da: Il Fatto Quotidiano
Puntuale come le tasse è arrivato il primo
grande imbroglio del governo Letta. I finanziamenti pubblici ai partiti
non saranno aboliti. A partire dal 2017, se mai il disegno di legge presentato
dall’esecutivo sarà approvato, le forze politiche incasseranno il 2 per mille
delle dichiarazioni dei redditi degli italiani. Ma attenzione: il contributo
sarà solo apparentemente volontario. Con una trovata bizantina, presa pari pari
dalle norme che regolano l’8 per mille alla chiesa, è infatti stato stabilito
che chi non dichiarerà esplicitamente di voler destinare il suo 2
per mille all’erario finirà per foraggiare lo stesso le organizzazioni
rappresentate in parlamento.
Sull’esatto ammontare della nuova rapina i
pareri divergono. Secondo molti osservatori alla fine il giochetto
potrebbe persino permettere ai partiti di incassare il doppio di oggi. Il
ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello assicura che ci sarà un tetto di
61 milioni di euro. La discussione è interessante, ma in ogni caso non coglie
il punto.
Il referendum del ’93 ha già dimostrato che
gli elettori non vogliono il finanziamento pubblico. E tutti sanno che se quel
referendum fosse riproposto avrebbe un risultato ancora più ampio. Dibattere
ancora se sia giusto o sbagliato mantenere la politica con soldi dei
contribuenti (magari approfittando della loro distrazione al momento della
compilazione dei 730) non ha quindi senso. L’abolizione va semplicemente approvata.
Da questo orecchio, però, sia Pd che
Pdl non ci sentono. Solo che i primi, con poche eccezioni, lo dicono
esplicitamente (e anche per questo hanno pareggiato le ultime elezioni
politiche). Mentre i secondi, più avvezzi alle balle spaziali, in gennaio
avevano addirittura fatto firmare a tutti i loro candidati un impegno solenne
in cui i futuri parlamentari dichiaravano che avrebbero votato il
“dimezzamento degli emolumenti” e “una legge che azzeri il finanziamento
pubblico ai partiti” (e anche per questo avevano pareggiato le elezioni).
Il risultato è il disegno di legge
definito #leggetruffa su twitter da Beppe Grillo. E basta poco per capire
che questa volta il fondatore del Movimento 5 Stelle, dopo giorni di
controproducenti e autolesionistiche sparate, ci ha preso.
L’articolato licenziato dal governo non
è un provvedimento anti-Casta, ma pro-Casta. Guardate, per esempio, il capitolo
delle nuove norme dedicato alla tanto strombazzata trasparenza.Non una riga è
dedicata alla fondazioni, diventate come è noto, il canale attraverso cui gli esponenti politici ricevono milioni
di euro da aziende e privati nell’opacità più assoluta.
Oggi salvo che le fondazioni non decidano
il contrario (e questi casi si contano sulle dita di una mano) l’elenco dei
finanziatori è segreto. Per legge. E lo resterà anche se il disegno del governo
venisse approvato.
Ora, visto che il M5S è l’unica forza
ad aver rinunciato da subito a 42 milioni di euro di rimborsi elettorali e
ad aver portato a 5000 euro lordi lo stipendio dei suoi parlamentari (diaria e
rimborsi esclusi), viene da chiedersi per quale motivo la maggioranza abbia
deciso di fornire unassist così chiaro al movimento di Grillo.
Di risposte ve ne sono parecchie. E, oltre
a quella scontata e dichiarata da più o meno tutti i tesorieri (“non possiamo
fare a meno dei soldi”), ve ne è una che spiega bene quale sia il probabile
futuro della legislatura. Pd e Pdl sono convinti di poter governare per 5
anni. E lo sono ancor di più dopo i risultati delle ultime amministrative (a
loro delle astensioni non importa nulla).
Silvio Berlusconi si rende
infatti conto che far saltare il governo potrebbe non servigli per
risolvere i suoi processi e, dati alla mano, teme che una vittoria Pdl non
sia poi così certa. Stessi timori (rispetto a nuove elezioni) li ha il Pd.
Entrambe i partiti hanno infine paura di Matteo Renzi (considerato
dalla nomenklatura democratica un corpo estraneo) e dei sondaggi che a livello
nazionale danno ancora molto alti i 5 Stelle.
Questa somma di debolezze, finisce
paradossalmente, per rendere più forte l’esecutivo. Il tirare a campare
diventa per tutti una parola d’ordine. E per campare bene, si sa, servono i
soldi. Tanti soldi. Ai voti e a nuove mirabolanti promesse elettorali, intanto,
ci si penserà più avanti.
@petergomezblog
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