lunedì 10 giugno 2013

A scuola con mimetica e fucile


da: Corriere della Sera

Chiediamoci perché i compagni non hanno dato l’allarme
di Gustavo Pietrpolli Charmet


Si porta a scuola di tutto: non era così una volta. Si lasciavano fuori il corpo, il desiderio, la passione, la rabbia. Anche la tristezza e la solitudine dovevano rimanere a casa, nella cameretta. Il contratto implicito si fondava sulla esclusiva legittimità di ingresso alle conoscenze, all'apprendimento, alle competenze. Anche l'amicizia era mal tollerata e doveva rimanere clandestina, per non parlare dell'amore e della sessualità.
Ora a scuola si porta anche la disperazione, si lascia intravvedere la fantasia suicidale e se si decide di lasciarsi tentare dalla morte volontaria si può scegliere la scuola come teatro ove ostentare il proprio cadavere. A scuola ora ci si bacia, ci si abbraccia, il corpo è sdoganato: i telefonini bisogna spegnerli, ma non la voglia di protagonismo e la protesta per la miseria delle dotazioni.
Un ragazzo arriva a scuola col fucile e tanti proiettili. Non lo ferma il metal detector come nelle scuole degli Usa. Da noi non è previsto che si vada a scuola armati fino ai denti e con lugubri propositi. Al massimo qualche coltellino; ma forse questo è sempre successo.

Esibisce l'arma ad un gruppetto di compagni, ma nessuno dà l'allarme. Nei Paesi già colpiti dalla follia delle armi a scuola ci sarebbe stato un fuggi fuggi. È davvero così imprevedibile che possa farne un uso devastante? In ogni caso è una trasgressione gravissima che dovrebbe essere segnalata, al di là di ogni complicità, ed invece i coetanei non sembrano spaventati e forse neppure del tutto scandalizzati dal comportamento abnorme e pericoloso.
Noi adulti invece dobbiamo cominciare a prendere in considerazione l'ipotesi che possa succedere anche nelle nostre scuole che si cominci a sparare all'impazzata, tanto si è già deciso di sparare anche al proprio corpo? È ipotizzabile che la globalizzazione radicale degli adolescenti e la loro massiccia omologazione planetaria comporti anche il contagio della follia distruttiva, del gesto onnipotente alla ricerca disperata dell'occhio delle telecamere? L'imitazione, l'emulazione, la competizione fra giovani maschi di nazioni diverse può spingersi fino alla gara vandalica a chi uccide il maggior numero di compagni di scuola e docenti?
Vorrei poter sostenere che da noi non può succedere, ma penso di dover dire che è necessario prendere le necessarie precauzioni. Ciò che spinge i dissennati guerrieri clandestini a gareggiare fra loro al tiro al bersaglio non è il bisogno di uccidere, ma la fame incontrollabile di compiere un gesto imperiale che regali la fama e la lugubre popolarità dell'assassino. La quotidiana invisibilità scolastica e la terribile fragilità che li affligge e li rende trasparenti agli occhi dei compagni, arroventa il desiderio di vendetta e il bisogno di una glorificazione massmediale. Possono fantasticare a lungo e consolarsi delle mortificazioni quotidiane suscitate dalla loro fragilità, ma può venire il giorno in cui sentono l'obbligo di fare finalmente ciò che hanno già deciso sia forse inevitabile.
Quando succede che in una scuola si uccida uno studente è una precauzione ineludibile quella di aiutare i compagni di classe a elaborare il lutto, ma si cerca anche di aiutarli ad esecrare il suicidio e di sostenerli nel capire quanta violenza nei loro confronti c'è nel gesto del ragazzo infelice che non ha saputo accettare la fatica di crescere e non ha chiesto aiuto agli amici. È necessario prevenire il contagio, l'emulazione, la beatificazione.
Anche nei confronti del ragazzo col fucile e della sua folle allusione, gli adulti e i ragazzi delle scuole sarebbe utile non sorridessero. Forse il ragazzo col fucile ci ha regalato un'occasione in più per riflettere sulla assoluta necessità di ridurre moltissimo la spinta dissennata verso il tentativo di conquistare la visibilità sociale a tutti i costi. Non credo ci pensi nessuno dei nostri ragazzi a seguire il suo esempio, ma sarebbe bello rinnovare il patto implicito che bisogna disamare la rincorsa priva di regole e valori verso la conquista della fama e della popolarità massmediale. E' una buona occasione per promettere che nelle nostre scuole non ci sarà mai bisogno di installare i metal detector.  

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