Parte della stampa
- non quella a libro paga Berlusconi -, parte
dei politici che lo sostengono, nonché parte dell’opinione pubblica, riconoscono due caratteristiche al
governo di Mario Monti:
2. il modo di porsi di Monti e dei ministri, il
linguaggio, il cosiddetto ‘stile’ è ben diverso da quello di Berlusconi.
Le due caratteristiche
sono oggettivamente reali.
Ovviamente, è
facile comprendere come il “fare” non sia in sé sufficiente. Conta “cosa si fa”, “come lo si fa”, “perché lo
si fa”.
Personalmente,
ritengo che la manovra ‘salva Italia’
abbia attinto prevalentemente alle tasche disponibili: quelle di chi paga le
tasse e costerà, nei prossimi mesi, sulle medesime.
Vedremo se la
trasmissione dei movimenti di conto correnti all’Agenzia delle Entrate sarà
incrociata con altra movimentazione e altre segnalazioni, così da individuare
gli evasori fiscali per costringerli a versare il dovuto.
Quanto alle liberalizzazioni - da una prima veloce scorsa - si tratta più che altro di aumentare il
numero di accessi ad alcuni settori, più che modificare in modo incisivo logiche
di gestione.
Per non dire di
quella norma che consente di aprire un’impresa
con un solo euro. Omaggio di un bocconiano: Monti a dei bambocci bocconiani.
Dopo che tu,
giovane laureato alla Bocconi, hai versato un euro per aprire - formalmente –
un’impresa, dovrai trovare il capitale necessario per avviare e mantenere
l’attività. Se hai il papà commercialista – laureato alla Bocconi o altra
università (accettiamo anche questi, per quanto..la Bocconi è la Bocconi) - ce la puoi fare, perché risparmi i costi
del settore. Non sei strangolato, nel gestire l’impresa, dalle spese che devi
sostenere per le consulenze di liberi professionisti (quasi sempre evasori) e/o
per le organizzazioni varie che lo Stato italiano rende obbligatorie o di
fatto, non rinunciabili per mantenere l’attività.
Contrariamente:
chiudi il giorno dopo che hai versato l’euro. A proposito..chiudere un’impresa
è gratis o ha un costo? Minore, uguale o maggiore di 1 euro?
Io da piccola (ma
anche da adulta) giocavo con il Lego.
I giovani d’oggi possono giocare con una norma di Monti.
Non me ne voglia
il bocconiano Monti: preferisco il Lego.
E come già scritto
qualche giorno fa: il punto non è la fantomatica “liberalizzazione” ma la
sconosciuta semplificazione. Vale a
dire: individuare ciò che attiene alla realizzazione di un’attività sociale
eliminando burocrazie parassitarie, costi inutili. Tutto ciò finalizzato - in un contesto di regole definite e di
controlli attuati – a consentire ai cittadini italiani di intraprendere
impresa, produrre e dare occupazione.
La parola
“semplificazione”, da quanto apprendo, sembrerebbe entrare nel lessico del
governo Monti con prossimo decreto. Attendo di verificare se stiamo parlando
della stessa cosa o non già della solita filosofia pro ‘Mercati’.
Ecco che questa
parola mi porta alla seconda caratteristica di Monti e dei suoi ministri,
supportata da certa stampa, da alcuni politici, da una parte sociale.
Mi direte: la seconda caratteristica è di importanza
minore rispetto alla prima.
Eh..no. In linea
di principio (ma non solo): è così. Sennonché: la forma a volte è sostanza.
Dice “chi siamo” “cosa siamo” “perché siamo”.
Rispetto al vecchio
nano puttaniere e al suo codazzo d’inetti servi, indubbiamente Mario Monti e il
suo esecutivo si pongono in modo diverso. Sia dal punto di vista formale
(linguaggio) sia dal punto di vista sostanziale (comportamenti).
Non vale, per me, l’obiezione
che i ministri di Monti e il premier siano spesso in tv. Le scelte fatte da due
mesi a questa parte, in un contesto generale ed europeo critico, chiedono che
sia fatta un’adeguata comunicazione anche tramite talk show.
Ma cosa c’è in questo stile comunicativo del governo Monti? C’è,
soprattutto, una parola: ‘Mercati’.
Da due mesi a
questa parte ho letto e ascoltato a sufficienza sia Monti sia alcuni dei suoi ministri
e sottosegretari. Ho sentito ripetere come un’ossessione, una sola parola:
‘Mercati’.
Bene.
Mi sono rotta i
coglioni.
Spiacente. Non mi
sovviene un’espressione più raffinata. Più accademica.
Però.
Prendo atto che questa
è la parola d’ordine, la parola all’ordine del giorno.
E, allora,
parliamone…
Mario Monti e
alcuni dei suoi ministri sanno esprimersi in lingua italiana. Linguaggio
chiaro, senza fronzoli. E’ assente la dialettica arzigogolata di chi dice il nulla.
Poiché hanno
questa capacità e anche il bisogno costante di ricordarci che tutto ciò che si
pensa, si decide, si fa, è per i ‘Mercati’, perché non ci spiegano esattamente
cosa siano queste entità e perché ciò che si sta facendo è prioritario per loro.
Perché, con sano
realismo ma, probabilmente, una dose d’ingenuità, penso che il centro di
attenzione debba essere il ‘mercato’. Il mercato del quartiere, il mercato
rionale. Il supermercato.
No. Non è
populismo. E’ il paese reale, cari (nel senso che mi costate con le vostre
manovre) professori.
E, allora, poiché Monti non ce la racconta tutta sui ‘Mercati,
vediamo se riesco a raccontarvi qualcosa io. E alla fine del racconto,
stabilirete voi cosa sia il governo Monti. Stile incluso.
Mi rendo perfettamente
conto – e con me moltissimi italiani - che siamo in una situazione di crisi
generale, sotto l’attacco dei mercati finanziari e con due partner europei che
ci hanno dato i compiti da fare a casa, sui quali ci danno i voti, promuovendoci
o bocciandoci. Come succede nelle “migliori scuole”, gli studenti sono
giudicati, gli insegnanti: no.
In una situazione
siffatta, di cui Monti non è direttamente responsabile, è logico che
l’approccio concreto oltre che formale sia mirato a risolvere, stabilizzare. Rassicurare.
Tutto si dice e si
fa per i mercati. Dobbiamo “rassicurare i
mercati”. “I mercati ci stanno
mettendo a dura prova”. Le misure adottate devono piacere ai mercati. “Domani vedremo come risponderanno i
mercati”.
Con sano realismo.
Non possiamo scansare
gli effetti provocati dalla finanza. Ma dovremmo anche dirci una verità che,
necessariamente, deve raccontare in modo un po’ sommario ma che spero renda
l’idea.
Le crisi
economiche e finanziarie sono cicliche. L’andamento dei mercati borsistici è fatto
di discese e successive risalite con le quali ottenere nuovi profitti. Si
creano cicli di scossoni nei mercati. Spesso slegati da reali mutamenti
nell’oggetto dell’investimento da giustificare uscite massive. Le quotazioni
iniziano una parabola discendente per effetto dei massici disinvestimenti degli
investitori istituzionali (fondi d’investimento, banche). Il valore delle
aziende, dei titoli quotati, scende al di sotto del reale valore patrimoniale
dell’azienda (sia essa privata, sia esso Stato). Raggiunto il punto di “assestamento”
funzionale ad uscire realizzando utili o limitando le perdite, gli investitori
istituzionali si ripresentano per investire. Riacquistano quantità massive e
costanti.
Il riacquisto azzeccato
è quello che avviene quando il valore del titolo è inferiore a quello reale
dell’azienda (privata o Stato). Non è difficile comprendere che se il prezzo di
vendita (al netto di commissioni e tasse) nel momento della discesa borsistica,
era superiore al valore di acquisto iniziale, l’uscita dai ‘Mercati’ avviene
realizzando comunque profitti, o, nella peggiore delle ipotesi, con perdite non
significative.
Ma, anche nel caso
in cui l’uscita avesse provocato perdite reali (che significherebbe che
l’analista finanziario non ha saputo fare il suo mestiere, salvo condizioni
particolari eccezionali non prevedibili) c’è tempo e modo per coprire la
perdita e riguadagnare.
Si tratta di
capire in quale momento – da quale momento – rientrare nei ‘Mercati’.
In sintesi: ho
venduto un titolo per un valore superiore o pari al prezzo dell’acquisto iniziale,
lo riacquisto dopo un periodo nel quale il valore è sceso al di sotto del
valore reale. La differenza tra i due valori – al netto di spese e tasse - è il
mio utile. Che può compensare una precedente perdita o, addirittura, costituire
un guadagno.
Ovviamente, tutto
questo movimento di uscita ed entrata ha effetto limitato o nullo se effettuato
da pochi azionisti. Viceversa, se il movimento di entrata e uscita è eseguito
da investitori istituzionali (fondi comuni d’investimento, banche) voi capite
che gli effetti finanziari e, conseguentemente, economici sono consistenti.
Tanto da volere e ottenere, da parte dei governi, politiche economiche che consentano a queste entità che “alloggiano” in maniera permanente nei ‘Mercati’ (sia quando ne sono fuori, sia quando ne sono dentro) di realizzare le condizioni favorevoli ai loro interessi. Che sono gli interessi dei clienti che rappresentano.
Tanto da volere e ottenere, da parte dei governi, politiche economiche che consentano a queste entità che “alloggiano” in maniera permanente nei ‘Mercati’ (sia quando ne sono fuori, sia quando ne sono dentro) di realizzare le condizioni favorevoli ai loro interessi. Che sono gli interessi dei clienti che rappresentano.
E tra i clienti,
non ci mettiamo i piccoli risparmiatori, ma patrimoni privati di rilievo,
aziende alle quali sono concessi finanziamenti per investimenti in altre
società.
Questo è, in linea
generale (i bocconiani mi perdoneranno la rappresentazione non accademica), il
“funzionamento”, la “logica” dei ‘Mercati' e dei cosiddetti ‘poteri forti’.
Chi sia forte e
debole in questo meccanismo non è difficile intuirlo.
La domanda a
questo punto potrebbe essere: ce ne possiamo fregare di questi ‘Mercati’. No. Perché
ci stanno impoverendo. No, se tutto ciò che si fa è…per loro. No, se le manovre
economiche, l’aumento dei prezzi, la riduzione del potere d’acquisto di
stipendi e pensione deriva da politiche “obbligate” dall’andamento dei
‘Mercati’.
Va detto, perché
dobbiamo guardare in faccia la realtà e renderci conto che viviamo – mediamente
– nel superfluo, che di là dei movimenti dei ‘Mercati’, dovremmo rivedere il
nostro stile di vita. Il modo di pensare, le priorità, il modo di stare nel
sociale.
Perché la crisi
che si sta attraversando è, sì, provocata a “arte” dalle logiche sopra
descritte ma ha gioco facile nell’era dell’eccesso, del superfluo, del: tutto,
subito, senza fatica.
Sono stata
prolissa, ma l’argomento è “pesante”.
Vorrei chiudere
arrivando a un dunque sullo “stile del governo Monti”.
Io ne ho le palle
piene di sentir parlare di ‘Mercati' senza che, onestamente, si affermi la
verità, tutta la verità e nient’altro che la verità su queste entità.
Monti e i suoi
eminenti professori stanno lavorando per dare un futuro ai nostri figli? Ma che
bravi.
Senza verità,
chiarezza totale, non si fa il bene di nessuno. Non si fa bene a nessuno. Se
non…ai ‘Mercati’.
Perché Mario Monti
sta rispondendo alle attese dei ‘Mercati’, più che dei nostri figli.
‘Mercati’ che non ricambiano (se non
parzialmente, da qualche giorno). Non hanno ancora manifestato il loro
apprezzamento alla politica del premier. Lo
faranno dal momento in cui le misure di Monti saranno approvate e attuate. Lo
faranno quando gli investitori
istituzionali avranno stabilito che è arrivato il momento di rientrare nei
‘Mercati’ italiani.
Monti è il miglior
aziendalista che potessero trovare. “Curioso” (ma forse, no) che a scovarlo sia
stato un ex comunista (Giorgio Napolitano).
La prossima
domanda che dovremo porci è se questa politica per “convincere” “rassicurare”
“rispondere” ai ‘Mercati’ giova o no e in che misura agli italiani. Vedremo,
nel medio e lungo periodo.
Personalmente, ne
dubito fortemente. Perché la ripresa dei ‘Mercati’, la crescita che si dovesse
realizzare nei prossimi anni è fasulla. Non è la risposta alla crisi generale
che stiamo attraversando.
In questo senso.
Se il modello di
sviluppo sarà quello che conosciamo da vent’anni a questa parte (e anche più) a
beneficiare saranno sempre i soliti: coloro che giocano e vivono nei ‘Mercati’.
Coloro che chiedono crescita per ritrovare o aumentare profitti. Non coloro che
chiedono giustizia sociale, un modello politico-economico rispondente alle
esigenze vere dell’uomo.
I primi sono
concentrati sui ‘Mercati’, gli altri vivono nel paese reale: quello che va al
‘mercato’.
E, allora, la
domanda conclusiva che dovremo porci e alla quale dovremo dare o attendere una
risposta è la seguente: quale crescita? Per quale modello economico e sociale.
E’ già tardi per
pensare a un modello diverso da quello che ciclicamente è governato dai
‘Mercati’.
Nel frattempo, sarebbe di buon gusto, sarebbe un
buon esercizio di stile se Monti & C. la piantassero di iniziare,
continuare, terminare un discorso mettendo al centro la parola ‘Mercati’. Quanto meno, evitino di prendere le distanze dalle affermazioni sul loro conto di “relazione” con i “poteri forti".
P.S questo è il link http://pinkpanther.iobloggo.com/archive.php?eid=985 di un post che ho scritto nel lontano 24 agosto 2007 allo scoppiare della crisi originata dalla finanza “creativa”. Può ancora servire a ricordarci alcuni meccanismi che è opportuno conoscere.
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