da: Lettera43
Formigoni, l'impero vacilla
Scandali e calo di consensi: la crisi del presidente lombardo
di Matteo Anselmi
Una nuova crepa si è aperta nelle fondamenta del Pirellone. L'arresto
per bancarotta, concussione e finanziamento illecito ai partiti del pidiellino Massimo Ponzoni, ex
assessore e ora ex membro dell'ufficio di presidenza del Consiglio regionale, è
solo l'ultimo scossone che ha fatto traballare la Regione Lombardia. Poco più
di un mese fa erano scattate le manette per tangenti per un altro esponente del
Pdl, Franco Nicoli Cristiani,
anche lui ex membro della giunta poi riciclato come vicepresidente del
Consiglio regionale. «Casi e responsabilità personali», ha sempre dichiarato il
presidente Roberto Formigoni, «senza alcun collegamento né giudiziario, né
politico, né morale con l'attività dell'amministrazione regionale».
UN BIENNIO
DIFFICILE. Il sistema Lombardia, però, è arrivato all'alba del
2012 con addosso tutti i segni di un biennio sconvolgente: una sequela di
scandali, arresti e inciampi che per tempismo sembrano quasi una maledizione
scagliata sul governatore, arrivato a un passo dal realizzare il sogno di
lanciarsi nell'agone nazionale come leader del centrodestra.
Per Formigoni non solo c'è il rischio di ritrovarsi, proprio all'ultimo,
una macchia indelebile sul ruolino di 16 anni di governo della regione motore
d'Italia, ma anche quello di vedersi franare sotto i piedi il terreno amico che
dovrebbe fargli da trampolino verso la leadership del Pdl, se non addirittura
appoggiarlo in una eventuale candidatura a premier.
Le bufere: dal caso Santa Giulia a Ponzoni
La classifica del gradimento dei
presidenti di Regione stilata pochi giorni fa da Datamonitor, del
resto, ha rilevato
un calo consistente e inconsueto di consensi per il presidente lombardo (-5,8%), sceso dal secondo al quarto posto e superato dal mediaticamente meno esposto Enrico Rossi, presidente della Toscana.
un calo consistente e inconsueto di consensi per il presidente lombardo (-5,8%), sceso dal secondo al quarto posto e superato dal mediaticamente meno esposto Enrico Rossi, presidente della Toscana.
Formigoni, è stata
l'interpretazione comune, ha pagato lo scotto di macchie come il crac del San Raffaele.
Alle spalle però c'è altro: lo scandalo Santa Giulia nel 2009, con l'arresto
del re delle bonifiche Giuseppe Grossi insieme con Rosanna Gariboldi, moglie
dell'ex assessore ciellino Giancarlo Abelli; l'arresto di Piergianni
Prosperini, all'epoca assessore allo Sport, turismo e giovani, per corruzione,
turbativa d'asta e truffa ai danni della Regione.
FIRME FALSE, TREMANO 12 PIDIELLINI. E, naturalmente, il caos delle presunte firme false per il listino
personale del presidente alle regionali 2010, una vicenda che ha messo sono
inchiesta da parte della Procura una dozzina di esponenti del Pdl, sui quali le
indagini si sono concluse lo scorso ottobre. Ora, hanno fatto notare con
preoccupazione dal partito, se quella dozzina di politici pidiellini verrà rinviata
a giudizio c’è il rischio di una nuova bufera.
LO SFOGO: «ATTACCHI STRUMENTALI». Sono
tutte vicende in cui Formigoni non è mai stato coinvolto direttamente, pur
venendo a vario titolo tirato in ballo. Lo ha fatto notare, piccato, lui stesso
commentando in questi giorni l’arresto di Ponzoni: «Sono tutti attacchi contro
il Pdl e contro di me», si è sfogato il presidente, «sembra che l’imputato sia
Formigoni. Di Ponzoni praticamente non parla nessuno, se non per attaccare
Formigoni».
TERRA
BRUCIATA. Anche senza coinvolgimenti diretti, però, il nome del
presidente non emerge mai per caso: negli scandali sono spesso coinvolti
esponenti del Pdl in Regione (Prosperini, Nicoli, Ponzoni), persone considerate
vicine a Comunione e Liberazione (Grossi, Gariboldi) o comunque amici di
Formigoni (come don Verzé e Mario Cal). Una rete di rapporti e contatti,
tessuta nel corso di tre mandati di governo, che sembra oggi scricchiolare e
farsi sempre più fragile.
Formigoni pronto a giocare la sua carta ai congressi
La prima conseguenza di questo biennio massacrante è sul piano
dell’immagine, un aspetto considerato fondamentale dal presidente lombardo.
Buona parte della sua strategia recente ruota attorno al consolidamento della
sua figura a livello nazionale, superando i confini della Lombardia. Obiettivo
non facile se il suo nome viene accostato più a scandali e polemiche che alla
sua efficienza di amministratore o serietà politica.
A livello politico, la resa dei conti sarà probabilmente quella dei
congressi. È lì che, secondo chi lo conosce, il presidente starebbe al
momento focalizzando la sua attenzione.
IL FORTINO INESPUGNABILE. Non è un
mistero del resto che Formigoni, da mesi, ribadisca la necessità di andare alla
conta per esprimere i dirigenti di partito. E non è un mistero nemmeno che in
Lombardia il governatore lavori incessantemente da tempo per garantirsi un
quartier generale inespugnabile in vista della più complessa partita a livello
nazionale.
TRA CL E LA SFIDA DI LA RUSSA.
Formigoni può contare senza problemi sui “suoi” di Comunione e Liberazione, e a
lungo si è parlato di un asse con il presidente della Provincia di Milano Guido
Podestà, le cui quotazioni interne al partito però sembrano andare al ribasso.
Poi c’è la grossa incognita di Ignazio La Russa, da sempre
plenipotenziario del Pdl in Lombardia, e degli ex An che lo seguono: vicino ad
Angelino Alfano, l’ex ministro della Difesa non ha mai negato la stima per il
presidente lombardo, ma il susseguirsi di problemi e scandali non gioca a
favore delle trattative da parte del governatore. Una perdita d’immagine (e
quindi di terreno) da parte di Formigoni potrebbe bastare a convincere Ignazio
e i suoi a restare con quello che sembra il cavallo vincente, e cioè
l’«immacolato» Angelino.
Carroccio, alleato possibile ma non affidabile al
100%
Non va sottovalutato poi il fattore Carroccio. Formigoni ha tra le mani
il frutto proibito dei leghisti, cioè la presidenza della Regione Lombardia,
che ai padani garantirebbe il governo del trittico da sogno
Piemonte-Lombardia-Veneto.
DIALOGO
CON I LÙMBARD. I rapporti tra il governatore e i padani del
resto sono sempre stati positivi, e nel Carroccio quasi nessuno sembra
stracciarsi le vesti per gli scandali e le polemiche che hanno investito il Pdl
in queste settimane. Se a Roma la Lega si spacca su Nicola Cosentino, a
Milano fa spallucce su Ponzoni e Nicoli. Insomma se l’alleanza a livello
nazionale appare sempre più pericolosamente incrinata, Formigoni ne esce anche
come il miglior possibile pontiere.
LA LEGA SCALPITA. Un’amicizia
che però nel Carroccio qualcuno ha cominciato a guardare con un velo di
cinismo: «Per Formigoni questo è l’ultimo mandato da presidente, vada come
vada», ha detto a Lettera43.it un esponente lùmbard. Vada come vada. Cioè che
riesca o non riesca nella sua impresa di arrivare ai vertici nazionali, di
certo non sarà più candidato alle regionali lombarde (la legge non lo
consente), e per il futuro candidato leghista è solo questione di aspettare il
proprio turno.
Come a livello nazionale, insomma, i padani sono un alleato possibile ma
non affidabile al 100% per i piani futuri del governatore.
Il Pd affila le armi e già pregusta una vittoria
Come se non bastasse, mentre si occupa della situazione interna al
centrodestra, Formigoni deve fare i conti anche con gli avversari, che
naturalmente non hanno perso occasione per tuonargli contro visti i problemi
recenti.
Sabato 14 gennaio è stata la volta di Pier Luigi Bersani che, dal palco
dell’assemblea regionale a Milano, ha annunciato perentorio: «In Lombardia si
vince facile».
I DEMOCRATICI CHIEDONO IL VOTO. «Il Pd
vincerà facile in Lombardia quando gli asini voleranno», ha risposto Formigoni
al limite del divertito. Anche se il buonumore deve essergli durato poco visto
che appena due giorni dopo Ponzoni è stato arrestato e il centrosinistra ha
colto la palla al balzo chiedendo il ritorno alle urne. Appello a cui si è
unita anche l’associazione Libertà e Giustizia che già chiedeva le dimissioni
della giunta dopo l’arresto di Nicoli Cristiani, per ragioni di trasparenza.
CIVATI: «IL DISASTRO DEL CENTRODESTRA». Pd e alleati hanno annusato, per la prima volta, la possibilità del
crollo della macchina da guerra formigoniana in Lombardia. «Il famoso modello
lombardo di cui Roberto Formigoni illustra da anni le magnifiche sorti», ha
scritto il consigliere regionale lombardo del Pd Pippo Civati su Europa, «e
progressivamente perde punti ogni giorno, in termini di credibilità e di
qualità amministrativa. Un vero disastro di immagine e, cosa più grave, di
sostanza politica».
SOGNANDO
IL SUCCESSO DI MILANO. La speranza è che, tra gli scandali e le
aspirazioni nazionali del presidente, la poltrona di Palazzo Lombardia sia
lasciata vacante al più presto, e in Regione si possa ripetere l’exploit di
Milano. Finora però tutte le speranze maturate nel corso degli anni di liberarsi
dell’invincibile (elettoralmente) Formigoni, attraverso promozioni a Roma, si
sono rivelate vane.
Berlusconi non ha mai acconsentito a un ingresso dell’uomo di Cl nelle sue
squadre di governo, e oggi se il governatore lascerà la Lombardia lo farà solo
conquistandosi la leadership sul campo.
Resta da vedere se, scandalo dopo scandalo, inciampo dopo inciampo, riuscirà a
rimanere in corsa.
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