Norme antiriciclaggio: è la Santa sede a imporre le
sue condizioni all’Italia
In un documento riservato, il rifiuto del Vaticano a
dare informazioni allo Stato per le vicende antecedenti al primo aprile 2011,
ovvero da quando è entrato in vigore il nuovo organismo per la trasparenza
finanziaria voluto da Papa Benedetto XVI
Il Vaticano sta
prendendo per il naso da mesi la giustizia e la Banca d’Italia. Il Governo
Monti dovrebbe fare la voce grossa e ottenere il rispetto degli impegni assunti
in materia di antiriciclaggio, ma c’è un piccolo particolare: il ministro della
Giustizia, che dovrebbe essere in prima linea in questa battaglia, è stato
l’avvocato del presidente della banca vaticana (lo IOR) Ettore Gotti
Tedeschi. La linea del Vaticano in questa materia non corrisponde affatto
alle promesse di trasparenza contrabbandate in pubblico. Lo dimostra un documento che Il Fatto pubblica in
esclusiva (leggi).
Si intitola “Memo
sui rapporti IOR-AIF” ed è un documento ‘confidenziale’ e ‘riservato’
circolato negli uffici del Papa e della Segreteria di Stato e
annotato a penna da una mano che – secondo gli esperti di cose Vaticane –
potrebbe essere quella di monsignor Georg Ganswein, il segretario di
Benedetto XVI. E’ stato scritto da un personaggio molto in alto che si può
permettere di sottoporre la sua analisi ai vertici del Vaticano. Al di là di
chi sia l’autore, il ‘memo’ dimostra che il Papa, il segretario di Stato Tarcisio
Bertone, il presidente dello AIF, l’autorità di controllo antiriciclaggio, Attilio
Nicora e i vertici dello IOR sono tutti a conoscenza della linea sul
fronte antiriciclaggio che si può sintetizzare così: non si deve collaborare
con la giustizia italiana per tutto quello che è successo allo IOR fino
all’aprile 2011.
Il ‘Memo’, come
dimostrano le note appuntate a penna dalla segreteria
del Santo Padre, è stato
“Discusso con SER (Sua Eminenza Reverendissima) il Cardinale Bertone il 3
novembre” 2011.
L’autore della
nota, favorevole a una maggiore apertura verso Bankitalia e le
Procure, aggiunge: Bertone “si è trovato d’accordo sulle mie considerazioni!
Incontrerà SER il cardinale Attilio Nicora (Presidente dell’AIF) e il
direttore AIF (Francesco Ndr) De Pasquale“. Il memo, così annotato, è
stato poi girato, al presidente dello IOR e al direttore dell’AIF. Basta
scorrere il testo per capire la rilevanza della partita in gioco: “Dall’entrata
in vigore della legge vaticana anti-riciclaggio, avvenuta il primo aprile 2011,
si sono tenuti numerosi incontri tra lo IOR e l’AIF (Autorità creata dalla
nuova legge del Vaticano, ndr), rivolti da una parte a dimostrare alla nuova
Autorità le iniziative intraprese per l’adeguamento delle procedure interne
alle misure introdotte dalla legge….”
In questa prima
parte il memo ripercorre la vicenda del mutamento della normativa
antiriciclaggio, intervenuto sotto la spinta dell’indagine della Procura di
Roma. Il pm Stefano Rocco Fava e il procuratore aggiunto Nello
Rossi – a settembre del 2010 – avevano sequestrato 23 milioni di euro che
stavano per essere trasferiti dal conto dello IOR presso il Credito Artigiano
alla Jp Morgan di Francoforte (20 milioni di euro) e alla Banca del Fucino (3
milioni) e aveva indagato il presidente IOR, Ettore Gotti Tedeschi e
il direttore Cipriani. Secondo i pm, lo IOR si era rifiutato di
dire “le generalità dei soggetti per conto dei quali eventualmente davano
esecuzioni alle operazioni”. Cioé chi era il reale proprietario dei soldi.
Dalle indagini
della Guardia di Finanza emergeva un quadro inquietante: lo IOR mescolava sul
suo conto al Credito Artigiano i 15 milioni di euro provenienti dalla
CEI, e frutto dell’8 per mille dei contribuenti italiani, con fondi di soggetti
diversi. Non solo: da altre operazioni emergeva che lo IOR funzionava come una
fiduciaria e i suoi conti erano stati usati per schermare persino i proventi di
una presunta truffa allo Stato italiano realizzata dal padre e dallo zio
(condannato per fatti di mafia) di don Orazio Bonaccorsi.
Di fronte a un
simile scenario, i pm romani si erano opposti al dissequestro dei 23 milioni di
euro nonostante le dotte motivazioni dell’avvocato del presidente dello IOR, il
professor Paola Severino. Il ministro ora ha lasciato lo studio e si è
cancellato dall’Albo, anche se non ha comunicato alla Procura chi la sostituirà
nella difesa di Gotti Tedeschi. A sbloccare la situazione comunque non fu
l’avvocato Severino ma il Papa in persona. Con una Lettera Apostolica per
la prevenzione e il contrasto delle attività illegali in campo finanziario il
30 dicembre 2010, Benedetto XVI ha istituito l’Autorità di
informazione finanziaria (AIF), per il contrasto del riciclaggio. I pm romani
motivarono così il loro parere favorevole al dissequestro nel maggio 2011:
“L’AIF ha già iniziato una collaborazione con l’UIF fornendo informazioni
adeguate su di un’operazione intercorsa tra IOR e istituti italiani e oggetto
di attenzione”.
Peccato che, un
minuto dopo essere rientrato in possesso dei suoi 23 milioni, lo IOR ha
cambiato completamente atteggiamento. Tanto che in Procura non si nasconde il
disappunto per quel dissequestro “sulla fiducia”. Ora si scopre che la
giravolta vaticana è una scelta consapevole delle gerarchie, come spiega lo
stesso ‘memo’ discusso dai cardinali Nicora e Bertone e dallo stesso
Gotti Tedeschi. “L’AIF (….) ha inoltrato allo IOR alcune richieste di
informazioni relative a fondi aperti presso l’Istituto, cui quest’ultimo ha
corrisposto, consentendo tra l’altro lo sblocco dei fondi sequestrati dalla
Procura di Roma (….) Ultimamente, tuttavia la Direzione dell’Istituto ha
ritenuto di riscontrare le richieste dell’AIF – relative ad operazioni sospette
o per le quali sono in corso procedimenti giudiziari – fornendo informazioni
soltanto su operazioni effettuate dal primo aprile 2011 in avanti.
Nel corso dell’ultimo incontro tra IOR e AlF del 19 ottobre u. s. tale
posizione è stata sostenuta dall’Avv. Michele Briamonte (dello studio
Grande Stevens, ndr), sulla base di un generale principio di irretroattività
della legge, per il quale le misure introdotte dalla legge antiriciclaggio,
(….) non possono valere che per l’avvenire”.
Questa linea
interpretativa, ovviamente, ostacola enormemente il lavoro degli investigatori
italiani e l’Aif ne è consapevole tanto che, come si evince dal memo, ha
ribadito “il proprio diritto/dovere ad accedere a tutti i dati e le
informazioni in possesso dello IOR (…) motivando tale posizione con
argomentazioni attinenti alla lettera e alla ratio della legge, al rispetto
degli standard internazionali cui la Santa Sede ha aderito, allo
svuotamento dell’effettività della disciplina appena introdotta, al rischio di
una valutazione negativa dell’organismo internazionale chiamato a esaminare il
sistema Vaticano di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del
terrorismo”. Purtroppo l’operazione trasparenza era solo uno specchietto per le
allodole. Nel frattempo il Vaticano ha spostato la sua operatività
dalle banche italiane alla JP Morgan, soprattutto a Francoforte. La banca
americana ha però un solo sportello (non accessibile alla clientela comune) a
Milano, che è già finito, da quello che risulta al Fatto, nel mirino
dell’attività ispettiva della Banca d’Italia. E così il 25 gennaio è stato
pubblicato un decreto pontificio che ha ratificato tre convenzioni contro il
riciclaggio. Sembra ci sia anche un articolo sull’obbligo di “adeguata
verifica” prima del fatidico primo aprile. In Procura però stavolta non si
fidano.
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