da: Il Fatto Quotidiano
Silvio Berlusconi non aspettava altro: nel
2011 il suo governo non è caduto per l’inconcludenza e la paralisi al suo
interno, per il Paese sull’orlo della bancarotta. No, è stato un colpo di
Stato, anzi uno “schema”. Nel suo libro di memorie Stress Test l’ex segretario
al Tesoro americano Timothy Geithner racconta alcuni retroscena dei mesi più
difficili della crisi finanziaria globale. Quanto Geithner rievoca il vertice
G20 del 3 e 4 novembre 2011 a Cannes, scrive che i partner europei un po’ si
lamentavano delle ingerenze dell’Amministrazione Obama nella gestione del caso
dell’eurozona, un po’ chiedevano aiuto per “fare pressione su Angela Merkel
perché fosse meno tirata o sugli italiani e spagnoli perché fossero più
responsabili”. E poi la frase cruciale: “A un certo punto di quell’autunno,
alcuni funzionari europei ci avvicinarono con uno schema per far cadere il
primo ministro italiano Silvio Berlusconi, volevano che rifiutassimo di
sostenere i prestiti del Fondo monetario all’Italia finché lui non se ne fosse
andato”. Geithner ci tiene a sottolineare che non si è prestato: “Per quanto
sarebbe stato d’aiuto avere una leadership migliore in Europa, non potevamo
farci coinvolgere in uno schema simile”. In sintesi: “Non possiamo avere il suo
sangue sulle nostre mani”.
“Non mi sorprende che Geithner abbia
confermato le manovre nei miei
confronti”, dice al Corriere.it Silvio
Berlusconi. Il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta è il più
agitato: “Dall’America di Obama arriva la prova decisiva del golpe europeo
contro l’Italia per abbattere Silvio Berlusconi. La democrazia dopo quei fatti
del 2011 è sospesa”. La Commissione europea si astiene da ogni commento
ufficiale, l’agenzia Adnkronos riporta questa dichiarazione anonima:
“Lavoravamo giorno e notte per salvare l’euro e proteggere i risparmi dei
cittadini europei”. Il libro di Geithner fino a domani non si potrà acquistare
in Europa, neppure su Internet. Ma da una prima lettura stupisce la leggerezza
con cui un protagonista di quegli anni come Geithner alimenti teorie del
complotto senza fornire nomi, dettagli, spiegazioni. Del G20 di Cannes racconta
come “gran parte del meeting fu dedicato a premere su Berlusconi” e accenna a
“promettenti discussioni” con Mario Monti, appena insediato, sulla necessità di
interventi drastici contro il panico finanziario. “Abbiamo voltato pagina, non
è utile tornare a quegli eventi”, è l’unico commento dal governo, parole del
ministro degli Esteri Federica Mogherini. In realtà sarebbe utile conoscere
tutto su quelle concitate settimane del 2011.
Ma la confusa ricostruzione dell’ex capo
della Federal Re-serve di New York (oggi tornato nel settore privato) aggiunge
poco o nulla. Se anche ci fosse stato un piano europeo per allontanare
Berlusconi, si sarebbe alimentato della paralisi politica del governo di
centrodestra: il ministro del Tesoro Giulio Tremonti che non parlava più con il
premier, il collega della Funzione pubblica Brunetta che cercava di
rimpiazzarlo come cervello economico, il Cavaliere che si appoggiava a Mario
Draghi in procinto di passare da Bankitalia alla Bce (e odiato da Tremonti).
Dopo la lettera della Bce – nell’agosto 2011 – il governo Berlusconi guadagna
tempo, ma non riesce a rispettare gli impegni presi in cambio del sostegno al
debito pubblico sul mercato, la Commissione cerca di imbrigliare l’esecutivo
costringendolo anche ad accettare umilianti ispezioni, fino a quando il capo
dello Stato Giorgio Napolitano si rifiuta di firmare un decreto di misure
straordinarie. Berlusconi arriva a Cannes a mani vuote dimostrando la sua
inconcludenza, lo spread corre e nel giro di una settimana il Quirinale nomina
Monti senatore a vita e il Cavaliere si dimette.
C’è un punto debole nella ricostruzione di
Geithner: al G 20 di Cannes Merkel e Nicolas Sarkozy affiancano, Christine
Lagarde capo del Fondo monetario internazionale, che cerca di costringere
Berlusconi ad accettare un prestito da 80 miliardi di euro che avrebbe messo
l’Italia sotto tutela internazionale. Quindi il problema non era negare a Roma
i finanziamenti, ma spingerla ad accettarli, il presunto complotto europeo si
appoggiava su basi ben fragili. Nelle settimane scorse Monti ha rivelato di
aver discusso con Tim Geithner l’ipotesi di un ricorso al Fmi appena arrivato a
Palazzo Chigi, in un incontro in prefettura a Milano l’ 8 dicembre 2011:
entrambi arrivarono alla conclusione che il Fondo non aveva abbastanza risorse
per aiutare davvero l’Italia. E i Paesi emergenti – Cina e Brasile – non erano
disposti a fornire capitali aggiuntivi. Quindi niente Fmi. Chissà se Geithner
fornirà altri dettagli, prima o poi. L’unica certezza è che di sicuro
Washington, Berlino, Londra, Parigi e Bruxelles volevano Berlusconi lontano dal
potere. E quando volontà così forti vanno tutte nella stessa direzione non c’è
bisogno di un complotto di incappucciati perché certe cose succedano.
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