mercoledì 7 novembre 2012

Tv, frequenze: Rai e Mediaset fuori dall’asta tv, così “suggerisce” l’U.E


da: Milano e Finanza

Rai e Mediaset fuori dall’asta tv
Così i criteri di assegnazione delle frequenze digitali vengono capovolti rispetto al beauty contest. Domani la palla passa all’Agcom  
di Roberto Sommella

Rai e Mediaset escluse dalla gara di assegnazione delle frequenze tv. E’ questo il suggerimento della Commissione europea, che ha steso un parere, rivelato a MF-Milano Finanza, sulla bozza del provvedimento che l’Autorità per le comunicazioni sta predisponendo per la gara commerciale sui Megahertz del sistema digitale terrestre. L’indiscrezione clamorosa rischia di capovolgere lo schieramento di partenza dei vari contendenti (soggetti già operanti sulla piattaforma digitale, televisioni analogiche storiche, nuovi entranti) per i multiplex (mux) che l’esecutivo Monti conta di assegnare nel prossimo anno, rispetto a quello previsto dal vecchio beauty contest del governo Berlusconi. Nella prima versione dell’assegnazione delle frequenze, infatti, sconfessata a inizio anno da Palazzo Chigi, il beauty contest prevedeva l’assegnazione gratuita delle frequenze a tutti gli operatori: in ballo c’erano Rai, Mediaset, Telecom Italia, l’Espresso e tutti i soggetti che sarebbero voluti entrare nella nuova piattaforma televisiva, come per esempio Sky, che però annunciò di uscire dalla contesa perché non convinta dei criteri messi a punto dal ministro dello Sviluppo dell’epoca, Paolo Romani. Ora la bozza di provvedimento, che dovrà comunque essere messa in consultazione pubblica alla fine di novembre dopo una riunione prevista per domani all’Agcom, mette un tetto al numero di multiplex (sistemi di canali) che i futuri concorrenti potranno possedere: chi ne ha
cinque non potrà partecipare alla gara. Si dà il caso che sia Rai che Mediaset sono già a quota cinque mux, avendo viale Mazzini cinque multiplex digitali e Cologno Monzese quattro multiplex più un mux in tecnica Dvbh, quella che sarebbe dovuta servire al videotelefonino (che non ha mai preso piede in Italia) e che può essere convertita in digitale (Dvbt). Stante questo limite, che se confermato potrebbe essere impugnato dai due colossi dell’etere italiano di fronte al Tar, i protagonisti del duopolio rimarrebbero a bocca asciutta, mentre tutti gli altri, da Prima Tv a NewsCorp passando per Telecom e gruppo Espresso, potranno partecipare all’asta.

L’asta, che è destinata a creare scompiglio nel già febbrile mondo della televisione, scosso dai possibili accordi esteri per Mediaset Premium e dai probabili rafforzamenti dell’alleanza Sky-Espresso, prevederebbe un valore di circa 20 milioni di euro di base d’asta per il lotto delle frequenze (si tratta di tre mux) che fanno coprire più del 95% del territorio e che garantiscono un diritto d’uso fino a dicembre 2017. Dovrebbe essere prevista una partenza più consistente, intorno ai 50 milioni, per i Megahertz che danno copertura fino all’85% del territorio ma che permettono la fruizione dei diritti d’uso fino al dicembre del 2032 (anche in questo caso tre mux). L’incasso previsto per lo Stato potrebbe aggirarsi intorno a 500 milioni di euro ma dovrebbe tenersi lontano dal miliardo precedentemente stimato da Mediobanca e da quanto incassato dall’Erario tramite la vendita delle frequenze telefoniche (4 miliardi).
Nel concreto, il presidente dell’Agcom, Angelo Marcello Cardani, e i suoi quattro colleghi di collegio dovranno decidere se assecondare queste indicazioni procedurali dell’Ue o ribaltarne le finalità. Da domani la guerra sulle tv si fa quindi più infuocata.

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