da: il Fatto
Quotidiano
Lavoro, muro contro muro tra governo e sindacati.
Camusso: “Nessuna condivisione”
Documento presentato dal ministro Fornero con 5
ambiti di intervento: contratti, formazione, flessibilità, servizi per il
lavoro e ammortizzatori sociali. Stretta sulla cassa integrazione
straordinaria, ma le parti sociali non ci stanno: "Gli ammortizzatori
sociali attualmente previsti valgano anche per il futuro"
Riforma
del lavoro in tempi stretti. L’imperativo del governo Monti è stato tradotto
oggi, all’apertura del tavolo con i sindacati, dal ministro del Welfare Elsa
Fornero: “Raggiungeremo l’accordo in 3-4 settimane”. Una prospettiva che rischia
di restare solo sulla carta visto che, al termine dell’incontro, Susanna
Camusso non ha perso tempo per dire che “non c’è nessuna condivisione delle
proposte illustrate dal ministro”. Anche senza discutere di articolo 18,
dunque, non c’è condivisione di punti di vista tra esecutivo e sindacati. In
particolare, il muro contro muro è sulla cassa integrazione. Per il governo ci
sarà una stretta sull’attuale durata, con la sostanziale abolizione della cassa
straordinaria. L’uso della cassa (massimo 52 settimane) sarà quindi
limitatissimo e nei casi in cui si possa riprendere il lavoro rapidamente. Per
il resto, dopo l’uscita dall’azienda, ci sarà un’indennità risarcitoria. A
stretto giro la risposta della Camusso: “Le parti sociali al tavolo sono tutte
d’accordo sul fatto che non si può superare la cassa integrazione
straordinaria”. D’accordo anche Raffaele Bonanni (Cisl): “Gli attuali
ammortizzatori sociali sono una chance importante anche per il futuro”.
Il governo ha illustrato il documento di
riforma, senza poi consegnarlo perché la Fornero ci “lavorerà ancora tenendo
conto di quello che ho ascoltato da imprese e sindacati”. Tra i punti di cui si
è discusso,
la riduzione delle tipologie contrattuali (attualmente una
quarantina), superando il dualismo del mercato del lavoro verso un modello di
contratto che si “iscrive attorno alla vita del lavoratore”. Il tutto per
favorire la formazione e la partecipazione al mercato del lavoro “ad ogni età”.
“Per questo – ribadisce il ministro ai suoi interlocutori – occorre un
contratto che evolva con l’età piuttosto che contratti collettivi nazionali di
lavoro buoni per ogni età”. La Fornero apre all’ipotesi del reddito minimo, ma
avverte: “Richiede risorse ora non individuabili. Per questo e per ragioni di
bilancio potrebbe essere già individuato in questa riforma ma, per le stesse
ragioni, l’applicazione normativa potrebbe essere dilazionata”. “Gli ammortizzatori
saranno finanziati da contributi come avviene nel sistema assicurativo mentre
la fiscalità generale servirà per l’assistenza”, spiega il ministro del Lavoro
illustrando il documento preparato dall’esecutivo.Fornero vorrebbe aprire dei gruppi tematici con le parti sociali, soprattutto per il contratto unico e la conversione tra tempi determinati e indeterminati: “E’ una riforma ambiziosa che non abbiamo la pretesa di fare senza il vostro largo consenso – ha detto il ministro chiudendo il suo intervento – E’ dovere di questo governo portare tutti a discutere non per conservare l’esistente, ma per il futuro, per la crescita e per l’Europa. Il modo in cui declineremo queste linee di tendenza dipenderà da voi”.
“Nessuna condivisione” ha detto però il leder della Cgil: “Aspettiamo l’agenda dei tavoli. Per noi si parte dall’agenda e non da contenuti già predeterminati”. Per la Camusso, temi come quelli della cassa integrazione straordinaria non possono essere superati, e “tutti i sindacati – ha precisato – convergono su questa posizione. La storia che abbiamo alle spalle è stata utile e non c’è bisogno di cancellarla per riadattarla a chissà quali soluzioni. La materia del mercato del lavoro è complessa e va trattata con la giusta attenzione”. Per il leader Uil Luigi Angeletti “il metodo suggerito può favorire il disastro: la definizione delle soluzioni deve essere il prodotto di un confronto negoziale vero”.Di diverso avviso Confindustria: Emma Marcegaglia mette in guardia dal rischio di “ridurre le forme di flessibilità, in linea con l’Europa”. In Italia non c’è un problema di flessibilità in entrata “mentre bisogna ragionare sulla flessibilità in uscita in modo ampio, anche attraverso sperimentazioni”.
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