da: La Stampa
Beppe
Fiorello: io, posseduto dallo spirito di Modugno
Protagonista
mattatore nella fiction di Raiuno “Volare”
“È una leggenda e
poi è un ragazzo del Sud proprio come me”
di Simonetta
Robiony
Beppe Fiorello deve essersi davvero
immedesimato in Domenico Modugno visto che ha trasformato la presentazione
della fictionVolare in un one–man show con tanto di
canzoni, chitarre e ricordi mettendo sullo sfondo il regista Riccardo Milani,
uno dei migliori della nostra tv, gli sceneggiatori Rulli e Petraglia, binomio
garantito di qualità, la produttrice Elide Melli, la sua partner Kasia Smuntiak,
il nuovo capo della fiction Tinni Andreatta, il direttore di Raiuno Leone, e
perfino Franca Gandolfi, la moglie di Modugno, a cui concede solo un breve
discorsetto: «Erano anni che si pensava a un film-tv su Mimmo. Io, per dare il
mio consenso, ho messo due condizioni: che si ridesse molto perché noi,
Pazzaglia, Migliacci, Mimmo e io ridevamo tanto, e che a scriverlo fossero
Rulli e Petraglia, perché sono una garanzia di serietà e se non c’è una buona
sceneggiatura che possono fare gli attori? Il mio compito è stato parlare,
parlare, parlare per ore, fino ad avere la gola secca, loro hanno trasformato
le mie parole in un racconto sugli Anni 50. Il resto è stato Beppe. Una volta
mi fece ascoltare al telefono una canzone di Mimmo. “Ti sei portato la registrazione?”,
gli chiesi. ”No, sono io che canto” rispose. Non riuscivo a crederci».
In onda lunedì 18 e martedì 19 su
Raiuno dopo il lancio al festival di Sanremo, concepito come un storia vista
dagli occhi di Modugno, ragazzo del sud piombato a Roma per diventare attore e
finito come il cantante italiano più famoso del mondo grazie a Volare che travolse l’asfittico ambiente
delle nostre canzonette, la fiction, forse, in un momento tanto amaro e
disilluso per noi, per offrirci uno sprazzo di speranza, vitalità,
incoraggiamento perfino, appare come una serie di cartoline sentimentali,
costruite con immagini senza ombre, nitide e brillanti, immagini sognate.
Fiorello ha dato tutto quello che poteva. Peccato gli manchi la sensualità di
Modugno, uomo che sapeva anche conquistare le donne, portandole nel blu dipinto
di blu.
Dunque Fiorello. Nella storica sede
Rai di via Asiago, sale su un palco improvvisato, afferra un microfono, canta e
parla, si fa le domande e si risponde, racconta l’ansia e la soddisfazione,
ringrazia, spera. «Lo so. Rischio di apparire posseduto dallo spirito di
Modugno. Ho passato momenti di sconforto prima di girare. Avevo paura. Ho
sofferto perfino. Chi mi ha preso per i capelli e incoraggiato, ripetendomi che
solo io avrei potuto farlo, è stato Milani. Lui e mia moglie si meritano un
monumento. Dovevo cantare come lui, ma senza imitarlo. Ho avuto bisogno di un
preparatore atletico con la chitarra, ma nella mia voce mancava sempre la
“punta”. E quanto l’ho cercata ‘sta punta! Poi ho voluto un chitarrista di
flamenco perché Modugno con la chitarra era un virtuoso, faceva qualunque cosa,
la pizzicava, la tamburellava, la scuoteva. Ho sentito tutte le sue canzoni e
alla fine ho capito che potevo solo farle col cuore, e buttarmi. Volevo rievocarlo
con rispetto e credibilità. Perché è una leggenda, certo. Ma anche perché la
sua biografia è un po’ come la mia. Anche io sono un ragazzo del Sud che voleva
fare l’artista, visto al paese come un perditempo che non ha voglia di faticare
e arrivato a Roma pieno di illusioni. Ma Modugno, oltre che a me stesso, mi fa
pensare a mio padre. Era una guardia di finanza che lavorava alla radio
dell’arma per dar la caccia a delinquenti e contrabbandieri. Tra un avviso e
l’altro, però, cantava e raccontava storielle. Io ero piccolo ma mi ricordo
benissimo la volta in cui cantòAmara terra mia di Modugno. Modugno cantava cose vere:
il pesce spada, i grilli, il cavallo cieco della miniera, il suicidio di un
uomo in frac, i capelli ricci di una ragazza. Era un grande uomo. Odiava le
regole ma le rispettava. A Sanremo quando cantò Volare non volevano allargasse le braccia
perché uscivano dalla inquadratura. Dovettero trovare un accordo. Da ragazzino
la sua prima canzone che ho amato è stata La lontananza. Adesso che le ho conosciute mi
piacciono tutte. La sveglietta che
fa tic-tac, tic-tac, mi ha fatto penare, ma quando l’ho cantata davanti a suo
figlio Massimo mi sono sentito dire che lui non era mai riuscito a farla così
bene».
E che dire di Kasia, cui è toccato essere
Franca Gandolfi, il grande amore di Modugno? «E’ mostruosa. In una scena io
canto davanti a lei: Tu sì ‘ na cosa grande. Milani le dice che alla
fine una lacrima ci sarebbe stata bene. Lei risponde: ”Dove la vuoi per il
carrello? Nell’occhio destro o sinistro?”. E poi la fece in tutti e due perché
il regista potesse scegliere. Anche Kasia conosceva Volare.
Al suo Paese, in Polonia, la cantavano nella loro lingua ma il ritornello era
in italiano. Come dice Katia, ho capito che ce l’avevo fatta un pomeriggio a
casa Modugno, con moglie e figli che cantavano. Lei ci raccontava che suo
marito aveva anche aspetti malinconici, romantici, timidi. Ma ci incoraggiava a
lasciarci andare all’istinto, all’energia, alla naturalezza. Io ci ho
provato».
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