venerdì 7 giugno 2013

Serge Latouche: Limite /3

La condizione umana è inscritta dentro dei limiti. Alcuni riguardano la nostra situazione nel mondo, altri sono inerenti la nostra natura. Siamo prigionieri di un piccolo pianeta la cui situazione eccezionale nel cosmo ha permesso la nostra comparsa. D’altra parte la nostra intelligenza, non meno eccezionale, ci permette di adattarci a una grande varietà di situazioni, ma non ci autorizza a fare tutto né a conoscere tutto. La nostra sopravvivenza presuppone dunque un buon funzionamento delle nostre organizzazioni sociali, in armonia con il nostro ambiente: in altri termini, la sottomissione a norme che ci impediscono di cadere nella dismisura e nell’illimitatezza.
Il problema è che ogni limite e ogni norma sono arbitrari, e che le frontiere sono sempre incerte. Ci sono limiti che non devono essere superati, ma bisogna conoscerli. Perché se si scavalca il limite, addio limiti. Questa arbitrarietà è uno scandalo per la ragione.

[..] «I pregiudizi sono i pilastri della civiltà», fa dire André Gide a uno dei personaggi del suo romanzo I falsari. C’è molto di vero in questa affermazione scandalosa. Avere troppi pregiudizi è negativo, ma non averne nessuno
è vergognoso. La riabilitazione dei pregiudizi è un luogo comune nei pensatori della controrivoluzione francese. Per Edmund Burke (Riflessioni sulla Rivoluzione Francese), il pregiudizio che interviene spontaneamente nelle situazioni determina innanzitutto l’istinto di seguire con costanza la via della saggezza e della virtù; il pregiudizio fa della virtù un’abitudine per gli uomini. Tuttavia, data l’assurda arbitrarietà di certe regole, la trasgressione è giustificata in numerosi casi, anche se non può essere eretta a norma del tipo «Vietato vietare». Ogni società ha i propri tabù, di cui alcuni sembrano effettivamente di portata universale, come quello dell’incesto. Ci sono limiti che bisogna far arretrare senza abolirli e norme che bisogna abolire, ma per sostituirle con altre norme che appaiono meno arbitrarie nel luogo e nel tempo in questione. Pascal, che non era un relativista diceva comunque: «Verità al di qua dei Pirenei, errore al di là». Non si può tuttavia concludere, e Pascal non lo fa, che nel mondo non c’è né verità né errore. Ci sono poi dei limiti che il progresso della conoscenza rende sempre più incerti, come quelli tra l’uomo o l’animale e quelli tra la vita e la morte.

Nessun commento:

Posta un commento