Beauty Contest ora fuori
i soldi
di Stefano Carli
La formula è stata trovata: le frequenze del Beauty Contest saranno
assegnate sì con un’asta competitiva, ma sarà un’asta "low cost".
L’effetto dal punto di vista della comunicazione è assicurato, anche perché la
formula individua il nodo politico: Passera si è impegnato in tv a bloccare il
regalo di una frequenza a Mediaset (e anche a Rai e Telecom) e quindi quello è
il punto di non ritorno. Le frequenze si dovevano pagare e si pagheranno. Già,
ma quanto? Salvato il principio non si è ancora arrivati che a metà del guado.
Il Beauty Contest è uno dei più grossi e intricati pasticci lasciati in eredità
dal governo Berlusconi. E pensare che se nei dintorni di Arcore non si fossero
intestarditi tanto a voler bloccare Sky a tutti i costi (l’allora ministro
Romani ne fece una vera battaglia) a quest’ora il "concorso di
bellezza" sarebbe già nell’agenda delle cose fatte da un anno o giù di lì.
E invece arrivati a questo punto è diventato un passaggio davvero difficile da sciogliere. Anche perché è nel frattempo diventato uno degli snodi politici del governo. Che ha fatto digerire pensioni e lavoro alla sinistra e per ora solo l’evasione fiscale al centro destra.
E invece arrivati a questo punto è diventato un passaggio davvero difficile da sciogliere. Anche perché è nel frattempo diventato uno degli snodi politici del governo. Che ha fatto digerire pensioni e lavoro alla sinistra e per ora solo l’evasione fiscale al centro destra.
Quindi, la sorte del Beauty Contest è segnata. Entro due settimane, in
tempo per rispettare il termine del 19 aprile, scadenza della sospensione
decisa da Passera, il governo emanerà un qualche atto che lo cancellerà per
sempre. L’altra possibilità, una proroga, verrebbe vista come un tentennamento
da parte del duo MontiPassera su una materia importante come le tv e sembra
ormai fuori questione.
Il Beauty Contest è morto, viva l’asta low cost. E qui si ricomincia. Il
tempo però non mancherà.
In questa materia il governo decide e l’AgCom dispone.
Vuol dire che una volta presa la decisione la palla passerà all’Autorità di
settore per mettere a punto il nuovo meccanismo di assegnazione. E ci sarà il
tempo per sciogliere questo ultimo nodo. Il prezzo. sul resto sembra invece che
una quadra sia stata trovata. Complice anche il fatto che negli ultimi mesi
molte cose stanno cambiando nello scenario tv italiano. E soprattutto sta
cambiando Mediaset.
Se il Biscione di questo inizio 2012 riesce a dare il benservito a
Emilio Fede nel giro di 24 ore vuol dire che a Cologno Monzese molti tabu
scricchiolano. E uno di questi riguarda proprio le frequenze. La nuova
strategia di Mediaset ne ha meno bisogno perché punta ad arricchire la sua pay
tv con nuovi contenuti on demand piuttosto che aumentando l’offerta di singoli
canali. E scommette, per la prima volta, in modo deciso su Internet. Risultato:
se domani Mediaset avesse per le mani un nuovo multiplex, dove far passare tra
i 4 e i 6 canali, che ne farebbe? Se li usasse per la pay, che ancora oggi non
è in pareggio di conto economico, dovrebbe mettere in bilancio un ulteriore
appesantimento dei costi di acquisizione di contenuti pregiati. Se li usasse
per il "chiaro" rischierebbe ulteriormente di frantumare l’audience e
questo non va bene perché quello che oggi perde sui tre canali tradizionali in
termini di fatturato pubblicitario non viene recuperato dai nuovi canali
digitali. E infatti si vede come Mediaset tra i canali in chiaro faccia una
selezione. Spinge Iris e Boing (tra l’altro questo in comproprietà con Turner)
mentre La5, Extra e ItaliaDue sono un po’ abbandonati a se stessi.
Tutto questo per dire che all’addio ufficiale al Beauty Contest da Cologno arriveranno alti lai ma sotto sotto non si stracceranno le vesti. Questo però è un problema in più per il governo. Se si fa l’asta, chi partecipa. E quanto è disposto a pagare? La partita si fa complicata. Vediamo gli strumenti sul tavolo del governo.
Le frequenze da assegnare sono 6. Tre sono pronte subito e buone: sono i canali 54, 55 e 58 (quest’ultimo è quello che Mediaset si era fatta assegnare pro tempore a titolo sperimentale) E sono i canali che erano stati tolti proprio a Telecom, Mediaset e Rai per portare il dividendo digitale dal2 a 5 multiplex. Le altre tre
frequenze sono un po’ più difficili da usare. Una è il canale 6 della banda
Vhf, che oggi usa solo la Rai, in modo disordinato e la Europa 7 di Francesco
Di Stefano: una gran quantità di utenti per prenderla dovrebbe riorientare le
antenne di casa. Infine ci sono i canali 23 e 28: «Sono ottimi dal punto di
vista televisivo, meglio anche di quelli tra 50 e 60 spiega Antonio Sassano,
uno dei maggiori esperti di frequenze d’Italia Solo che per poterne disporre
pienamente bisognerebbe procedere a un riassetto di tutto l’etere italiano.
Sarebbe un costo, ma aprirebbe finalmente la strada ad un utilizzo più
razionale e più redditizio di tutta la risorsa radioelettrica e permetterebbe
anche di liberare qualche frequenza in più».
Ma non è ancora tutto. I canali da51
a 60 infatti stanno per cambiare destinazione d’uso.
Entro un paio di anni Bruxelles dovrebbe deciderne l’assegnazione in esclusiva
alla telefonia mobile per rispondere alla fame di banda larga sulle reti
cellulari per alimentare smartphone e tavolette e sistemi mobili M2M. Insomma,
non si possono fare oggetto di una assegnazione ventennale, come dovrebbe
essere di norma, perché al più tarda dal 20172018 le tv che ancora
trasmettessero su quelle frequenze dovrebbero lasciarle.
L’idea che si sta facendo strada al ministero dello Sviluppo economico è allora quella di una gara a doppia corsia. Le frequenze 54, 55 e 58 sarebbero oggetto di una concessione ventennale solo se ad aggiudicarsele fosse una telco. Se invece è una tv la durata sarebbe fissata in automatico alle scadenze fissate dall’Ue per l’assegnazione alle telco (da notare che quella frequenza non potrebbe funzionare per i cellulari in tutta Europa e per la tv in Italia perché ci sarebbero troppe interferenze, assicurano gli ingegneri). Le altre tre frequenze più "basse" verrebbero assegnate per i 20 anni di prammatica.
Facile a dirsi, ma a farsi molto meno. Le frequenze "basse" vanno liberate e per farlo bisogna che la Rai abbia soldi da investirci. E su quelle alte, è sicuro che le telecom sarebbero pronte a tornare a gareggiare in una nuova asta competitiva dopo aver speso 4 miliardi appena lo scorso ottobre? Difficile. E poi Telecom la sua frequenza la vorrebbe gratis. O meglio, vorrebbe riavere quella che ha "conferito" , la 54, assieme a Rai e Mediaset per rimpolpare il tesoretto frequenziale del dividendo digitale. Telecom ha un ricorso dormiente al Tar che, se venisse accolto, potrebbe proprio portare alla restituzione di quella frequenza.
Ma frequenze gratis non si possono dare. Passera non può smentire se stesso. Ma c’è un margine. Quest’anno si conclude la digitalizzazione delle tv. Dall’autunno, "switchate" Sicilia e Calabria, non ci saranno più canali analogici. E con loro sparisce anche il canone concessorio che tutte le emittenti hanno finora pagato allo Stato in misura dell’1% del fatturato. Niente di miliardario, la bolletta annuale di Mediaset si aggira su poco più d 30 milioni. Nulla di strano che il canone venga reintrodotto anche sulle nuove frequenze digitali. E magari l’asta potrebbe corrispondere all’anticipo di un congruo numero di anni di canone. E’ un meccanismo sperimentato anche con l’asta da 4 miliardi delle telco. Che pagano ora ma poi, per i venti anni, non pagano più. Tra pubblicità tv in calo, investimenti in nuove reti a banda larga in corso, passaggi obbligati giuridici e legislativi mettere in piedi questa macchina di assegnazione non sarà una cosa facile. Ma una volta salvato il principio e buttato via il Beauty Contest nessuno avrà certo più fretta.
Tutto questo per dire che all’addio ufficiale al Beauty Contest da Cologno arriveranno alti lai ma sotto sotto non si stracceranno le vesti. Questo però è un problema in più per il governo. Se si fa l’asta, chi partecipa. E quanto è disposto a pagare? La partita si fa complicata. Vediamo gli strumenti sul tavolo del governo.
Le frequenze da assegnare sono 6. Tre sono pronte subito e buone: sono i canali 54, 55 e 58 (quest’ultimo è quello che Mediaset si era fatta assegnare pro tempore a titolo sperimentale) E sono i canali che erano stati tolti proprio a Telecom, Mediaset e Rai per portare il dividendo digitale dal
Ma non è ancora tutto. I canali da
L’idea che si sta facendo strada al ministero dello Sviluppo economico è allora quella di una gara a doppia corsia. Le frequenze 54, 55 e 58 sarebbero oggetto di una concessione ventennale solo se ad aggiudicarsele fosse una telco. Se invece è una tv la durata sarebbe fissata in automatico alle scadenze fissate dall’Ue per l’assegnazione alle telco (da notare che quella frequenza non potrebbe funzionare per i cellulari in tutta Europa e per la tv in Italia perché ci sarebbero troppe interferenze, assicurano gli ingegneri). Le altre tre frequenze più "basse" verrebbero assegnate per i 20 anni di prammatica.
Facile a dirsi, ma a farsi molto meno. Le frequenze "basse" vanno liberate e per farlo bisogna che la Rai abbia soldi da investirci. E su quelle alte, è sicuro che le telecom sarebbero pronte a tornare a gareggiare in una nuova asta competitiva dopo aver speso 4 miliardi appena lo scorso ottobre? Difficile. E poi Telecom la sua frequenza la vorrebbe gratis. O meglio, vorrebbe riavere quella che ha "conferito" , la 54, assieme a Rai e Mediaset per rimpolpare il tesoretto frequenziale del dividendo digitale. Telecom ha un ricorso dormiente al Tar che, se venisse accolto, potrebbe proprio portare alla restituzione di quella frequenza.
Ma frequenze gratis non si possono dare. Passera non può smentire se stesso. Ma c’è un margine. Quest’anno si conclude la digitalizzazione delle tv. Dall’autunno, "switchate" Sicilia e Calabria, non ci saranno più canali analogici. E con loro sparisce anche il canone concessorio che tutte le emittenti hanno finora pagato allo Stato in misura dell’1% del fatturato. Niente di miliardario, la bolletta annuale di Mediaset si aggira su poco più d 30 milioni. Nulla di strano che il canone venga reintrodotto anche sulle nuove frequenze digitali. E magari l’asta potrebbe corrispondere all’anticipo di un congruo numero di anni di canone. E’ un meccanismo sperimentato anche con l’asta da 4 miliardi delle telco. Che pagano ora ma poi, per i venti anni, non pagano più. Tra pubblicità tv in calo, investimenti in nuove reti a banda larga in corso, passaggi obbligati giuridici e legislativi mettere in piedi questa macchina di assegnazione non sarà una cosa facile. Ma una volta salvato il principio e buttato via il Beauty Contest nessuno avrà certo più fretta.
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