mercoledì 4 aprile 2012

Il paese reale: ‘Il Veneto dei suicidi’



Il Veneto dei suicidi
La crisi e i risvolti drammatici in quella che era una delle regioni più ricche d'Europa. Eugenio Benetazzo, esperto di finanza, ci racconta la sua terra, il suo Veneto in difficoltà. Un modello imprenditoriale, quello del Nord-Est, ormai fallimentare
di Eugenio Benetazzo

Da quando si è innescata la cosiddetta crisi economica siamo stati colpiti in maniera abbastanza preoccupante da fenomeni di suicidi legati a impossibilità o incapacità di piccole e medie imprese di continuare il loro operato.
Impossibilità che per la maggior parte dei casi è sfociata nella peggiore manifestazione possibile attraverso un suicidio, riferendomi in particolar modo alla mia regione, il Veneto, come quella più colpita da questi fenomeni di grande e profondo disagio sociale e di inquietudine. Con periodicità non dico settimanale ma quasi, qui nel Triveneto, e anche in altre vicine province, riceviamo con tristezza queste notizie che rammaricano e preoccupano, anche perché una persona prima di arrivare a commettere un gesto finale di questa portata, ritengo sia portata a sviluppare tutta una serie di pensieri e di riflessioni che non riguardano meramente la scena economica, ma anche quella sociale e sentimentale. Pensiamo a padri che si sono tolti la vita e, oltre a abbandonare l'azienda, le proprie maestranze, hanno abbandonato anche la propria famiglia.
Come mai il Veneto in particolar modo viene colpito da questo fenomeno sociale che non ha precedenti storici? Forse la spiegazione la troviamo nel cosiddetto modello del Nord - Est, quel modello di sviluppo economico che è stato osannato e ammirato per decenni in tutto il mondo. Un modello costituito da piccole e medie imprese molto flessibili, dinamiche, con un numero contenuto di manodopera che consentiva
di essere particolarmente competitivo, almeno in uno scenario economico in cui non esisteva ancora la globalizzazione e in cui ancora non bisognava andare a scontrarsi con la concorrenza, soprattutto proveniente da Oriente.
Il modello del Nord - Est, oggi, è un modello fallimentare, ormai perdente. Parliamo di un modello caratterizzato magari da poca managerialità e soprattutto da molta improvvisazione e voglia di fare, che sono caratteristiche che han sempre contraddistinto questa Regione.
Sostanzialmente qui c'è tanta vocazione per lavorare, tanta voglia di fare, però quando lo scenario economico, negli ultimi 10 anni, è mutato radicalmente, questo non ha permesso innanzitutto un cambio di governance e di dirigenza ambientale. Non ha consentito, cioè, alle piccole - medie imprese di adeguarsi anche nel modo di produrre, fare concorrenza, vendere, distribuire etc., dovendo accettare invece la concorrenza e le difficoltà provenienti da uno scontro che non si era mai visto tra operatori economici provenienti soprattutto dall'area indocinese e indonesiana.
Esistono distretti, nel mio territorio, che oggi soffrono profondamente questa trasformazione.

Nello specifico possiamo identificare un aspetto che è particolarmente caratteristico di questo territorio, che è sostanzialmente la sottocapitalizzazione. La maggior parte della piccola e media impresa operante nel Triveneto è costituita da piccole e medie imprese con bassi capitali e risorse. Imprese che tutto sommato hanno un capitale di rischio molto contenuto, e questo le rende molto abili nel momento in cui si fa incontro a un periodo di ristrutturazione o di ridimensionamento del mercato.
E' vero, però, che diversi episodi di cronaca nera hanno evidenziato come molti piccoli imprenditori hanno preferito abbandonare l'attività togliendosi la vita per ragioni legate alla propria sfera personale e soprattutto alla responsabilità sociale nei confronti del territorio all'interno del quale sono insediati. Mi riferisco a tutti quegli esempi in cui gli imprenditori non se la sentivano di licenziare persone, operai con i quali lavoravano ormai da decenni, per ragioni di coesione e vicinanza sociale proprio con la sfera personale che caratterizza tantissimo questa Regione, e hanno preferito optare per una strada nefasta.
Vi sono inoltre episodi molto gravi che fanno capire come addirittura piccole e medie imprese in questo momento sono in difficoltà per le tempistiche di pagamento che hanno molti enti locali, i quali commissionano attività e forniture e poi mettono profondamente in difficoltà le imprese per pagamenti che si realizzano su 6 o addirittura 12 mesi. E questo, anche a causa dei problemi di sottocapitalizzazione cui facevo riferimento prima, rende faticosa la vita finanziaria per la piccola e media impresa.
Termino questo pensiero che abbiamo formulato per commentare questo fenomeno che è particolarmente gravoso che secondo me dovrebbe portarci a riflettere tutti quanti, visto che nel vivere quotidiano l'imprenditore ha tante possibilità di scelta, non necessariamente quella di togliersi la vita, ma anche quella di abbandonare, eventualmente un mercato o un'attività che o non è più remunerativa o non dà più soddisfazione.
Purtroppo nella nostra storia di imprenditori italiani abbiamo imparato a innamorarci delle nostre aziende, avendole magari ereditate da generazioni precedenti, e quindi abbiamo una sorta di impegno morale nel continuare a portarle avanti. Purtroppo la trasformazione endemica di tutto il tessuto produttivo del nostro paese che è destinato, ahimè, a un lento e inesorabile processo di deindustrializzazione, ci porta a cominciare a riflettere su quelle che sono le problematiche di ristrutturazione aziendali, per le piccole e medie imprese nei prossimi anni.
In altre parti del mondo, questi tipi di fenomeni non si verificano perché nella maggior parte dei casi le aziende hanno dimensioni maggiori e soprattutto hanno un management esterno alla proprietà dell'azienda. Solitamente il management non è radicato nel territorio oppure non ha legami con il territorio, per cui quando un grande general manager di un'azienda di grandi dimensioni decide di delocalizzare, di chiudere, di spostarsi, di portare alla fine una linea produttiva, è una decisione che viene presa dentro una sala consiliare che non ha più di tanto risvolti sociali a livello personale per il management, mentre come abbiamo detto all'inizio dell'intervento, nella nostra terra questo tipo di percorso non si è ancora verificato, ovvero il management è sempre stato vicino, è del territorio e pertanto nei confronti dello stesso territorio ha una responsabilità non solo diretta, ma anche indiretta per quanto riguarda il grado di coesione e responsabilità con le maestranze.

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