Costa Crociere, il padrone americano è “sparito”
di Federico Rampini
Chi è il vero,
misterioso padrone della Costa Crociere, e com’è riuscito a rimanere un
“fantasma” dall’inizio della tragedia? Finalmente se lo chiede anche la grande
stampa americana. E’ il Wall Street Journal il primo a rompere il cerchio
magico della discrezione che ha protetto l’azionista americano. Un vero
miracolo, a pensarci bene: il naufragio ha avuto una visibilità altissima qui
negli Stati Uniti, ancora a 10 giorni dal disastro le immagini dall’Isola del
Giglio continuano ad apparire in tutti i notiziari televisivi. All’appello
manca solo il padrone, che è riuscito a mantenere un profilo non basso ma
addirittura invisibile. Eppure in questa vicenda autorevoli esperti americani
di diritto marittimo fin dalle prime ore si sono chiesti se i naufraghi di cittadinanza
Usa e i familiari delle vittime americane non abbiano la possibilità di
rivolgersi a un tribunale di Miami per andare a pescare risarcimenti nelle
casse ben fornite della casa madre. “Dov’è Micky Arison?” con questo
interrogativo il Wall Street Journal ha tentato di “stanare” il potentissimo
padre-padrone della Carnival: che cumula tre ruoli, quello di presidente,
amministratore delegato, e azionista di maggioranza con un terzo del capitale.
A 62 anni, Arison è il 75esimo uomo più ricco degli Stati Uniti con un
patrimonio stimato a 4,2 miliardi nel settembre scorso dalla rivista Forbes. Il
suo impero, con sede a Miami in Florida, ha 101 navi, occupa 70.000 dipendenti,
e in media ogni giorno 200.000 passeggeri viaggiano su una nave da crociere che
appartiene al gruppo. Solo 15 navi hanno il marchio Costa. La compagnia
genovese fu acquistata da Carnival nel 1997. Il gruppo di Arison ha
10 filiali
tra cui alcune sono ben più grosse della Costa: Holland America, Princess
Cruises, Cunard, Carnival Cruise Lines. Il suo dominio nel business mondiale
delle crociere è incontrastato: il numero due di questo settore, la Royal
Caribbean, non arriva neppure alla metà del fatturato annuo di Carnival che è
di 16 miliardi di dollari. Ma neppure il Wall Street Journal è riuscito a
“bucare” l’impenetrabile cortina di silenzio dietro cui si è trincerato Arison.
Il capo di Carnival ha rifiutato interviste e incontri con la stampa. L’unica
sua reazione: nelle prime ore dopo il naufragio il 13 gennaio ha espresso le
sue condoglianze, usando Twitter: “Stasera i nostri pensieri e le nostre
preghiere vanno ai passeggeri e all’equipaggio”. Poi, mercoledì scorso Arison
ha affidato a un comunicato dell’azienda la sua “promessa personale” che il
gruppo Carnival “si prenderà cura” delle vittime. Nella stessa occasione il
quartier generale di Miami ha annunciato un’inchiesta interna sulle procedure
di sicurezza adottate in tutte le navi del gruppo. Arison però è stato molto
attento a non apparire in pubblico. Dal 13 gennaio ha perfino evitato di andare
alle partite dei Miami Heat, la squadra di basket di cui è padrone. Dalla
Carnival fanno sapere che lui è rimasto “in contatto costante” con i dirigenti
della Costa, e sottolineano che lo stile del gruppo ha sempre lasciato ampia
autonomia ai management nazionali delle filiali controllate. Perciò, insistono,
è normale che in prima linea nella risposta aziendale al disastro ci sia stato
l’amministratore delegato di Costa Crociere Pier Luigi Foschi. Altri però non
trovano giustificata questa “invisibilità” del padrone. “Un chief executive non
può sparire così, nel momento in cui i riflettori sono accesi sull’azienda”, ha
dichiarato al Wall Street Journal un esperto di comunicazione di crisi, Richard
Torrenzano. Un amico personale di Arison, chiedendo l’anonimato, ha confidato
che “lui vuole prendere le distanze dal disastro, evitare di associarlo al nome
Carnival”. Uno dei timori è proprio legato alla questione dei risarcimenti. Se
hanno ragione gli esperti legali americani secondo cui i passeggeri di
cittadinanza Usa possono ricusare il tribunale di Genova (competente per la
Costa), a Miami i risarcimenti danni imposti dalla giustizia Usa sarebbero
molto più elevati. Non a caso la Carnival ha già subito un pesante scivolone in
Borsa perdendo il 14% nel primo giorno del naufragio, e “cancellando” centinaia
di milioni del patrimonio personale di Arison. Per quanto assicurata, la
Carnival ha delle franchigie a suo carico che possono arrivare a 40 milioni di
dollari, è il “deducibile” che non viene coperto dalle compagnie di
assicurazione bensì rimane a carico di Carnival.
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