Confalonieri: «Ci
attaccate per favorire Sky»
L'ira di Mediaset
contro il Financial Times: «Un’arroganza che sfiora il razzismo»
di Antonella De Gregorio
Nuove scintille
tra Mediaset e Sky. Impacchettate in una pesante replica a firma del presidente
Mediaset, Fedele Confalonieri, ospitata sul Financial Times di oggi, tra le
lettere al giornale. Un colonnino in risposta a un pezzo al vetriolo del giornalista finanziario Tony Barber,
pubblicato il 25 maggio scorso sul quotidiano della City. Ad accendere la
miccia, un'impietosa analisi che illustra i guai finanziari di Mediaset. Le
cui azioni, spiega Tony
Barber, sono crollate del 60
per cento, nell'ultimo anno, toccando il livello più basso dal debutto in
Borsa, nel 1996, a
quota 1,31 euro.
L'articolo
ricostruisce, in una potente sintesi, ascesa, fortune e declino del gruppo. Non un mero problema ciclico, imputabile alla crisi economica e alla
contrazione della raccolta pubblicitaria in Italia e Spagna, i due principali
mercati del gruppo, dice Barber. Che sostiene invece che il management di
Segrate «sta lottando su tre fronti contemporaneamente: avanzamento tecnologico, cambiamento nei gusti culturali del Paese ed evoluzione delle regole nel Paese».
LA TV GENERALISTA - A scatenare le ira del gruppo italiano
sembra essere soprattutto il pesante giudizio sulla programmazione tv: «povera di idee, se non sciocca», la bolla Barber. Basata su «showgirl poco vestite e notiziari politicamente orientati». «Tony Barber insulta
l’intera televisione generalista italiana», obietta Confalonieri. Che ne sostiene
invece «ricchezza e una completezza di offerta,
superiore a quella media
dei broadcaster mondiali». «Non c'è praticamente successo televisivo offerto nel mondo che non arrivi ai
telespettatori della tv
generalista gratuita, grazie al lavoro di migliaia di dipendenti e
professionisti italiani del settore», scrive il manager.
LE REGOLE - Confalonieri non risponde invece al
giornalista sul fronte delle regole. Nonostante Barber faccia riferimento al «beauty contest», promosso dallo stesso Berlusconi
quando era premier, «per favorire Mediaset e Rai nell'assegnazione delle
frequenze» e poi cancellato con un colpo di spugna da Mario Monti. O ricordi l'amicizia dell'ex premier con esponenti
politici (Bettino Craxi, in primis), che avrebbero favorito l'azienda del biscione nei primi
dieci anni di vita. O, ancora sfiori, dandone per scontati gli esiti sul
profitto aziendale, il tema del conflitto
d'interessi. Non manca
l'accenno alla Corte di Giustizia Europea che aveva respinto nel luglio scorso
il ricorso presentato da Mediaset, confermando che i contributi italiani per
l'acquisto dei decoder digitali terrestri concessi nel 2004 e 2005 (per 220
milioni di euro complessivi) costituivano un aiuto di Stato incompatibile con
il mercato comune.
RAZZISMO - «Non c’entra la politica, l’economia o
la cultura - taglia corto Confalonieri -. C’entra un’arroganza che sfiora il
razzismo». Cita Kipling e la poesia «Il fardello dell’uomo bianco», il
presidente Mediaset, per parlare di un sentimento che in Kipling a fine 1800
era evocato dall'India, «mentre Mr Barber invoca nel 2012 la civilizzazione
dell’Italia». E qui l'attacco alla tv di Rupert
Murdoch, che «porta sulle spalle il fardello della nostra civilizzazione».
Non a caso citata da Barber, dice Confalonieri, come vero esempio di
«innovazione tecnologica». Un attacco a Rai e Mediaset, insomma, per favorire l'industria del magnate
australiano. Dal quale Confalonieri cerca di mettersi al riparo con
un'invocazione decisamente «british»: «God
save the screen».
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