giovedì 26 gennaio 2012

Mario Deaglio: “una nave e un paese inclinati”



Una nave e un paese inclinati
di Mario Deaglio

«Nave senza nocchiero in gran tempesta»: già settecento anni fa Dante si servì di una metafora marittima per parlare dell'Italia. Anche oggi una nave che può servire da metafora del Paese e delle sue difficoltà. Si tratta naturalmente della «Concordia», abbandonata dal suo capitano, ossia «nocchiero», incagliata, con il pericolo di affondare, in prossimità di un bellissimo tratto di costa italiana. Non si tratta solo di accostamenti superficiali, occorre invece riflettere sulla «Concordia» quale concentrato delle debolezze italiane.
Questa riflessione deve partire dalla società proprietaria, la Costa Crociere, quasi una sintesi dei successi e delle debolezze del capitalismo italiano. La Costa Crociere (allora Giacomo Costa fu Andrea) venne fondata sette anni prima dell'unità d'Italia e la famiglia Costa ha spesso giocato ruoli di primo piano nella storia imprenditoriale italiana. Angelo Costa, fu un leader storico degli industriali italiani e presiedette la Confindustria per ben 14 anni in due periodi distinti, ai tempi del miracolo economico.
La Costa Crociere è tra le prime società italiane a sperimentare le opportunità e le durezze del capitalismo globale e le difficoltà italiane ad adeguarsi. Lancia le crociere come nuovo prodotto, si dota di navi modernissime nelle quali si fondono la tecnologia avanzata e la raffinatezza del made in Italy. Diventa così la prima impresa croceristica del mercato europeo, forse l'unica società italiana di servizi turistici che si rivolge davvero al mercato mondiale. Allarga l'azionariato, diversifica, entra in Borsa ma non basta: l'Italia non crede nelle sue imprese e non riesce a far affluire il risparmio - tra i maggiori del mondo - verso le imprese e i loro progetti di espansione. A credere nella Costa Crociere è invece
la multinazionale americana Carnival che nel 1997 ne acquista la maggioranza: la Carnival investe fortemente e, oltre alla Concordia, fa costruire per la Costa Crociere ben 10 grandi navi da crociera, sulle quali lavorano complessivamente oltre diecimila persone, capaci di trasportare 3-5 mila passeggeri l'una. La Costa Crociere contribuisce per circa il 25 per cento al fatturato e ai profitti della sua capogruppo.

In queste condizioni, l'episodio del Giglio si configura come molto di più di un incidente, diventa il sintomo sia di un male oscuro del capitalismo italiano che, oltre certe dimensioni, non riesce a mettere assieme idee, strategie e capitali sia di un più vasto male oscuro: il caso della Concordia e le difficoltà italiane possono infatti essere entrambe ricondotte a una crisi di «governance», ossia del modo di funzionare della nave e, più in generale, del Paese. L'inchiesta scopre scatole nere non funzionanti, radar fuori uso, forse clandestini a bordo, manovre irregolari su una nave che andava troppo veloce in acque nelle quali non avrebbe dovuto trovarsi, con un ponte di comando pieno di gente che non avrebbe dovuto essere lì. Più in generale mette a nudo una diffusa atmosfera di faciloneria, un costante stiracchiamento delle regole.
L'analogia può anche andare oltre. La Concordia ha «in pancia» diverse migliaia di tonnellate di carburante e di altri prodotti tossici che, se si squarciassero i serbatoi o la nave affondasse, procurerebbero un danno gravissimo a fondali e zone costiere che sono tra le più belle del Mediterraneo; la nave Italia ha «in pancia» circa millenovecento miliardi di debiti. In situazioni di grave turbolenza finanziaria potrebbero «inquinare» la finanza europea e globale qualora l'Italia non riuscisse a onorare il suo vasto debito pubblico, oggi rifinanziabile a tassi di interesse troppo elevati. Ecco allora il momento dei tecnici. I sommozzatori, i palombari, gli incursori della Marina impegnati ad aprire dei varchi nello scafo, gli specialisti olandesi dello svuotamento di serbatoi; e forse, in futuro, grandi rimorchiatori che cercheranno di raddrizzare la nave. A livello nazionale, ecco gli esperti chiamati al governo, con vari ruoli, non solo a Roma ma anche ad Atene e in molti paesi europei.
Il risultato è una nave inclinata, in un Paese inclinato, in un'Europa inclinata. Per un'ironia della sorte, il nome «Concordia» era stato inteso, al momento del varo, appena cinque anni e mezzo fa, come un omaggio alla nuova Europa in cui Stati molto litigiosi cercavano di andare d'accordo. Tanto che a ciascuno dei suoi tredici ponti era stato dato il nome di uno Stato europeo. Sarebbe un incoraggiamento per l'Italia e per l'Unione Europea, entrambe chiamate in questi giorni a decisioni difficili, se la metafora volgesse in positivo. Evitare il disastro ecologico e raddrizzare la nave sarebbero di auspicio ad altri, ben più ampi, raddrizzamenti. 

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