giovedì 2 febbraio 2012

Fiction ‘La vita che corre’: una riflessione amara sul nostro mondo con un pizzico di soap

da: Avvenire

Quando la fiction aiuta a riflettere
di Mirella Poggialini

Un tema scottante, con implicazioni che di solito si evitano, quello delle “stragi del sabato sera”. E ben fa la Rai – che ha già affrontato il tema attuale delle separazioni matrimoniali in una precedente fiction – a proporre una vicenda nella quale la crudezza della cronaca non viene velata con buonismo inopportuno. Peccato che La vita che corre, che lunedì ha portato a Raiuno 6 milioni di spettatori (share 20,58%), saliti martedì a 6.340.000 (share 22,15%), abbia impegnato un cast  con alcuni efficaci protagonisti in una soap dall’andamento prevedibile, in cui la forza dei temi e delle situazioni si è spesso stemperata in sceneggiatura mielosa. Perché Enzo Decaro, il padre-insegnante che scopre con angoscia un mondo che dovrebbe conoscere e che invece ignora, è una figura convincente, così come il figlio perfettino, il giovane medico che finge una moralità tutta ambigua, un bravo Flavio Parenti: altri personaggi invece echeggiano stereotipi delle serie popolari e risultano meno persuasivi. Ed è invece la duplicità di quanto appare a rendere vera la storia: perché il figlio “sbandato”, quello che muore nell’incidente, è il colpevole sottolineato, drogato e spacciatore, ma è soprattutto il fratello maggiore, l’inappuntabile dottorino, suo complice ben mascherato, a rendere la complessità di una situazione nella quale il rapporto con la droga – sovente causa degli incidenti stradali che fanno strage di giovani – risulta sfaccettata e sfumata da un’accettazione sociale (non se ne parla, si compatisce e non si condanna) che è invece indiretta permissività. Resta il fatto che la storia, narrata con molti elementi tratti dalla cronaca quotidiana da Fabrizio Costa, colpisce per la sua attualità e per i problemi che pone: lo “sballo” dei giovani, il denaro facile, l’incomprensione dei genitori che sfuggono a verità penose. Una storia dura e forse anche utile, come riflessione amara sul nostro mondo. 

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