lunedì 16 gennaio 2012

Da Bossi e Maroni a ‘Che tempo che fa’, Fazio con Pisapia


Nei giorni scorsi, le “divergenze” tra Roberto Maroni e Umberto Bossi hanno provocato una censura da parte del senatur che ha proibito all’ex ministro dell’Interno di tenere comizi.
Seguendo la moda attuale, Maroni ha preso facebook e ha diffuso la notizia aggiungendo il suo “senso di vomito” per tale presa di posizione non prevista dallo statuto del partito. Non per altro. Non c’è statuto. Non c’è partito. E’ la Lega di Bossi.

All’apprendere la notizia, molti amministratori leghisti hanno invitato Maroni a tenere comizi nelle località che governano. Data la reazione e la diffusione a livello nazionale della censura, Bossi - circondato dalla sua associazione di badanti: il cerchio magico - ha chiamato Maroni e i due si sono “chiariti”.
Possiamo immaginare il livello linguistico della conversazione.

Ora.
Del fatto in sé, mi fregherebbe poco o nulla. Non mi appassionano le vicende politiche degli eterni secondi che pensano di poter essere i primi e non capiscono che il capo ha scelto – da sempre - altri.
Tra l’altro, non trovo nulla di scandaloso nel comportamento di Bossi. E’ perfettamente coerente con la sua tipologia mentale e gestionale della Lega.
M’interessa, invece, soffermarmi su un’affermazione di Maroni, fatta ieri sera a ‘Che tempo che fa’.
L’ex ministro del governo Berlusconi ha dichiarato che ritiene opportuno che la Lega faccia un congresso.
Già. I partiti tradizionali, quelli di “Roma ladrona” per intenderci, usano fare frequentemente congressi per eleggere i loro segretari. Roberto Maroni ci ha ricordato che la Lega non fa un congresso da dieci anni.
Dicasi: dieci anni.

Orbene (si fa per dire…)
Il signor Roberto Maroni dov’era in questi dieci anni. A vendere case a Montecarlo? A suonare con la sua banda rock?
Per dieci anni – nei quali ha potuto tenere comizi – non ha eccepito all’assenza di un congresso nel quale discutere una linea, approvarla e nominare un segretario.
Per dieci anni – nei quali ha potuto tenere comizi – ha espresso il suo pensiero. Che era quello del capo. Il pensiero unico di Umberto Bossi. Del resto, entrambi sono nati comunisti. Il pensiero unico è quello sancito dal “centralismo democratico”. Il confronto non è previsto. Sarebbe catalogato come divisione interna equiparando così la Lega a uno dei partiti della ‘Roma ladrona’.
Nei dieci anni nei quali si è allineato in toto al suo capo non ha espresso la richiesta di un congresso. Ora che la base leghista scalpita insoddisfatta e si sta rendendo conto (lentamente, neuroni scarsi e non allenati) che Bossi è un morto vivente si converte al confronto interno.
E, allora, la conclusione è semplice. Fintanto che il pensiero di Maroni era identico a quello di Bossi, l’ex ministro del governo Berlusconi non eccepiva al centralismo “democratico”. Oggi che il suo pensiero diverge da Bossi, spunta l’esigenza di manifestare il pensiero diverso.
Meglio tardi che mai. Come si disse ai tempi di un altro strappo subito: quello di Fini da Berlusconi.
Ecco. Appunto. Fini e Maroni hanno in comune di essere stati considerati dei numeri due potenziali numero uno.
Peccato  - per loro – che né Berlusconi né Bossi abbiano mai pensato a Fini e Maroni come loro successori.
Giusto o sbagliato. Condivisibile o no, la realtà è questa. Se n’è accorto Roberto Maroni che ha l’ambizione – legittima – di rappresentare la nuova base leghista.
Significa che Roberto Maroni vuole essere il nuovo capo e, quindi, il nuovo pensiero unico della Lega?

A questo punto, una considerazione su Fabio Fazio.
Dissento in linea logica da coloro che lo vorrebbero più incalzante e aggressivo. Il suo programma e il suo modo di porsi è quello del talk da conversazione. La logica di ‘Che tempo che fa’, della conduzione di Fabio Fazio, è questa. Se si vuole altro, si guardi ‘Ballarò’, ‘Servizio Pubblico’, ecc.
Va detto che, quando vuole e se vuole, Fazio sa porre domande e/o fa obiezioni che - senza snaturare la tipologia di rapporto conduttore-ospite -  rendono più incisivo il dialogo anticipando talvolta domande che i telespettatori si pongono.
Però..

Sabato scorso, uno degli ospiti del talk di Fazio è stato il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia.
Tra il consentire all’intervistato di esprimere il proprio pensiero e la conduzione di una conversazione come se fosse l’addetto alle pubbliche relazioni di Pisapia e, anche ieri, quando con Maroni, non gli è palesata neppure la domanda: ma lei in questi dieci anni perché non obiettato all’assenza di congressi (certo, domanda pleonastica, ma andava fatta), c’è una differenza. Sostanziale. Non solo formale.
Se lo stesso tipo d’intervista-conversazione, fosse stata fatta da un Belpietro o da altri faziosi del centro-destra a Berlusconi, giustamente, le persone dotate di un minimo di senso critico avrebbero commentato contro lo zerbinaggio giornalistico.
Io guardo ‘Che tempo che fa’ con lo stesso senso critico che riservo ad altri programmi. Fabio Fazio ne dovrebbe essere soddisfatto. Perché l’assenza di senso critico non fa onore all’oggetto dell’osservazione oltre che al soggetto che osserva.

Chiudo con una domanda: il testo della “conversazione” con Pisapia gliel’ha scritto Michele Serra? Perché è più efficace quando scrive certe ‘Amaca” su la Repubblica.

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