mercoledì 12 giugno 2013

Serge Latouche: Limite /4

L’uomo occidentale si è abbandonato a una «caccia all’infinito» (secondo la felice espressione dello psicanalista Gérard Pommier). Ha realizzato il programma indicato da Francis Bacon nella Nuova Atlantide: «Far arretrare i confini dell’ìmpero umano per realizzare tutte le cose possibili». In quanto «signore e padrone della natura», cioè uguale a Dio, secondo la non meno celebre formula di Cartesio, l’uomo occidentale ha voluto rifare il mondo. La sua attività laboriosa permette di dare corpo al vecchio mito del corno dell’abbondanza. Questa attività si libera delle forze fisiche dei lavoratori, degli animali e degli aiuti naturali (vento e acqua) e diventa industriale grazie all’impiego delle macchine azionate dal fuoco. L’uomo occidentale ha creduto così di poter produrre senza limiti e di potersi affrancare dalla finitezza della riserva di risorse naturali e di energie non rinnovabili e fossili. La sua ingegnosità sfrenata, dal momento in cui è diventato ingegnere, si è creduta capace di risolvere tutti i problemi. La scienza e la tecnica avrebbero dato una risposta a tutto. Ma se l’uomo può tutto, perché dovrebbe rimanere prigioniero della camicia di forza della morale? Il diritto a godere senza nessun intralcio, conseguenza dell’abbondanza illimitata, non può che abolire tutte le
norme sulle quali si fondava la vita in società. L’iperconsumo ci libera da qualsiasi imperativo che non sia quello di consumare senza sosta. La trasgressione è proclamata come un diritto, se non come un dovere.
[…] L’illimitatezza moderna è un mostro unico e proteiforme. Per afferrarlo nella sua globalità, per tentare di contrastarlo, bisogna descriverne e analizzarne le diverse sfaccettature: limiti geografici, limiti politici, limiti culturali, limiti fisici o ecologici, limiti economici, limiti della conoscenza, limiti morali. Se ne potrebbero elencare molti altri: il limite tra il reale e il virtuale, tra l’umano e il non umano, tra l’io e l’altro, tra giustizia e ingiustizia, tra diritto e non diritto, tra civiltà e barbarie, tra guerra e pace ecc. In effetti ci sono diversi prismi per osservare questo oggetto multiforme, a seconda che si parta dalle frontiere o dalla trasgressione, ma tutte le impostazioni più o meno coincidono e sono a loro volta arbitrarie. L’approccio che noi proponiamo ha il vantaggio della semplicità, e corrisponde abbastanza all’ordine della scoperta storica dei limiti da parte dell’Occidente. Malgrado l’assurdità anche delle frontiere così definite, l’approccio transdisciplinare, quanto mai necessario e giustificato, è la cosa che la nostra modernità trova più difficile da concepire.


Nessun commento:

Posta un commento