da: la Repubblica
Monti vuole cambiare la Rai
"A febbraio saremo pronti"
Nel progetto un direttore generale con pieni poteri ed un consiglio di
amministrazione ridotto. Palazzo Chigi agirà in tempi brevi ma eviterà il
commissariamento
di Goffredo De Marchis
"A gennaio la testa sarà da un'altra parte. Il 20 c'è il
Trilaterale, alla fine del mese il vertice europeo. Ma dopo il 30 ogni giorno è
buono per una riforma della Rai". Al presidente Paolo Garimberti, che lo
ha salutato nello studio di "Che tempo che fa" domenica pomeriggio,
Mario Monti ha fornito qualche precisazione sui tempi dell'intervento del
governo sulla tv pubblica. Ma "a giorni", dicono a Palazzo Chigi, il
dossier "Viale Mazzini" sarà sulla scrivania del premier e del
ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera per la scrittura di nuove
regole di nomina del consiglio di amministrazione e soprattutto del direttore
generale per il quale cambieranno radicalmente i poteri. Diventeranno
pienamente operativi sul modello dell'amministratore delegato.
I tempi insomma potrebbero anche essere più brevi. Il governo lavora sulla Rai ormai da settimane. Ha già tolto dal tavolo l'idea del commissariamento dell'azienda. Può restare come spauracchio se i partiti rinunceranno a collaborare. Ma non ci sono gli elementi per un'iniziativa amministrativa nel caso della Rai. E Monti non vuole mettere le dita negli occhi alla politica che vede l'amministrazione straordinaria come una tragedia. Ciò non significa che la presa dei partiti sull'azienda non sia destinata a un ridimensionamento. "Anzi. Più della governance il nostro obiettivo - spiegano a Palazzo Chigi - è separare la politica dall'azienda".
I tempi insomma potrebbero anche essere più brevi. Il governo lavora sulla Rai ormai da settimane. Ha già tolto dal tavolo l'idea del commissariamento dell'azienda. Può restare come spauracchio se i partiti rinunceranno a collaborare. Ma non ci sono gli elementi per un'iniziativa amministrativa nel caso della Rai. E Monti non vuole mettere le dita negli occhi alla politica che vede l'amministrazione straordinaria come una tragedia. Ciò non significa che la presa dei partiti sull'azienda non sia destinata a un ridimensionamento. "Anzi. Più della governance il nostro obiettivo - spiegano a Palazzo Chigi - è separare la politica dall'azienda".
Si lavora perciò a una decisa sforbiciata
del numero dei consiglieri
di amministrazione sul modello di quello che è stato fatto con il decreto
salva-Italia per l'Authority. All'Agcom, per esempio, i membri passeranno da 8 a 4: una riduzione drastica.
Per la Rai si pensa a un taglio altrettanto netto, approfittando della scadenza
imminente dell'attuale Cda (28 marzo). Oggi i consiglieri sono 9, potrebbero
diventare 3-4. Visto che al Tesoro, azionista quasi al 100 per cento, ne tocca
uno, è una pesante cura dimagrante per la politica. "In un'epoca di tagli
e di crisi economica, la riduzione del cda è un passo necessario anche sulla
strada del risparmio", dicono negli ambienti vicini al premier. Ma
l'intervento determinante sarà sulla figura-chiave dell'amministratore delegato
chiamato a sostituire la figura del direttore generale. Dev'essere un
supermanager, un vero capo azienda con margini operativi assoluti, che non
prevedano un passaggio settimanale dal vaglio del cda. E i partiti
difficilmente potranno tirarsi indietro. Sia nella proposta di riforma del Pd
che nel progetto di legge firmato da Alessio Butti (Pdl) si istituisce la
figura dell'amministratore unico. Su questo punto i poli potranno fare le
barricate per difendere la legge Gasparri? Il passaggio con i leader di partito sarà fondamentale per portare all'approdo la riforma della governance annunciata ieri ufficialmente dal sottosegretario alla presidenza Antonio Catricalà. Prudentemente, è stata esclusa l'ipotesi privatizzazione, la strada maestra secondo il premier. Ma diventerebbe terreno di scontro. E avrebbe un cammino complicatissimo, molto più lungo di poche settimane. Per modificare i criteri di nomina e i poteri del Ceo è invece sufficiente un disegno di legge di pochi articoli. "In tutti i paesi europei esiste una televisione pubblica - sottolinea Claudio Cappon, ex direttore generale della Rai e oggi vicepresidente dell'Uer, l'unione dei broadcasting continentali -. Anche in Portogallo il progetto di privatizzazione, varato in seguito alla crisi economica, è stato ritirato". La vendita di una o più reti Rai è dunque un problema che verrà affrontato in seguito, semmai potrà essere gestito dall'amministratore unico. "Ma il servizio pubblico è come il soldato Ryan - dice Cappon - : per salvarsi deve meritarselo".
La reazione del centrodestra è poco incoraggiante. Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto invitano l'esecutivo a lasciar perdere: "Non è materia di sua competenza". Tutte le riforme del passato però sono stato promosse dai governi. Legge Gasparri compresa. Sulla carta il governo conta sul sostegno pieno di Pd e Udc. Va verificato anche il contraccolpo che le voci avranno sull'azienda e sui suoi vertici. Il direttore generale Lorenza Lei lavora a un nuovo piano industriale e vorrebbe presentarlo all'inizio di marzo. Per allora dovrebbero esserci già le nuove regole e forse l'identikit del nuovo supermanager chiamato a guidare Viale Mazzini. A gennaio un banco di prova per l'attuale struttura è la decisione sul nuovo direttore del Tg1. Ma il premier Monti ha deciso: alla Rai si cambia.
Nessun commento:
Posta un commento