da: Il Fatto Quotidiano
Neppure conquistare
il Corriere può aiutare Marchionne, bocciato dalla Consulta e
snobbato dalla Boldrini.
Certi
silenzi spiegano più di mille dichiarazioni il momento della Fiat e la scoperta
di un’improvvisa debolezza o almeno di una certa solitudine.
Due
giorni fa il presidente della Camera
Laura Boldrini rifiuta l’invito di Sergio Marchionne a partecipare a una
cerimonia nello stabilimento Sevel in Val di Sangro, colpa di imprecisati
“impegni istituzionali”, ma anche di scarsa simpatia per chi compete nella
“gara al ribasso sui diritti e sul costo del lavoro”. Sono passati appena sette
mesi da quando Mario Monti, allora
premier, si prestò a fare da testimonial per il rilancio dello stabilimento
di Melfi (pochi giorni dopo Marchionne mise tutti in cassa integrazione).
Polemiche sul caso Boldrini: pochissime, giusto un mugugno di Fabrizio
Cicchitto (Pdl). Secondo silenzio eloquente: nella battaglia per il Corriere della Sera l’imprenditore della Tod’s Diego
Della Valle – per ora il grande sconfitto – accusa il presidente Fiat John Elkann e il capo dello Stato Giorgio
Napolitano di aver interpretato una “sceneggiata
da Istituto Luce”: invece che rispondere alla chiamata con cui Elkann annunciava
al Quirinale che aveva raddoppiato il peso nell’azionariato Rcs, da circa il 10
a oltre il 20, Napolitano avrebbe fatto
meglio a “chiamare gli operai di Pomigliano”. Polemiche su questo attacco:
zero.
C’è
il vuoto politico attorno a Marchionne , ma c’è anche poca simpatia
attorno all’operazione su Rcs: è vero che l’editrice del Corriere della Sera vacilla sotto il peso di debiti e perdite
frutto di scriteriate operazioni passate, ma sono in pochi a salutare
l’avanzata di Elkann come un
sollievo. A che scopo vuole il Corriere?
Magari per contare di più e allontanare il direttore Ferruccio de Bortoli,
colpevole di aver pubblicato (anche) articoli critici sulle strategie del
Lingotto? O forse per consegnarlo a Rupert Murdoch
in vista del doppio riassetto industriale, quello del settore tv in Italia, che
interessa allo Squalo, e di quello auto con la fusione con Chrysler negli Usa,
per il quale a Elkann farà comodo il sostegno della Fox di Murdoch. Chissà.
Il faccendiere Luigi Bisignani ieri ha
dato un giudizio che, in bocca ad altri, avrebbe portato a immediate querele
dalla Fiat: “Elkann? Mi sembra una
specie di furbetto del quartierino di Torino, ha preso i diritti a quattro lire come il nonno che
approfittò della vicenda P2 per
prendersi la Rizzoli. Poi ha chiamato Napolitano e non si capisce perchè”. Parole sgradevoli ma prive di conseguenze.
A
differenza di quelle della Corte
Costituzionale che tre giorni fa ha sancito che la linea seguita da tre anni contro la Fiom è illegittima. “La
sentenza della Consulta sancisce che è incostituzionale interpretazione che
Fiat ha dato dell’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori per escludere la
Fiom dai suoi stabilimenti”, spiega al Fatto Maurizio Landini. L’articolo 19 stabilisce che
“rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei
lavoratori in ogni unità produttiva, nell’ambito” da parte delle “associazioni
sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati
nell’unità produttiva”. Un articolo modificato da un referendum del 1995 (prima
la rappresentanza era concessa alle “associazioni aderenti alle confederazioni
maggiormente rappresentative sul piano nazionale”). Marchionne lo ha interpretato in maniera incostituzionale, dice la
Consulta, stabilendo che la conseguenza degli accordi separati sugli
stabilimenti Fiat e la scelta della Fiom di non aderire al nuovo contratto
scritto fuori dalle gabbie nazionali (il Lingotto ha portato le fabbriche fuori
da Confindustria) come una cessazione di tutti i diritti sindacali dei
metalmeccanici Cgil.
Confusi
dalla continua alternanza di sentenze favorevoli e contrarie, pochi hanno
chiaro che la segregazione della Fiom è
stata smontata pezzo dopo pezzo dai tribunali: Landini ha già ottenuto di
poter avere le trattenute sindacali in quasi tutti gli stabilimenti, a
Pomigliano d’Arco il tribunale di Roma ha stabilito che c’era stata una
discriminazione ai danni degli iscritti Fiom e che dovevano essere riassunti
nella nuova fabbrica (la Fiat cerca di rimandare il problema tenendo gli operai
in cassa integrazione così da non assumere). Ora Landini vuole proporre alla Fiat un armistizio dalla posizione di
forza in cui lo ha messo la Corte Costituzionale: “Stiamo valutando un passo
formale verso la Fiat per avere il riconoscimento
dei nostri diritti: la nomina delle Rsa e l’uso delle salette sindacali”,
dice Landini. L’idea è questa: inutile continuare a contrapporsi in tribunale,
visto che dopo la sentenza della Consulta le possibilità della Fiat di ottenere
ragioni sono molto più basse, facciamo un tavolo con tutte le parti sociali e
troviamo un compromesso una volta per tutte. Landini ne parlerà in una
assemblea con i delegati del gruppo Fiat. Elkann
pare abbia altri pensieri. Starà ragionando su chi deve essere il direttore del
suo Corriere.
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