Ma non aveva pensato e realizzato già
tutto Silvio Berlusconi?
Il ministro Barca a L’Aquila: “In estate i piani per
ricostruire”
Nella notte la commemorazione di quanto accadde il 6
aprile 2009. Il titolare della Coesione territoriale promette: "Cittadini
più tutelati e soldi agli enti locali". Ma per ricostruire la città
"serviranno ancora 10 anni"
La notte scorsa,
alle 3.32, in Piazza Duomo assieme ai cittadini e ai familiari delle vittime,
ad ascoltare i 309 rintocchi delle campane, uno per ogni nome scandito ad alta
voce, c’era anche il ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca,
figlio di Luciano economista, ex partigiano, deputato e senatore del Partito
comunista Italiano. Lui a L’Aquila era venuto qualche mese dopo
quell’indimenticabile 6 aprile 2009,
in qualità di dirigente del ministero dell’Economia,
incaricato da Giulio Tremonti per affiancare la Protezione civile per lo
sviluppo dell’area colpita dal sisma. Tante le storie che aveva ascoltato e le
lacrime che aveva visto scorrere lungo i visi scavati dal dolore di chi aveva
perduto affetti e luoghi del vivere. Anche per questo la trepidazione nel
partecipare a questa notte del ricordo è stata forte. “L’emotività è una
componente importante di tutto quello che faccio, ma in questo caso, confesso,
è maggiore perché qui il fare e il sentire è un tutt’uno”.
Dal circo mediatico di tre anni fa, con sfilate, barzellette, dentiere regalate come fossero caramelle, alla serietà di un ministro che arriva quasi in punta di piedi, è un bella differenza.
Sono tornato tante volte a L’Aquila, diciamo che non ho mai smesso di farlo. Rispetto al 2009 ho trovato molte cose uguali, ma molta meno fiducia, quella fiducia che i cittadini avevano di fronte all’emergenza. Ecco perché la ricostruzione materiale dovrà camminare di pari passo con quella morale, etica e questo potrà accadere solo se
riusciremo a rinsaldare quel prezioso filo che lega cittadini e istituzioni. Chiamasi partecipazione attiva. In mancanza di fiducia, viene meno quella parte di impegno collettivo e prevale la sensazione dell’abbandono nel dover fronteggiare la ricostruzione.
Una città, dunque, bisognosa di essere presa per mano. Ma da chi?
Dagli enti locali. La vicenda è di ordine nazionale, ovviamente, i fondi sono nazionali, ma il come utilizzarli spetterà ai governi locali. Si tratterà di trovare un equilibrio tra il nazionale e il locale, stabilire dei principi robusti su cui muoversi.
Intanto però la struttura dell’emergenza non è stata smantellata completamente: come mai?
Abbiamo trovato una situazione alquanto compro-messa. Dovevamo agire, riavviare la ricostruzione della periferia subito e, se avessimo fatto un trasferimento immediato agli enti locali, avremmo bloccato quello che era già in atto. Per questo abbiamo semplificato la struttura eliminando i due vicecommissari straordinari (costati 800 mi-la euro in due anni ndr.) e le altre strutture, ma riconfermando la filiera e introducendo regole a tutela dei cittadini, liberandoli dal rischio di essere catturati da professionisti senza scrupoli.
Il commissario straordinario, nonché presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi lascerà l’incarico?
Sì. Ad agosto. Ha chiesto lui che venisse accelerata la sua uscita.
E voi lo avete accontentato volentieri, immaginiamo. Ministro, finora a L’Aquila si son dati i numeri. Quali sono quelli veri? E a quando l’inizio della ricostruzione delle periferie?
Entro la fine dell’estate. Sempre entro l’estate dovranno essere presentati i piani per la ricostruzione del centro storico che richiederà almeno 10 anni. Quanti soldi ci sono e quanti ce ne vorranno? Il governo Berlusconi aveva stanziato 10 miliardi e settecento milioni. Due miliardi e 80 milioni sono stati spesi per l’emergenza. Restano 7 miliardi e 900 milioni sono destinati agli interventi per la ricostruzione. Basteranno per il primo triennio, poi ci vorranno altri fondi, ovviamente. Però è bene che venga spazzata via la favola secondo cui “i soldi non bastano”: comodo alibi per i politici chiacchieroni e poco facenti.
Tra un anno, dopo il governo Monti, cosa accadrà?
Mi auguro che i partiti siano così brillanti da riuscire a seguire il suggerimento del presidente Napolitano: usare questo anno per diventare molto forti e seri, capaci di una politica che saprà scegliere un governo autorevole e ordinato.
E lei cosa farà?
Tornerò nel mio minuscolo e splendido ufficio al ministero dell’Economia da dove sono venuto.
Dal circo mediatico di tre anni fa, con sfilate, barzellette, dentiere regalate come fossero caramelle, alla serietà di un ministro che arriva quasi in punta di piedi, è un bella differenza.
Sono tornato tante volte a L’Aquila, diciamo che non ho mai smesso di farlo. Rispetto al 2009 ho trovato molte cose uguali, ma molta meno fiducia, quella fiducia che i cittadini avevano di fronte all’emergenza. Ecco perché la ricostruzione materiale dovrà camminare di pari passo con quella morale, etica e questo potrà accadere solo se
riusciremo a rinsaldare quel prezioso filo che lega cittadini e istituzioni. Chiamasi partecipazione attiva. In mancanza di fiducia, viene meno quella parte di impegno collettivo e prevale la sensazione dell’abbandono nel dover fronteggiare la ricostruzione.
Una città, dunque, bisognosa di essere presa per mano. Ma da chi?
Dagli enti locali. La vicenda è di ordine nazionale, ovviamente, i fondi sono nazionali, ma il come utilizzarli spetterà ai governi locali. Si tratterà di trovare un equilibrio tra il nazionale e il locale, stabilire dei principi robusti su cui muoversi.
Intanto però la struttura dell’emergenza non è stata smantellata completamente: come mai?
Abbiamo trovato una situazione alquanto compro-messa. Dovevamo agire, riavviare la ricostruzione della periferia subito e, se avessimo fatto un trasferimento immediato agli enti locali, avremmo bloccato quello che era già in atto. Per questo abbiamo semplificato la struttura eliminando i due vicecommissari straordinari (costati 800 mi-la euro in due anni ndr.) e le altre strutture, ma riconfermando la filiera e introducendo regole a tutela dei cittadini, liberandoli dal rischio di essere catturati da professionisti senza scrupoli.
Il commissario straordinario, nonché presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi lascerà l’incarico?
Sì. Ad agosto. Ha chiesto lui che venisse accelerata la sua uscita.
E voi lo avete accontentato volentieri, immaginiamo. Ministro, finora a L’Aquila si son dati i numeri. Quali sono quelli veri? E a quando l’inizio della ricostruzione delle periferie?
Entro la fine dell’estate. Sempre entro l’estate dovranno essere presentati i piani per la ricostruzione del centro storico che richiederà almeno 10 anni. Quanti soldi ci sono e quanti ce ne vorranno? Il governo Berlusconi aveva stanziato 10 miliardi e settecento milioni. Due miliardi e 80 milioni sono stati spesi per l’emergenza. Restano 7 miliardi e 900 milioni sono destinati agli interventi per la ricostruzione. Basteranno per il primo triennio, poi ci vorranno altri fondi, ovviamente. Però è bene che venga spazzata via la favola secondo cui “i soldi non bastano”: comodo alibi per i politici chiacchieroni e poco facenti.
Tra un anno, dopo il governo Monti, cosa accadrà?
Mi auguro che i partiti siano così brillanti da riuscire a seguire il suggerimento del presidente Napolitano: usare questo anno per diventare molto forti e seri, capaci di una politica che saprà scegliere un governo autorevole e ordinato.
E lei cosa farà?
Tornerò nel mio minuscolo e splendido ufficio al ministero dell’Economia da dove sono venuto.
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