Bolzaneto,
la Cassazione conferma sette condanne e quattro assoluzioni
La Cassazione mette la parola fine alle
violenze avvenute nella caserma di Bolzaneto, durante il G8 di Genova del 2001
confermando sette condanne e concedendo quattro assoluzioni. In
particolare, la quinta sezione penale ha assolto quattro agenti: si tratta
di Oronzo Doria, Franco, Trascio e Talu. Confermate invece le sette condanne
che erano state inflitte dalla Corte d'Appello di Genova il 5 marzo del 2010.
I sette imputati condannati sono
l'assistente capo della polizia Luigi Pigozzi ( tre anni e due mesi), divaricò
le dita delle mano di un detenuto fino a strappare la carne, gli agenti di
polizia penitenziaria Marcello Mulas e Michele Colucci Sabia (un anno) e il
medico Sonia Sciandra. Per quest'ultima va rilevato che la Cassazione ha
ridotto la pena, assolvendola solo dal reato di minaccia. Pene confermate a un
anno per gli ispettori della polizia Matilde Arecco, Mario Turco e Paolo Ubaldi
che avevano rinunciato alla prescrizione. Anche nei confronti di Amenza la
Suprema Corte ha cancellato la condanna per il reato di minaccia.
Il verdetto della Cassazione per le
violenze nella caserma di Bolzaneto, avvenute durante le giornate del G8 di
Genova del luglio 2001, ha ridotto i risarcimenti nei confronti dei No Global.
In particolare, la quinta sezione penale, presieduta da Gaetanino Zecca, ha
ridotto in parte i risarcimenti e, in parte, ha stabilito che dovranno essere
rideterminati da un giudice civile "per assenza di prova".
Sul banco degli imputati per le violenze di
Bolzaneto sono finiti a vario titolo poliziotti, carabinieri, agenti della
penitenziaria e medici. Nei giorni del G8 del 2001 la caserma del reparto
mobile di Genova venne trasformata in prigione speciale. I detenuti, oltre
trecento, vennero privati della possibilità di incontrare i loro legali,
umiliati, picchiati, minacciati. In appello erano state convalidate sette
condanne, confermate anche oggi definitivamente dalla Cassazione, e dichiarate
trentasette prescrizioni.
La Cassazione, oggi ha inoltre bocciato il
ricorso della Procura di Genova che alla Cassazione chiedeva di contestare agli
imputati il reato di tortura "avrebbe evitato le prescrizioni". Reato
che come già era stato stabilito per la sentenza Diaz non è contemplato dal
nostro ordinamento. Chiamati come responsabili civili nel processo il ministero
della Giustizia, della Difesa e dell'Interno. Con la parola fine della
Cassazione molti dei risarcimenti che erano stati accordati in secondo grado,
sono stati cancellati o rinviati al giudizio civile.
"Ora ci attendiamo le scuse dallo
Stato" dice Enrica Bartesaghi, presidente del comitato 'Verità e
giustizia per Genova'. "Dodici anni fa -spiega- quando abbiamo iniziato a
dare il nostro contributo ai processi, non avrei mai pensato di arrivare a due
sentenze (Diaz e Bolzaneto) che confermassero le condanne, perciò mi ritengo
soddisfatta".Quello che il comitato sorto dopo i pestaggi del G8 non
tollera è che "le istituzioni non si siano mai pronunciate per chiedere
scusa. Né il capo dello Stato -dice Bartesaghi- né i ministri. Anzichè vittime,
siamo stati trattati da colpevoli. Ora mi auguro che i condannati facciano un
passo indietro".
"Dopo il terzo grado di giudizio, che
ha confermato le condanne per le violenze nella caserma di Bolzaneto durante il
G8 del 2001, non possono più esserci dubbi" scrive, in una nota, Ermete
Realacci, del Pd, mentre Nichi Vendola, presidente di Sel, con un 'tweet'
commenta: "La sentenza di oggi ci dice due cose chiare: la prima che a
Bolzaneto e alla Diaz vennero sospesi i diritti e la civiltà democratica in una
morsa di violenza, e che ora lo Stato debba chiedere scusa alle vittime della
mattanza". "E poi -conclude Vendola - che è finalmente ora che
l'Italia introduca il reato di tortura. Solo così potremo evitare altre
vergogne come Bolzaneto e la Diaz".
Per il segretario di Rifondazione
comunista, Paolo Ferrero la sentenza dice che "a Bolzaneto è stata
praticata la tortura da parte di rappresentanti delle forze dell'ordine nei
confronti dei manifestanti". Amnesty International Italia rileva però
"come la mancanza del reato di tortura nel codice penale italiano abbia
impedito ai giudici di punire i responsabili in modo proporzionato alla gravità
della condotta loro attribuita".
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