da: Il Fatto Quotidiano
Stefano
Cucchi: lettera aperta al Senatore Giovanardi
di Nicoletta
Vallorani
Gentile
Senatore Giovanardi,
Ho aspettato qualche giorno. Scrivere in
preda alla rabbia non è mai una buona cosa. Ho aspettato qualche giorno, ma il
senso di una violazione profonda è rimasto intatto. Perciò adesso voglio
parlarle di Stefano Cucchi e di com’è finita, almeno provvisoriamente
ovvero in attesa dell’appello, la disanima giuridica dei fatti
misteriosi che si sono susseguiti nelle ore tra il 15 e il 16 ottobre
2009, e che hanno condotto alla morte di una persona. Anche mettendo in conto
che abbia commesso delitti innominabili (cosa che palesemente non è), dobbiamo
considerare la sua morte come un evento luttuoso e il dolore e la rabbia della
famiglia come degni di rispetto. Dunque forse lei, che dal suo scranno in
parlamento ha seguito con loquace attenzione l’intera vicenda, può spiegarmi
perché, alla lettura della sentenza, alcuni in aula si sono sentiti
autorizzati ad alzare il dito medio, trionfanti, rivolgendosi ai familiari di
Cucchi. I giornali, alcuni giornali certamente estremisti e faziosi,
dicono che siano stati gli imputati a farlo.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa lei, che
è così prodigo di commenti in queste circostanze. Lo è stato anche all’epoca
della sentenza sui fatti di Genova, quando esprimeva, sul sito del
suo partito, la sua profonda insoddisfazione per la sentenza di Cassazione,
“che ha decapitato i vertici della Polizia di Stato, abbia soddisfatto la
richiesta di giustizia sui fatti di Genova (…) Il bilancio, dopo 11 anni,
infatti, è che nessuno di coloro che hanno messo a ferro e fuoco Genova per due
giorni o si sono resi direttamente responsabili delle violenze alla Scuola
Diaz, ha pagato per le sue colpe, mentre i più brillanti e capaci dirigenti
della Polizia in prima linea contro la criminalità, dovranno andare a casa per
un reato di falso aggravato per il quale erano stati assolti in primo grado.
Con tutto il rispetto per le sentenze, penso che i veri danneggiati da questo
esito giudiziario siano l’Italia e gli Italiani onesti”. Si tranquillizzi,
senatore, ora come allora: i diritti degli italiani onesti vengono
violati ogni momento, e direi che in buona misura questo accade per mano di chi
è stato votato per governare, e dunque a questi diritti rispondere.
Oggi, a proposito della sentenza sulla
morte di Cucchi lei ammette che la vittima – perché questo è:
chiamiamo le persone col loro nome – aveva molti e incontrovertibili segni sul
corpo. Ci sono le foto. E tuttavia aggiunge, di certo sulla base di una
competenza maturata nelle spartane salette degli obitori che probabilmente
frequenta, che “quelle ecchimosi sono derivanti dalla mancanza di
nutrizione nella quale è stato lasciato per giorni. Tutti i segni,
comprese le orbite negli occhi, sono il risultato della situazione in cui è
stato lasciato. Delle botte degli agenti di custodia non ci sono prove”.
Personalmente, da donna comune, penso che
basterebbe il dubbio che possa essere accaduta una cosa del genere a
rendere gli agenti in questione del tutto inadatti a onorare il nome del corpo
nel quale hanno scelto di servire. Ma tant’è: sono una donna semplice, e nulla
so delle complessità della politica. Lei invece, senatore, è una vertigine di
conoscenza. Perciò, non pago della lancinante certezza che le deriva dal suo
profilo scientifico, prosegue affermando che “il povero Cucchi aveva una vita
segnata dall’uso e dallo spaccio di droga. Era vittima della droga ed era stato
ricoverato 16 volte con lesioni per vicende sue personali che derivavano dal
mondo che frequentava. Quelle foto agghiaccianti sono di una persona non curata
per una settimana, senza mangiare e bere”.
E forse si appoggia a Francesca Loy che,
nella requisitoria finale, dichiara che “Cucchi era tossico da vent’anni”. Il
che, oltre a identificare l’inizio della tossicodipendenza a 11 anni (una
precocità straordinaria, non vi è dubbio), naturalmente spiega come uno si
prenda a pugni da solo e cada ripetutamente e malamente, e soprattutto spontaneamente.
Cadono come foglie autunnali, itossicodipendenti, e quando muoiono, muoiono da
soli, senza l’intervento di agenti – istituzionali e non – esterni. Lei ha
molto a cuore la situazione tragica di tossicodipendenti di ogni ordine, grado
e misura, tant’è che, il 21 ottobre 2008, ha incontrato Don Gallo e
gli ha chiesto di diventare testimonial per una campagna pubblicitaria contro
le droghe leggere. Sempre droghe sono, no? E ildivieto alimenta un giro di
denaro che fa bene a ogni economia, ma questo, lei ha ragione, è un altro
discorso, che di sicuro non c’entra. Ed è rassicurante pensare che, appena un
anno dopo, l’incresciosa, tragica e autolesionista avventura di Stefano Cucchi
abbia confermato la sua preoccupazione ecumenica per i
tossicodipendenti. I poveretti non sono in grado di badare a se stessi, e quel
che è peggio, col loro comportamento autolesionista, finiscono per mettere nei
guai gente per bene.
Questo deve disturbarla molto, poiché, nel
suo ruolo di senatore dello Stato (cioè pagato da noi), dopo la sentenza lei
esprime “soddisfazione per tre poveri cristi agenti di custodia che
guadagnano 1200 euro al mese e hanno vissuto quattro anni di inferno fino a quando
un tribunale li ha riconosciuti innocenti”. Evento che i nostri eroi parrebbero
aver festeggiato con un gesto di cristallina dignità e di indubbio rigore: il
dito medio, appunto. Ha ragione, senatore: 1200 euro sono pochi, e anche quelli
li paghiamo noi. Però, senatore, perdoni l’insipienza, ma non avrebbe più senso
battersi, che so, per aumenti di stipendio e migliori condizioni di lavoro per
i molti agenti che fan bene il loro mestiere? Oppure per una selezione più
accurata delle persone cui mettere addosso una divisa e assegnare una pistola e
altri armamentari assortiti?
Non è che devo autorizzare il malfunzionamento delle
forze dell’ordine perché son pagate poco; al più, posso ammirare gli eroi, che
a dispetto dello stipendio, fanno bene il loro mestiere. E di eroi di
questo tipo, mi creda, ce ne sono molti in ogni categoria di statali, di solito
del tutto ignorati. In ogni dove, senatore. Tranne, purtroppo, che in
Parlamento.
E la prego, senatore Giovanardi, non mi
risponda: “Questo purtroppo non dipende da me”. Noi italiani questo ce lo
sentiamo ripetere ogni momento, da individui in ogni gradino della scala
evolutiva delle amministrazioni pubbliche e delle gerarchie politiche. Lei è
pagato, e profumatamente, per assumersi delle responsabilità. La sorte non
percepisce stipendio. E quella è cieca, sorda, muta e anche un po’ bastarda.
Ma con la sorte la morte di Stefano Cucchi
non ha proprio nulla a che fare.
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