da: Lettera 43
Caso
Unipol, «Berlusconi ebbe un ruolo decisivo»
I
giudici: «Agì come capo politico contro Fassino. Fece pubblicare
l'intercettazione con Consorte».
Voleva rovinare un avversario politico.
Ecco perché Silvio Berlusconi fu decisivo nella vicenda dell'intercettazione
Fassino-Consorte che gli è costato in primo grado una condanna a un anno di reclusione per concorso in
rivelazione del segreto d'ufficio.
È il senso delle motivazioni in cui si
legge che senza «l'apporto in termini di concorso morale dell'ex premier non si
sarebbe realizzata la pubblicazione».
«DECISE COME CAPO POLITICO». «La
qualità di capo della parte politica avversa a quella di Fassino, rende
logicamente necessario il suo benestare alla pubblicazione della famosa
telefonata».
«NON STAVA DORMENDO». Un passaggio fa riferimento al fatto che alcuni
imputati hanno sostenuto che l'ex premier aveva gli occhi chiusi mentre veniva
fatta sentire la telefonata: «Berlusconi, la sera della vigilia di Natale del
2005 ad Arcore, ascoltò attraverso il computer, senza alcun addormentamento
(...) la registrazione audio della telefonata intercettata tra Fassino e
Consorte, poi pubblicata su Il Giornale».
«EVIDENTE INTERESSE POLITICO». Non
solo: «Va inoltre considerato il periodo in cui venne effettuata la
pubblicazione, a 4 mesi dalle elezioni e nel pieno delle vacanze natalizie,
periodo di scarsa affluenza di notizie politiche più importanti: l'interesse
politico delle intercettazioni era pertanto evidente così come la volontà di
darvi risalto».
«È UN PUBBLICO UFFICIALE, NO ATTENUANTI». I
giudici del tribunale di Milano hanno ritenuto di non concedere le attenuanti
generiche all'ex premier tenendo conto «della sua qualità di pubblico ufficiale
e della lesività della condotta nei confronti della pubblica amministrazione».
«'ABBIAMO UNA BANCA' FRASE SIGNIFICATIVA». Berlusconi secondo i giudici
aveva interesse nella pubblicazione perché l'espressione «abbiamo una banca»
pronunciata dall'allora segretario dei Ds Fassino al telefono con l'ex numero
uno di Unipol Giovanni Consorte era «significativa della capacità della
sinistra di 'fare affari' e mettersi a tavolino con i poteri forti, in aperto
contrasto con la tradizione storica, se non di quel partito, quanto meno dell'orientamento
del suo elettorato».
Ghedini-Longo:
«Motivazioni prive di logica giuridica»
Gli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo,
difensori dell'ex premier, attraverso una nota hanno parlato di «assenza di
logica giuridica» in quanto «le motivazioni della sentenza riguardante la
cosiddetta vicenda Unipol, dimostrano ancora una volta la impossibilità di
celebrare dei processi a Silvio Berlusconi a Milano. Tale decisione appare
ancor più straordinaria visto che a un incensurato si negano non solo le
attenuanti generiche, ma anche la sospensione condizionale, confermando vieppiù
il pregiudizio».
La Cassazione ha anche respinto la
richiesta dei legali di Berlusconi di ricusazione del giudice Maria Teresa
Guadagnino, risalente all'8 novembre 2012.
L'istanza prendeva le mosse dal fatto che
la Guadagnino è stata anche giudice nel processo di primo grado sul caso
Mediaset, in cui Berlusconi è stato condannato a quattro anni di reclusione (di
cui tre coperti da indulto) per frode fiscale.
SCHIFANI: «PARADOSSALE». Secondo il
presidente dei senatori del Pdl, Renato Schifani, si tratta di «motivazioni immotivate,
fondate su un fantomatico concorso morale. Quelle della sentenza del tribunale
di Milano non possono che essere definite in questo modo. Tanto più se si pensa
che l'uomo condannato in primo grado per un'inesistente rivelazione di segreto
d'ufficio è lo stesso contro il quale sono state pubblicate centinaia di
intercettazioni senza che nessuno ne abbia mai pagato alcuna conseguenza. Una
vicenda paradossale, mentre resta ancora nell'ombra quella ben più grave e
inquietante della scalata Unipol a Bnl».
BONDI: «OLTRAGGIO ALLA VERITÀ». Indignato il coordinatore del Popolo della
libertà Sandro Bondi: «Le motivazioni sono un oltraggio alla verità e al senso
di giustizia. Nel Paese in cui il segreto d'ufficio è una barzelletta, nel
Paese in cui non si mai voluto accertare gli affari sporchi dietro la scalata
di Unipol a Bnl, nel Paese in cui le vicende che hanno coinvolto Penati sono
state provvidenzialmente prescritte, si condanna un leader politico sulla base
di motivazioni surreali per concorso in rivelazione di segreto d'ufficio. In
Italia succede anche questo!».
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