Pochi giorni fa
scrivevo del mio disinteresse per la tv, con l’eccezione di due programmi, uno
su Cielo e l’altro su La7 (http://taccuinodiunamarziana.blogspot.com/2012/01/tv-da-voglio-vivere-cosi-su-cielo-e-gli.html).
Tra i miei disinteressi attuali ci sono le fiction. Non il genere in sé, bensì
le storie, interpreti, registi dei prodotti di Raiset.
Ieri, e anche
questa sera in prima serata, la Rai propone la fiction ‘La vita che corre’, in
cui si racconta di una strage del sabato sera, di ciò che provoca, dei segni
che lascia. Di come cambiano la vita delle famiglie, improvvisamente.
Un argomento di
carattere sociale che può essere trattato in maniera leziosa o, al contrario,
in modo scontato.
Volevo capire come
sarebbe stato trattato quest’argomento. Sono rimasta piacevolmente sorpresa dal
livello del racconto, dalla scrittura della sceneggiatura, dalla bravura del
cast. E dal regista che, diversamente da parecchi suoi colleghi, non si è preso
lunghe pause caffè lasciando il cast ad autogestirsi con il rischio d’inciampi
e vuoti interpretativi. Voglio sperare che per alcuni colleghi di Fabrizio Costa
– regista di ‘La vita che corre’ -, si tratti di questo: assenteismo per dipendenza da
caffeina e non presenzialismo incapace nella conduzione del set.
Ovviamente,
trattandosi di una fiction italiana, la regia non si caratterizza per la
modalità di uso del mezzo tecnico. Non si tratta di spiccare in virtuosismi e,
fortunatamente per lo spettatore, non si scimmiottano le tecniche di ripresa
americane.
ll regista di
questa fiction ha semplicemente svolto il suo lavoro nel dirigere un buon cast. Per quanto la storia tratti di un argomento
sociale che coinvolge i ragazzi, non ho visto giovani fantocci buoni per farci
un calendario ma inadatti come attori a rappresentare persone reali.
La prima puntata
ha dimostrato un buon ritmo. Il racconto scorre veloce, senza banalità nei
dialoghi, senza indugiare in ritratti psicologi ma dando, con misura, il senso
della tragedia con le facce, i movimenti, le parole di chi ci sta raccontando
cosa può succedere dopo una serata di stordimento. Un unico rischio: che nella
seconda puntata, ancor più che nella prima, si accentui la trama gialla. Ma,
forse, questo è anche il modo per mantenere alta l’attenzione e garantire il
giusto ritmo.
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