mercoledì 4 aprile 2012

La musica di Vasco conquista la Scala, domani sera in onda su Rai5



"Vasco, Vasco", lui non c'è ma conquista la Scala
Sei minuti di applausi per il balletto realizzato sulle musiche del rocker
di Sergio Trombetta

Al momento degli applausi Vasco non si fa vedere, ma si sapeva. E così neppure la coreografa, Martha Clarke, esce a prendere gli applausi, che sono scroscianti e convinti (per sei minuti). Perché è sicuramente un successo L’altra metà del cielo, il balletto costruito su tredici canzoni di Vasco Rossi, riorchestrate da Celso Valli e ricantate da Vasco, che ha visto impegnate tre coppie di solisti della Scala con il corpo di ballo.

Così dopo i Pink Floyd altra musica rock entra alla Scala. Operazione più complessa e ardita questa. Mentre un po’ di anni fa il coreografo francese Roland Petit si era limitato a mettere in danza, con effetto strepitoso, una serie di pezzi del gruppo inglese, qui c’è stata una riscrittura dei brani del rocker di Zocca . E soprattutto la volontà da parte di Vasco, assistito da Stefano Salvati, di dare vita a una drammaturgia, mettere in scena, attraverso, le loro vicende umane che ne mutano il carattere, tre figure femminili tratte dall’universo canoro del rocker: Albachiara, Silvia e Susanna.

Per dare una veste gestuale al mondo di Vasco è stata chiamata Martha Clarke, americana, fra i fondatori di Pilobolus, famosa per uno spettacolo che fece furore all’epoca, dedicato al Giardino delle delizie di Bosch e che ha accettato la corvée di restare nel cono d’ombra. Chi vuoi che pensi a Martha se tutti gli occhi son puntati su Vasco?

E bisogna dire che è proprio la pochezza dell’aspetto coreografico quello che salta agli occhi di un balletto
costruito con dovizia di interventi: belle le scene di Robert Israel e i costumi di Nanà Cecchi. Mentre l’orchestrazione di Celso Valli pecca di ingenuità, risulta un po’ presuntuosa, riduce tutto a una marmellata sinfonica fra arpeggi di pianoforte e grandi sviolinate post-tutto.

L’idea di Vasco è di costruire i caratteri di tre donne col procedere delle canzoni. Ma la costruzione alla fine è un po’ meccanica: una canzone a me, una a te e una all’altra per quattro volte. Più un finale per tutti. Per trasformare tutto questo in linguaggio coreografico dal senso compiuto ci vorrebbe un coreografo che dà il meglio di sé nel modulare i passi a due, dalla disperazione, all’abbandono, al sesso. Per esempio il nostro Mauro Bigonzetti. Mentre la Clarke dimostra di trovarsi meglio nelle scene di insieme, dal passo più ampio e pittorico.

Suite di danze nel 900 se ne sono viste molte. Da Nine Sinatra Songs di Twyla Tharp per Baryshnikov a Who cares di Balanchine su Gershwin. Le canzoni di Vasco son belle, piacciono e richiameranno molto pubblico quando lo spettacolo, come c’è da augurarsi, girerà. Domani sera intanto sarà trasmesso alle 21,15 su Rai5.

Chi ne esce bene sono i danzatori (Sabrina Brazzo, Beatrice Carbone, Stefania Ballone, Andrea Volpintesta, Antonino Sutera, Matteo Gavazzi e compagnia) che han l’aria di potersi scatenare in libera uscita e mettere in luce i propri talenti.

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