Solo
per amore
I
film, la carriera da modella, la difesa degli animali. Creativa ed eclettica,
Isabella Rossellini è riuscita sempre. Grazie alla passione
di Antonio
Monda
A incontrarla, quello che colpisce
immediatamente è la luminosità del sorriso e la schiettezza con cui parla,
riuscendo ad essere in egual misura ferma, autorevole e aggraziata. Sono
caratteristiche che ricordano in maniera impressionante l’immagine che
proiettava quel mito del cinema che è stata la madre, Ingrid Bergman. Ma poi,
proprio mentre stai per adagiarti su questa inevitabile somiglianza, emerge
negli occhi, nel fisico e persino nell’accento, qualcosa che ricorda in maniera
ugualmente impressionante il padre Roberto Rossellini, a cominciare
dall’energia e la curiosità dell’intelligenza.
È sempre stata bellissima,
Isabella, ma da piccola ha sofferto molto per la scoliosi che le venne
diagnosticata quando aveva quattordici anni, e che la costrinse dentro un busto
per oltre un anno.
"È stato un trauma che mi ha segnato molto",
racconta oggi, nella sua bella casa immersa nel verde di Belport, vicino New
York, "e pochi mesi fa ho dovuto
subire una nuova operazione. Non nascondo
che mi sono spaventata, ma poi ho trasformato la convalescenza obbligata in
qualcosa di creativo, e nei mesi di semi-immobilità ho scritto, insieme a Jean
Claude Carriere, un monologo intitolato Bestiario d’amore, che sarà presentato
al Festival di Spoleto e al quale ha partecipato Muriel Mayette, direttrice
della Comédie Française, che lo firmerà con la dicitura 'avec la
complicité'".
Da ragazza sapeva certamente di avere due genitori celebri e pieni di talento,
ma non poteva affatto immaginare che sarebbe diventata una modella tra le più
famose del mondo, un’attrice al servizio di registi quali Lynch, Zemeckis, Weir
e i fratelli Taviani, una regista coraggiosa e spiritosa, un’autrice di libri
diversissimi, e un’attivista in prima linea nel campo della difesa ambientale.
"In famiglia mi prendono in giro per l’eclettismo, ma chi mi conosce bene
sa che fin da bambina ero interessata alla natura e agli animali. Ultimamente
ho cercato di trasformare questa passione in un’autentica attività: sto
prendendo un master in 'Comportamento animale' e da anni studio l’addestramento
dei cani per ciechi". Si emoziona quando parla di animali, ma l’approccio
pieno di curiosità è lo stesso che ha nei confronti del cinema, ambiente nel
quale è nata: dei film dei genitori ha parlato innumerevoli volte, ma raramente
cita il suo debutto, che avvenne accanto alla madre in un film di Vincente
Minnelli: "Si intitolava Nina, avevo il ruolo di una suora. Si girava a
Roma, e mamma lo aveva scelto per poter passare il tempo con noi. Interpretava
la contessa Casati e doveva essere truccata senza troppa cura. Su queste basi
riuscì ad imporre che se ne occupasse mia sorella, e riuscì ad averci entrambe
accanto".
All’epoca non aveva alcuna intenzione di recitare, e a 19 anni si trasferì a
New York, dove iniziò a fare la corrispondente per L’Altra Domenica di Renzo
Arbore. Ma tre anni dopo Nina si sentì chiamare per un ruolo da protagonista da
Paolo e Vittorio Taviani per Il Prato, e accettò con qualche esitazione: il
padre ammirava enormemente i due registi, e poche settimane prima di morire li
aveva premiati come presidente della giuria a Cannes con la Palma d’Oro per Padre
Padrone. "Amo Paolo e Vittorio, come le mogli Lina e Carla: li considero
famiglia, e sarò sempre grata a loro per aver creduto in me. E ammiro come
ancora adesso, superati gli ottanta anni, facciano film d’avanguardia.
Purtroppo Il Prato andò malissimo e io fui massacrata: c’era un’enorme attesa
per il debutto della figlia di Roberto Rossellini e Ingrid Bergman e io non ero
all’altezza. Per molto tempo mi sono sentita in colpa per l’insuccesso del
film".
In quello stesso periodo nacque la storia d’amore con Martin Scorsese, che
sposò nel 1979, e una delle prime cose che fecero insieme fu quella di andare e
trovare i Taviani nella loro casa di Salina, facendo tappa a Stromboli, dove il
padre e la madre di Isabella avevano girato uno dei loro film più potenti,
misteriosi e spirituali. "Di quella gita ricordo l’emozione di Martin a
riscoprire i luoghi di film che conosceva a memoria. Un giorno, vicino Panarea,
si mise a urlare, entusiasta: 'ma questo è lo scoglio che si vede ne L’Avventura'!
Nessuno al mondo lo batte come maniaco di cinema". Il matrimonio con
Martin Scorsese fu oggetto di un’enorme attenzione mediatica, e nonostante
fosse segnato da una grande passione, naufragò dopo tre anni, ma dopo un lungo
periodo di distacco i due sono riusciti a ricostruire una sincera amicizia.
Chi la conosce sa che parla raramente dei propri legami sentimentali, sia che
si tratti del secondo marito Johnathan Wiedemann, ex modello ed oggi dirigente
Microsoft da cui ha avuto la figlia Elettra, che di personalità famose come
David Lynch o Gary Oldman. È al primo che deve i ruoli più celebri che abbia
mai interpretato: Dorothy Vallens, la cantante di nightclub di Velluto Blu e
Perdita Durango, l’inquietante compagna di Bobbi Peru (Willem Dafoe) in Cuore
Selvaggio. "Il nostro è stato anche un incontro creativo: credo di aver
compreso cosa volesse esprimere con la sua arte, e ciò ha creato una simbiosi.
David è attirato dal mistero: qualcosa che va ben oltre il surrealismo. Ritiene
che la vita sia enigmatica e spesso spaventosa. Il nostro sodalizio è stato
cementato anche dal fatto che recitammo insieme in un film della nostra amica
Tina Rathborn, e in quell’occasione David mi confessò che non aveva mai capito
quanto fosse difficile recitare".
Non sono mancati altri ruoli interessanti, ma è la prima a considerare il
cinema come una delle sue tante attività. "Credo che siano tutte
legate", spiega, "tranne forse la fattoria biologica che ho a
Belport, il paese in cui vivo ormai da qualche anno. La scelta di vivere in
campagna l’ha voluta all’inizio fortemente mio figlio Robertino, oggi ventenne,
ma oggi ne sono felicissima: è stato un grande insegnamento. Come le esperienze
da modella: ho imparato ad apprezzare un mondo nei confronti del quale prima
avevo una forma di snobismo. Alcune caratteristiche di quel vissuto mi hanno
segnato anche nelle altre cose che ho fatto, come la leggerezza e la
professionalità. Inoltre il lavoro nella moda mi ha inserita in America, ed ho
imparato ad apprezzare l’abnegazione, prettamente americana, sul lavoro. È per
questo che sono felice che mia figlia faccia oggi la modella, ed ammiro il fatto
che sia riuscita a prendere parallelamente un master: io lo sto facendo
soltanto adesso, e vorrei poter dire che non l’ho fatto prima perché troppo
impegnata. La verità è che ero asina".
In questi ultimi anni ha stretto un prolifico sodalizio artistico con
l’ultra-indipendente regista canadese Guy Maddin: è lui l’autore della Musica
più triste del mondo, come di Papà compie cento anni, dedicato al padre
Roberto, in cui Isabella, dopo aver scritto la sceneggiatura, interpreta tutti
i ruoli, compresi quelli di Hitchcock, Fellini e Chaplin. Ma probabilmente il
progetto al quale ha dedicato la maggiore passione è Green Porno, una serie di
cortometraggi sul sesso degli animali, finanziati da Robert Redford attraverso
il Sundance Channel. "Sono finalmente riuscita a combinare il cinema con
il mio amore per la natura. Si tratta di film brevissimi girati con una troupe
ridotta all’osso, e mi sono convinta che avrei potuto dirigerli lavorando con
Maddin: sono le stesse dimensioni dei suoi film. Io avrei imbarazzo a dirigere
una troupe con 50 persone…". Quando capisce che questa nuova esperienza
crea un inevitabile confronto con il lavoro del padre anticipa ogni possibile
domanda: "Non oso paragonarmi ai miei genitori, e mi piace ricordarli, e
cercare di seguirli, nelle loro caratteristiche più intime: il pragmatismo di
mia madre, che diceva sempre la verità e aveva una grande purezza interiore, e
la gioia di vivere di mio padre, curioso dell’esistenza e capace di parlare con
chiunque".
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