lunedì 23 gennaio 2012

L'impero di Formigoni vacilla


da: Lettera43

Formigoni, l'impero vacilla
Scandali e calo di consensi: la crisi del presidente lombardo
di Matteo Anselmi 

Una nuova crepa si è aperta nelle fondamenta del Pirellone. L'arresto per bancarotta, concussione e finanziamento illecito ai partiti del pidiellino Massimo Ponzoni, ex assessore e ora ex membro dell'ufficio di presidenza del Consiglio regionale, è solo l'ultimo scossone che ha fatto traballare la Regione Lombardia. Poco più di un mese fa erano scattate le manette per tangenti per un altro esponente del Pdl, Franco Nicoli Cristiani, anche lui ex membro della giunta poi riciclato come vicepresidente del Consiglio regionale. «Casi e responsabilità personali», ha sempre dichiarato il presidente Roberto Formigoni, «senza alcun collegamento né giudiziario, né politico, né morale con l'attività dell'amministrazione regionale».


UN BIENNIO DIFFICILE. Il sistema Lombardia, però, è arrivato all'alba del 2012 con addosso tutti i segni di un biennio sconvolgente: una sequela di scandali, arresti e inciampi che per tempismo sembrano quasi una maledizione scagliata sul governatore, arrivato a un passo dal realizzare il sogno di lanciarsi nell'agone nazionale come leader del centrodestra.
Per Formigoni non solo c'è il rischio di ritrovarsi, proprio all'ultimo, una macchia indelebile sul ruolino di 16 anni di governo della regione motore d'Italia, ma anche quello di vedersi franare sotto i piedi il terreno amico che dovrebbe fargli da trampolino verso la leadership del Pdl, se non addirittura appoggiarlo in una eventuale candidatura a premier.

 

Le bufere: dal caso Santa Giulia a Ponzoni


La classifica del gradimento dei presidenti di Regione stilata pochi giorni fa da Datamonitor, del resto, ha rilevato
un calo consistente e inconsueto di consensi per il presidente lombardo (-5,8%), sceso dal secondo al quarto posto e superato dal mediaticamente meno esposto Enrico Rossi, presidente della Toscana.

Formigoni, è stata l'interpretazione comune, ha pagato lo scotto di macchie come il crac del San Raffaele. Alle spalle però c'è altro: lo scandalo Santa Giulia nel 2009, con l'arresto del re delle bonifiche Giuseppe Grossi insieme con Rosanna Gariboldi, moglie dell'ex assessore ciellino Giancarlo Abelli; l'arresto di Piergianni Prosperini, all'epoca assessore allo Sport, turismo e giovani, per corruzione, turbativa d'asta e truffa ai danni della Regione.
FIRME FALSE, TREMANO 12 PIDIELLINI. E, naturalmente, il caos delle presunte firme false per il listino personale del presidente alle regionali 2010, una vicenda che ha messo sono inchiesta da parte della Procura una dozzina di esponenti del Pdl, sui quali le indagini si sono concluse lo scorso ottobre. Ora, hanno fatto notare con preoccupazione dal partito, se quella dozzina di politici pidiellini verrà rinviata a giudizio c’è il rischio di una nuova bufera.

LO SFOGO: «ATTACCHI STRUMENTALI». Sono tutte vicende in cui Formigoni non è mai stato coinvolto direttamente, pur venendo a vario titolo tirato in ballo. Lo ha fatto notare, piccato, lui stesso commentando in questi giorni l’arresto di Ponzoni: «Sono tutti attacchi contro il Pdl e contro di me», si è sfogato il presidente, «sembra che l’imputato sia Formigoni. Di Ponzoni praticamente non parla nessuno, se non per attaccare Formigoni».

TERRA BRUCIATA. Anche senza coinvolgimenti diretti, però, il nome del presidente non emerge mai per caso: negli scandali sono spesso coinvolti esponenti del Pdl in Regione (Prosperini, Nicoli, Ponzoni), persone considerate vicine a Comunione e Liberazione (Grossi, Gariboldi) o comunque amici di Formigoni (come don Verzé e Mario Cal). Una rete di rapporti e contatti, tessuta nel corso di tre mandati di governo, che sembra oggi scricchiolare e farsi sempre più fragile.

 

Formigoni pronto a giocare la sua carta ai congressi


La prima conseguenza di questo biennio massacrante è sul piano dell’immagine, un aspetto considerato fondamentale dal presidente lombardo. Buona parte della sua strategia recente ruota attorno al consolidamento della sua figura a livello nazionale, superando i confini della Lombardia. Obiettivo non facile se il suo nome viene accostato più a scandali e polemiche che alla sua efficienza di amministratore o serietà politica.

A livello politico, la resa dei conti sarà probabilmente quella dei congressi. È lì che, secondo chi lo conosce, il presidente starebbe al momento focalizzando la sua attenzione.
IL FORTINO INESPUGNABILE. Non è un mistero del resto che Formigoni, da mesi, ribadisca la necessità di andare alla conta per esprimere i dirigenti di partito. E non è un mistero nemmeno che in Lombardia il governatore lavori incessantemente da tempo per garantirsi un quartier generale inespugnabile in vista della più complessa partita a livello nazionale.

TRA CL E LA SFIDA DI LA RUSSA. Formigoni può contare senza problemi sui “suoi” di Comunione e Liberazione, e a lungo si è parlato di un asse con il presidente della Provincia di Milano Guido Podestà, le cui quotazioni interne al partito però sembrano andare al ribasso.
Poi c’è la grossa incognita di Ignazio La Russa, da sempre plenipotenziario del Pdl in Lombardia, e degli ex An che lo seguono: vicino ad Angelino Alfano, l’ex ministro della Difesa non ha mai negato la stima per il presidente lombardo, ma il susseguirsi di problemi e scandali non gioca a favore delle trattative da parte del governatore. Una perdita d’immagine (e quindi di terreno) da parte di Formigoni potrebbe bastare a convincere Ignazio e i suoi a restare con quello che sembra il cavallo vincente, e cioè l’«immacolato» Angelino.

Carroccio, alleato possibile ma non affidabile al 100%

Non va sottovalutato poi il fattore Carroccio. Formigoni ha tra le mani il frutto proibito dei leghisti, cioè la presidenza della Regione Lombardia, che ai padani garantirebbe il governo del trittico da sogno Piemonte-Lombardia-Veneto.

DIALOGO CON I LÙMBARD. I rapporti tra il governatore e i padani del resto sono sempre stati positivi, e nel Carroccio quasi nessuno sembra stracciarsi le vesti per gli scandali e le polemiche che hanno investito il Pdl in queste settimane. Se a Roma la Lega si spacca su Nicola Cosentino, a Milano fa spallucce su Ponzoni e Nicoli. Insomma se l’alleanza a livello nazionale appare sempre più pericolosamente incrinata, Formigoni ne esce anche come il miglior possibile pontiere.
LA LEGA SCALPITA. Un’amicizia che però nel Carroccio qualcuno ha cominciato a guardare con un velo di cinismo: «Per Formigoni questo è l’ultimo mandato da presidente, vada come vada», ha detto a Lettera43.it un esponente lùmbard. Vada come vada. Cioè che riesca o non riesca nella sua impresa di arrivare ai vertici nazionali, di certo non sarà più candidato alle regionali lombarde (la legge non lo consente), e per il futuro candidato leghista è solo questione di aspettare il proprio turno.
Come a livello nazionale, insomma, i padani sono un alleato possibile ma non affidabile al 100% per i piani futuri del governatore.

Il Pd affila le armi e già pregusta una vittoria

Come se non bastasse, mentre si occupa della situazione interna al centrodestra, Formigoni deve fare i conti anche con gli avversari, che naturalmente non hanno perso occasione per tuonargli contro visti i problemi recenti.

Sabato 14 gennaio è stata la volta di Pier Luigi Bersani che, dal palco dell’assemblea regionale a Milano, ha annunciato perentorio: «In Lombardia si vince facile».
I DEMOCRATICI CHIEDONO IL VOTO. «Il Pd vincerà facile in Lombardia quando gli asini voleranno», ha risposto Formigoni al limite del divertito. Anche se il buonumore deve essergli durato poco visto che appena due giorni dopo Ponzoni è stato arrestato e il centrosinistra ha colto la palla al balzo chiedendo il ritorno alle urne. Appello a cui si è unita anche l’associazione Libertà e Giustizia che già chiedeva le dimissioni della giunta dopo l’arresto di Nicoli Cristiani, per ragioni di trasparenza.
CIVATI: «IL DISASTRO DEL CENTRODESTRA». Pd e alleati hanno annusato, per la prima volta, la possibilità del crollo della macchina da guerra formigoniana in Lombardia. «Il famoso modello lombardo di cui Roberto Formigoni illustra da anni le magnifiche sorti», ha scritto il consigliere regionale lombardo del Pd Pippo Civati su Europa, «e progressivamente perde punti ogni giorno, in termini di credibilità e di qualità amministrativa. Un vero disastro di immagine e, cosa più grave, di sostanza politica».

SOGNANDO IL SUCCESSO DI MILANO. La speranza è che, tra gli scandali e le aspirazioni nazionali del presidente, la poltrona di Palazzo Lombardia sia lasciata vacante al più presto, e in Regione si possa ripetere l’exploit di Milano. Finora però tutte le speranze maturate nel corso degli anni di liberarsi dell’invincibile (elettoralmente) Formigoni, attraverso promozioni a Roma, si sono rivelate vane.

Berlusconi non ha mai acconsentito a un ingresso dell’uomo di Cl nelle sue squadre di governo, e oggi se il governatore lascerà la Lombardia lo farà solo conquistandosi la leadership sul campo.

Resta da vedere se, scandalo dopo scandalo, inciampo dopo inciampo, riuscirà a rimanere in corsa.

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