anni l'Italia ha speso 1,7 miliardi. A questo si devono aggiungere centinaia di milioni di aiuti di Stato e altrettanti, se non più, all'estero.

D: Con quali risultati?
R: L'internazionalizzazione è fallita nei tre mercati fondamentali, Cina, Russia e India. Non avendo soldi da investire l'Alfa Romeo è praticamente morta. Nel 2012, per esempio, ha venduto centomila auto, e il suo mercato è solo italiano.

D: Poi c'è stata l'acquisizione della Chrysler. Qual è il suo giudizio?
R: L'acquisizione è stato un colpo da maestro. Per prendersela, con l'assenso di Obama, Marchionne ha violato due o tre leggi. Gli unici che ci hanno guadagnato sono stati i sindacati che avevano 8 miliardi di crediti presso Chrysler e se ne sono andati con 9,2 miliardi. Ma Marchionne non ha portato in America i modelli che aveva promesso, quelli piccoli che consumano poco che sono il core business della Fiat. Negli Stati Uniti guadagna soldi continuando a fare i modelli che faceva prima Chrysler. E, è un dato di fatto, ha distrutto i sindacati, che erano un po' una casta, altro che Fiom: gli ha tolto tutto.

D: Non tutto è andato per il verso giusto, insomma.
R: La cosa che mi fa più pensare è che ha sempre promesso molto più di quello che poteva mantenere. Mi ha lasciato di stucco che in nove anni abbia prodotto otto piani industriali. Li ho letti tutti: sono una cosa fantasmagorica, alcuni pura fiction.

D: Cioè?
R: Diceva "farò venti modelli di auto", ne ha fatti 10. Diceva che avrebbero prodotto 4 Alfa nuove ne ha fatta 1. Diceva che avrebbe venduto sei milioni di auto, si è fermato a 4,4 milioni.

D: In questi giorni si è parlato del futuro di Alfa Romeo.
R: Non la venderà mai piuttosto si taglia un braccio. Se annuncia scorporo Alfa Romeo non è per venderla. Mi chiedo: se invece pensasse il contrario?

D: In che senso?
R: Cioè vendere Fiat e tenersi Alfa Romeo. Ha detto che vuole portare Fiat verso un posizionamento più alto, facendo concorrenza a Bmw, Audi, eccetera. Questo non può farlo con la 500, ma può farlo con le Alfa.

D: In effetti quello era il posizionamento di Alfa Romeo.
R: Solo che la Mercedes vende un milione e mezzo di auto, Alfa centomila. Ma resta il marchio su cui ha fatto più annunci in assoluto. Nel 2010 diceva che avrebbe venduto, entro il 2014, 500 mila Alfa Romeo. Nel 2011 sono diventate 400 mila, nel 2012 più di 200 mila. I numeri reali sono ben diversi.

D: Il dibattito sulla Fiat continua a contrapporre due diverse visioni dell'economia. C'è chi dice che Fiat ha preso i soldi pubblici italiani per poi andarsene senza nessun riguardo, chi sostiene che è la globalizzazione e non si poteva fare altrimenti. Chi ha ragione?
R: Hanno ragione tutti e due. Da una parte è vero che abbiamo mantenuto la Fiat fin da quando è nata. Basti pensare che fu l'impresa che incassò più soldi dal piano Marshall. Dall'altra è vero che esiste la globalizzazione e Marchionne ha fatto benissimo a comprare Chrysler. Il problema è ragionare sul prezzo che l'Italia paga.

D: Ne è sicuro?
R: Lo dicono i numeri. Nel 2013 solo Fiat ha perso 911 milioni, Chrysler ha guadagnato 1,8 miliardi. Non esiste una multinazionale che accetti una cosa così. E Fiat pagherà un prezzo anche perché Marchionne non può per legge usare i guadagni in America per tappare buchi in Italia. Almeno per tutto il 2014 Fiat deve camminare con le sue gambe.

D: Quale sarà questo prezzo?
R: È una domanda difficile. Non vorrei fare allarmismo ma il governo deve porsi una volta per tutte il problema Fiat: è giusto mantenere una società in perdita? È una decisione politica. Bisogna evitare di essere presi alla sprovvista come successo con Termini Imerese. Gli annunci ci furono due anni prima e il governo italiano non è riuscito a combinare niente. Bisogna organizzarsi prima.

D: Crede che il governo Renzi accetterà di continuare a sostenere Fiat?
R: Il famoso miliardo di cui si discute per rifinanziare la cassa integrazione è proprio il miliardo che serve alla Fiat. Lo stato deve decidere se effettivamente rifinanziare o prendere altre strade, ma una decisione va presa.

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