lunedì 5 marzo 2012

Tv: i dubbi (tardivi) sul ruolo dell’audience


Mah..come si suol dire: meglio tardi che mai. 
Chissà perchè, da qualche giorno, argomento di discussione in parte del web, è diventato il ruolo dell’Auditel. Anni fa – perché c’è chi ha cominciato allora – certi “referenziati” e “autoreferenziati” blog che si occupano esclusivamente di televisione, hanno ignorato qualsiasi analisi sulla veridicità, utilità, strumentalità dell’Auditel.
E’ cambiato il governo. Sono arrivati i “tecnici”. Si discute anche del tecnicismo auditel. Prima eranno tutti – tranne rarissime eccezioni – occupati a scrivere la grancassa per arrivare alla corte (senza riuscirci) di Maria De Filippi, oggi sono tutti in fila a fare i “critici” nei confronti dello share.
Eh..sì. Il “vento è cambiato”. Perché sento sempre un olezzo di opportunismo…



Share e qualità, i dubbi della tv sul ruolo dell’Audience
di Anna Lupini
Il dibattito animato dai blog televisivi. In che modo i numeri rilevano il livello del prodotto, e quanto influiscono sul mercato pubblicitario. De Andreis, autore di "Ballando": "Le rilevazioni possono sbagliare. Il confronto fra RaiUno e Canale 5 lo dimostra"

E’ proprio vero che buoni ascolti significano buon prodotto? Il dibattito è aperto. Per ragionare sulla qualità di quel che passa in tv, per capire se davvero l’audience può essere indice di un livello alto. Complice un contesto scenario in cui la tv si declina ormai nelle forme più disparate, è in corso in questi giorni un’iniziativa dei blog televisivi - WIDG – La tv che vorrei – che vede al centro dell’attenzione il sistema di rilevazione degli ascolti. Che mostra sempre più i suoi limiti: basta pensare a Servizio Pubblico, in onda su una multipiattaforma fatta di tv e web, il che rende di fatto impossibile misurarne gli ascolti con il sistema tradizionale. Anche i professionisti della tv cominciano a nutrire qualche dubbio. Come Giancarlo De Andreis, autore di lungo corso (ha esordito con Carramba che sorpresa) impegnato in questo periodo con Ballando con le stelle. Un caso esemplare di rapporto fra prodotto televisivo e dati d’ascolto visto che lo show condotto da Milly Carlucci, fino alla scorsa stagione punta di diamante di RaiUno, ora sta cedendo di fronte al successo di Italia’s Got Talent, in onda in contemporaneamente, il sabato sera, su Canale 5. De Andreis traccia uno scenario televisivo globale dal quale emerge una Rai sempre più specializzata in fiction e sempre meno dedicata agli show in studio che forniscono, invece, moneta contante alle emittenti.

De Andreis, in che modo un autore della tv pubblica affronta la questione della rilevazione degli ascolti?
“Trovo che l’inziativa dei blog sia interessante, credo sia giusto interrogarsi e mettere in dubbio le certezze che abbiamo. Il fatto di ricercare una qualità oltre i dati si ascolto è filosoficamente giusto, la valutazione deve prescindere dai numeri. Non so se poi ci saranno delle conseguenze o se rimarrà solo un’utopia. Ma il fatto che
molti personaggi autorevoli stiano parlando di televisione non guardando solo i freddi numeri è positivo. Ci trovo anche un po’ di autocritica perché tutto sommato autori, conduttori ma anche giornalisti e blogger presentano i risultati dei programmi come una sfida, come una partita: vince questo, vince quello. E’ chiaro che fa piacere e sarebbe ipocrita negarlo, ma credo sia giusto pensare che si deve fare un buon lavoro e un programma che, soprattutto su RaiUno, abbia determinate caratteristiche. Senza pensare ai grandi show degli anni Sessanta, ma dobbiamo fare una trasmissione con dei requisiti di eleganza e di buon gusto che RaiUno deve avere”.
Pippo Baudo ha dichiarato di non credere all’Auditel. E lei?
“Credo all’Auditel in quanto rileva una tendenza. Quando si dice ‘quel programma ha fatto sei milioni’ è assolutamente non vero. E’ una proiezione, un sondaggio che ha statisticamente un margine di errore. E’ un elemento importante ma essendo uno strumento in vigore da tantissimo tempo potrebbe essere aggiornato alla luce delle nuove tecnologie e delle nuove piattaforme. Ad esempio potrebbe risultare che un programma che fa il 20% di share in realtà ha fatto il 23%. Statisticamente è plausibile, invece i dati vengono interpretati come assoluti. Introdurre una forchetta sarebbe giusto. Perché, per noi che ci lavoriamo e viviamo anche di questo, due o tre punti fanno la differenza su come viene percepito il programma all’esterno”.
Secondo un sondaggio Lorien, fra Ballando e Italia’s Got Talent ci sarebbe uno scarto minore, in termini di share, rispetto ai dati che vengono diffusi.
“Il sondaggio ha confermato quello che già pensavamo. Senza accusare nessuno, ma con l’idea che la statistica possa avere ha un margine di errore. Siamo consapevoli della nostra forza, quando fai un  programma di successo lo sai e te ne accorgi. Questa è una delle stagioni più brillanti dal punto di vista dell’affetto del pubblico. Lo capisci anche dalla gente che viene fuori dallo studio ad aspettare i protagonisti dello spettacolo, cosa mai avvenuta nelle passate edizioni. Statisticamente sono avvenute cose abbastanza curiose, siamo stati distaccati una settimana anche di 15 punti, e questo ci è sempre sembrato strano e dunque siamo stati contenti che questo sondaggio abbia detto una cosa del genere. Il programma è solido, piace alla gente. Sebbene anche quel che afferma il sondaggio potrebbe essere fallibile, come lo è l’Auditel. Siamo anche consci che su Canale 5 c’è un programma molto ben confezionato, che ha dei validissimi protagonisti e che funziona come format in tutto il mondo”.
Il direttore generale dell’Auditel Walter Pancini ha precisato che la misurazione dell’audience serve a stabilire una “moneta” per pianificare gli investimenti. In che cosa consiste questo mercato, e quanto viene influenzato dalle rilevazioni?
“Non sono un tecnico ma so che a seconda della percentuale di share di una rete cambia il prezzo degli spazi pubblicitari. E’ chiaro che i grandi eventi, come lo show di Fiorello o il festival di Sanremo, verranno venduti a costi maggiori, la media della rete determina il prezzo. Un punto di share su base annua, dicono gli esperti, vale milioni di euro. Poi ci sono i singoli programmi. La media della rete di RaiUno a gennaio è stata del 18% in questo caso Ballando ha avuto il 22%, è chiaro che diventa una risorsa importante. I programmi in studio hanno una resa maggiore perché oltre alla vendita degli spot c’è il mercato delle promozioni che permettono di spendere il volto del conduttore per promuovere prodotti all’interno dello show, il che fa sì che l’investitore acquista il programma prima che questo inizi. E’ successo a Ballando quest’anno, ci è capitato di avere sei interruzioni pubblicitarie, succede solo a Sanremo. Un po’ penalizza il programma ma fa piacere perché la Rai è la televisione di tutti. E’ un gioco sul quale balla il destino di un’azienda. Se la Rai avesse molti show si potrebbe pensare, in teoria, di abbassare o addirittura togliere il canone. I soldi si muovono in base a quel dato, il fatto he ci sia un margine di errore rende chiaro che sarebbe importante renderlo più chiaro e trasparente”.

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