lunedì 3 giugno 2013

Vasco Rossi: “Rinato poco per volta ora ho voglia di palco”

da: La Stampa

Vasco Rossi “Rinato poco per volta ora ho voglia di palco”
Il rocker tornato in forma sta provando il tour che comincerà all’Olimpico di Torino il 9 giugno: “Ho visto la morte in faccia”
di Marinella Venegoni



Nella campagna pigra e deserta che da Bologna si allunga verso la provincia di Ferrara, c’è un albergo-ristorante-discoteca che vive giorni di sogno, come direbbe il Briatore di Crozza. Ragazzi, bambini, gente di tutte le età aspettano eccitati che arrivi Vasco Rossi. Si è sparsa la voce che sta provando qui con la band storica i concerti che cominceranno all’Olimpico di Torino il 9 (con repliche il 10, 14 e 15 giugno, per proseguire a Bologna il 22, 23 e 26) e la fila si allunga. Quando il Suv si spalanca, il Vate di Zocca balza fuori con un sorriso grande così, e accontenta tutti con foto e autografi. Lo guardi e capisci subito che sta bene. Pronto, tonico, anche rodato, come confermerà più tardi un’ora di prove furibonde, con suoni tiratissimi (mai così tirati) e curati fin nelle nuances, con un pizzico di compiacimento. Musicisti gasati, trascinati da lui che canta
con verve divertita. La chiacchierata che seguirà in salottino è tesa e venata di ironia che si mangia anche ricordi drammatici. Comincia con un prodromo illustrativo, senza aspettare domande: «Avevo lasciato le cose a metà, quando mi sono ammalato. Ho pensato di portare a termine quel tour, anche perché ho voglia di palco. E poi, meglio morir sul palco che su un letto d’ospedale». 

Al primo posto c’è la musica, ma condita di politica.  
«Ho attualizzato la scaletta, l’ho messa sul sociale: C’è chi dice no, Gli spari sopra, cose così. Io - anzi non io, l’artista - già nei ‘90 sentivo questa arroganza del potere. Nelle mie metafore cantavo l’indignazione che sembrava anticipare quel Movimento 5 Stelle che però è già finito. Io sono un radicale pre-Pannella, ma mantengo una purezza: non si può dire che il Pd è uguale al Pdl. Da cittadino, esprimo le mie idee con le canzoni». 

La sua ultima uscita, Vasco, è stata invece una canzone leggera e svagata, «L’uomo più semplice».  
«È nata da una voglia di sdrammatizzare. L’uomo più semplice è un uomo-oggetto, però poi c’è una lettura sociologica. Si parla di quel che l’uomo non è, perché è malvagio e se non ci fossero i condizionamenti del principio di realtà sarebbero guai, la libertà esiste all’interno di una regola». 

In questi anni lontano dalle scene ha avuto internet come compagnia.  
«Un vero compagno di vita. Ho scoperto il gioco, questo compagno virtuale alla fine divertente, ho visto come i ragazzini lo usano, e altro che il telefonino... Sono sposato felicemente ma se avessi una storia direi: “Per prima cosa chiudi Facebook”. Stavo attaccato dal mattino alla sera, non andavo neanche a pranzo, non facevo più niente. Mio figlio mi diceva: “Potresti staccare l’iPad almeno quando mangiamo?”». 

E poi?  
«Poi l’11 settembre 2011 ho avuto una ricaduta e ho staccato tutto. Sono stato due o tre giorni senza conoscenza. Lo streptococco, lo chiamano la malattia del Terzo Millennio. Vive sottopelle e se trova una ferita s’infila. Ha fatto fuori Johnny Walker, quello del whisky: diede una pedata a una cassaforte che non si apriva, si ferì a un dito. È morto dopo due anni». 

Dovrebbe scrivere un libro.  
«Mi piacerebbe, ma fino a due anni fa non ho mai avuto una malattia per più di tre giorni. Ora mi è tornata la curiosità ma sono stato a lungo spento: magari le dimissioni da rockstar sono figlie di quello stato. Volevo essere quello che scriveva canzoni ma ho anche pensato al suicidio e non era la prima volta. Poi ho fatto tesoro di questa esperienza. Ho sperimentato il rischio della non autosufficienza, pensavo di non poter più muovermi, avevo un braccio bloccato. Poi poco per volta sono tornato e mi sembra di cogliere qualcosa di più in tutte le cose». 

Dopo i concerti, cosa farà?  
«Quando avrò finito lo dirò. Sono molto triste che è morto Little Tony, a 12 anni andavo a scuola di canto, cantavo Riderà e mi commuovevo. Anche per Jannacci, sono triste: è stato uno dei più grandi fenomeni, da lui ho imparato moltissimo fin dalle canzoni in dialetto. SenzaQuelli che non ci sarebbe stata Siamo solo noi». 

Tante avventure e paure finiranno in canzoni, nel prossimo album?  
«Ho visto la morte in faccia, ho avuto anche il blocco dello scrittore, però ci lavoro su, e produco. Le mie dimissioni da rockstar non sono state accettate, dunque ancora indosso le Prada rosse e metto il giubbotto di pelle sul palco: però faccio più il DJ che la rockstar, se avrò una canzone nuova la butterò in rete. Penso che a settembre si sentirà una cosa nuova. Ma andrò ancora in sala a Los Angeles, sono rituale. E il mio umore, ora, cambia velocemente. Per ora sto sano e lucido fino alla fine di giugno, poi si vedrà». 

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