giovedì 26 gennaio 2012

Federico Rampini: “Costa Crociere, il padrone americano è ‘sparito’



Costa Crociere, il padrone americano è “sparito”
di Federico Rampini

Chi è il vero, misterioso padrone della Costa Crociere, e com’è riuscito a rimanere un “fantasma” dall’inizio della tragedia? Finalmente se lo chiede anche la grande stampa americana. E’ il Wall Street Journal il primo a rompere il cerchio magico della discrezione che ha protetto l’azionista americano. Un vero miracolo, a pensarci bene: il naufragio ha avuto una visibilità altissima qui negli Stati Uniti, ancora a 10 giorni dal disastro le immagini dall’Isola del Giglio continuano ad apparire in tutti i notiziari televisivi. All’appello manca solo il padrone, che è riuscito a mantenere un profilo non basso ma addirittura invisibile. Eppure in questa vicenda autorevoli esperti americani di diritto marittimo fin dalle prime ore si sono chiesti se i naufraghi di cittadinanza Usa e i familiari delle vittime americane non abbiano la possibilità di rivolgersi a un tribunale di Miami per andare a pescare risarcimenti nelle casse ben fornite della casa madre. “Dov’è Micky Arison?” con questo interrogativo il Wall Street Journal ha tentato di “stanare” il potentissimo padre-padrone della Carnival: che cumula tre ruoli, quello di presidente, amministratore delegato, e azionista di maggioranza con un terzo del capitale. 
A 62 anni, Arison è il 75esimo uomo più ricco degli Stati Uniti con un patrimonio stimato a 4,2 miliardi nel settembre scorso dalla rivista Forbes. Il suo impero, con sede a Miami in Florida, ha 101 navi, occupa 70.000 dipendenti, e in media ogni giorno 200.000 passeggeri viaggiano su una nave da crociere che appartiene al gruppo. Solo 15 navi hanno il marchio Costa. La compagnia genovese fu acquistata da Carnival nel 1997. Il gruppo di Arison ha
10 filiali tra cui alcune sono ben più grosse della Costa: Holland America, Princess Cruises, Cunard, Carnival Cruise Lines. Il suo dominio nel business mondiale delle crociere è incontrastato: il numero due di questo settore, la Royal Caribbean, non arriva neppure alla metà del fatturato annuo di Carnival che è di 16 miliardi di dollari. Ma neppure il Wall Street Journal è riuscito a “bucare” l’impenetrabile cortina di silenzio dietro cui si è trincerato Arison. Il capo di Carnival ha rifiutato interviste e incontri con la stampa. L’unica sua reazione: nelle prime ore dopo il naufragio il 13 gennaio ha espresso le sue condoglianze, usando Twitter: “Stasera i nostri pensieri e le nostre preghiere vanno ai passeggeri e all’equipaggio”. Poi, mercoledì scorso Arison ha affidato a un comunicato dell’azienda la sua “promessa personale” che il gruppo Carnival “si prenderà cura” delle vittime. Nella stessa occasione il quartier generale di Miami ha annunciato un’inchiesta interna sulle procedure di sicurezza adottate in tutte le navi del gruppo. Arison però è stato molto attento a non apparire in pubblico. Dal 13 gennaio ha perfino evitato di andare alle partite dei Miami Heat, la squadra di basket di cui è padrone. Dalla Carnival fanno sapere che lui è rimasto “in contatto costante” con i dirigenti della Costa, e sottolineano che lo stile del gruppo ha sempre lasciato ampia autonomia ai management nazionali delle filiali controllate. Perciò, insistono, è normale che in prima linea nella risposta aziendale al disastro ci sia stato l’amministratore delegato di Costa Crociere Pier Luigi Foschi. Altri però non trovano giustificata questa “invisibilità” del padrone. “Un chief executive non può sparire così, nel momento in cui i riflettori sono accesi sull’azienda”, ha dichiarato al Wall Street Journal un esperto di comunicazione di crisi, Richard Torrenzano. Un amico personale di Arison, chiedendo l’anonimato, ha confidato che “lui vuole prendere le distanze dal disastro, evitare di associarlo al nome Carnival”. Uno dei timori è proprio legato alla questione dei risarcimenti. Se hanno ragione gli esperti legali americani secondo cui i passeggeri di cittadinanza Usa possono ricusare il tribunale di Genova (competente per la Costa), a Miami i risarcimenti danni imposti dalla giustizia Usa sarebbero molto più elevati. Non a caso la Carnival ha già subito un pesante scivolone in Borsa perdendo il 14% nel primo giorno del naufragio, e “cancellando” centinaia di milioni del patrimonio personale di Arison. Per quanto assicurata, la Carnival ha delle franchigie a suo carico che possono arrivare a 40 milioni di dollari, è il “deducibile” che non viene coperto dalle compagnie di assicurazione bensì rimane a carico di Carnival.

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