da: la Repubblica
Elio
Germano: Tutti a scuola per far rinascere il cinema
L'attore
è nel comitato tecnico-scientifico della Scuola d'Arte cinematografica
"Gian Maria Volontè" di Roma. "Pubblica e gratuita, perché possa
imparare il mestiere anche chi non può permetterselo. E per dare un segnale di
speranza e opttimismo in una situazione drammatica"
di Alessandra
Vitali
"In questo momento di crisi imparare
il mestiere, i mestieri, del cinema rappresenta un segnale di speranza e
ottimismo in un paese che al cinema sta togliendo la vita". Elio Germano
fa parte del comitato tecnico-scientifico, presieduto da Valerio Mastandrea,
della Scuola d'Arte cinematografica "Gian Maria Volontè" di Roma. Il
4 luglio si chiude il bando per l'iscrizione al secondo biennio, la scuola è
pubblica e gratuita, possono iscriversi ragazzi d'ogni parte d'Italia fra i 18
e i 26 anni. Germano ci tiene a promuovere la scuola, "intanto perché si
trova nel quartiere della Magliana e quindi rappresenta un'opportunità
di
riqualificazione per la zona e per chi ci abita. E perché nasce da un progetto
di tante persone, artisti e lavoratori dello spettacolo - spiega l'attore -
attenti a che il cinema possano farlo non solo persone di una classe agiata, o
figli di artisti o di tecnici, giovani che possono permettersi di frequentare
scuole private costose. La 'Volontè' è pubblica e gratuita, istituita dalla Provincia
di Roma, uno dei pochi casi di rapporto virtuosissimo con le istituzioni,
perché possano accedervi davvero tutti così che in futuro le storie possano
essere raccontate da punti di vista diversi. penso ad esempio a quanto sarebbe
bello un film girato da un immigrato di prima generazione".
Nel 2010, alla Mostra del cinema di
Venezia, Elio Germano dedicò il premio per la migliore interpretazione maschile
vinto con La nostra vita "all'Italia e agli italiani che fanno di tutto
per rendere il paese migliore nonostante la loro classe dirigente". Il
presidente del Consiglio era Silvio Berlusconi, il ministro della Cultura
Sandro Bondi, il cinema già soffriva dei tagli inflitti dal governo. A distanza
di tre anni, è cambiata la situazione? "È peggiorata. È una situazione
drammatica, c'è sempre meno Stato, vengono privilegiati solo progetti
'leggeri', per usare un eufemismo, prodotti senza sostanza. Ci si prepara a
lavori impegnati e impegnativi, si rinuncia ad altre proposte per fare cose di
qualità, perdendoci anche dei soldi, poi invece i soldi non arrivano, la
produzione si ferma, il progetto crolla. Sta accadendo ovunque, e sempre più
spesso. Le uniche cose che riescono ad arrivare in sala sono quelle che, nella
nuova logica dei produttori e dei distributori, hanno un appeal
commerciale".
In questo contesto diventa difficile sollecitare i giovani a imparare a fare cinema. "Certo, è vero che le prospettive non ci sono, e che una volta entrati nel mondo del lavoro i ragazzi dovranno combattere una battaglia quotidiana contro la riduzione dei soldi, delle spese. Il cinema in Italia non esiste praticamente più, ma se ci sono ancora giovani che ci credono, forse è possibile far nascere un cinema nuovo - continua Germano - farlo tornare un mestiere e una possibilità di esprimersi, non solo di fare business. E io vedo che la voglia c'è, lo capisci quando vedi ragazzi di vent'anni che si mangiano con gli occhi tutte le cose che gli dici".
In questo contesto diventa difficile sollecitare i giovani a imparare a fare cinema. "Certo, è vero che le prospettive non ci sono, e che una volta entrati nel mondo del lavoro i ragazzi dovranno combattere una battaglia quotidiana contro la riduzione dei soldi, delle spese. Il cinema in Italia non esiste praticamente più, ma se ci sono ancora giovani che ci credono, forse è possibile far nascere un cinema nuovo - continua Germano - farlo tornare un mestiere e una possibilità di esprimersi, non solo di fare business. E io vedo che la voglia c'è, lo capisci quando vedi ragazzi di vent'anni che si mangiano con gli occhi tutte le cose che gli dici".
La scuola dura due anni, spiega l'attore,
"ci sono sei allievi per ogni corso, solo recitazione ne ha dodici, sei
uomini e sei donne. Il primo anno è propedeutico mentre nel secondo si può
scegliere fra dieci specializzazioni, dalla regia alla recitazione alla
produzione, il costume, il montaggio, gli effetti digitali eccetera eccetera, i
reparti artistici si affiancano a quelli tecnici per creare delle
professionalità che si stanno perdendo e per le quali eravamo famosi in tutto
il mondo. È importante che i ragazzi, nel primo anno, possano seguire tutto il
percorso dell'opera filmica, dall'ideazione alla postproduzione al montaggio e
agli effetti digitali".
Utile, a questo scopo, il contatto diretto con i membri del comitato tecnico-scientifico del quale la "Volontè" si avvale e del quale fanno parte, a titolo gratuito, tanti nomi del cinema italiano, Francesca Comencini, Ettore Scola, Daniele Vicari (direttore artistico della scuola), Giuliano Montaldo (presidente dell'Associazione Volontè), Alba Rohrwacher, Domenico Procacci e poi montatori, tecnici del suono, autori di effetti digitali, direttori di festival fra cui la figlia di Gian Maria Volontè, Giovanna Gravina. Con loro - e con altri professionisti dello spettacolo - gli allievi della scuola fanno incontri, dibattiti, workshop. "Più insegnanti ci sono e più gli stimoli sono vari, diversi e contrapposti - continua Germano - e questo rappresenta una ricchezza e l'occasione, per i giovani, di prendersi il loro punto di vista, perché questo è un mestiere fatto con la propria personalità, per un attore lo strumento è il suo corpo, ci si misura con se stessi, non è che si impara a bottega".
L'idea di fondo, insomma, "è quella di creare non degli altri intellettuali ma dei nuovi artigiani, dei lavoratori indipendenti. Perché un film non è fatto solo dall'attore, l'attore è solo uno degli elementi di un quadro costituito da tantissime persone, ma questo non tutti lo sanno perché un altro dei problemi del nostro paese è l'alfabetizzazione rispetto al mondo del cinema. Non sappiamo niente di come si fa un film, non si insegna certo a scuola, pochi sanno che cosa c'è dietro, come si lavora. Non serve una rivoluzione armata - insiste l'attore - basterebbe far tornare i film italiani in tv, rialfabetizzare le persone. Guardate la Francia: non è che il pubblico va di più al cinema perché sono più intelligenti. Ci vanno perché di cinema si parla anche altrove. Io una volta ho partecipato a un programma televisivo in cui mi hanno fatto parlare per un'ora della scenografia di Mio fratello è figlio unico, non di quali mutande portava l'attrice. Se si cominciasse a parlarne un po' di più in televisione - conclude Germano - magari la mattina dopo al bar la gente parlerebbe un po' meno di calcio e e delle tette di qualcuno, e un po' più di cinema".
Utile, a questo scopo, il contatto diretto con i membri del comitato tecnico-scientifico del quale la "Volontè" si avvale e del quale fanno parte, a titolo gratuito, tanti nomi del cinema italiano, Francesca Comencini, Ettore Scola, Daniele Vicari (direttore artistico della scuola), Giuliano Montaldo (presidente dell'Associazione Volontè), Alba Rohrwacher, Domenico Procacci e poi montatori, tecnici del suono, autori di effetti digitali, direttori di festival fra cui la figlia di Gian Maria Volontè, Giovanna Gravina. Con loro - e con altri professionisti dello spettacolo - gli allievi della scuola fanno incontri, dibattiti, workshop. "Più insegnanti ci sono e più gli stimoli sono vari, diversi e contrapposti - continua Germano - e questo rappresenta una ricchezza e l'occasione, per i giovani, di prendersi il loro punto di vista, perché questo è un mestiere fatto con la propria personalità, per un attore lo strumento è il suo corpo, ci si misura con se stessi, non è che si impara a bottega".
L'idea di fondo, insomma, "è quella di creare non degli altri intellettuali ma dei nuovi artigiani, dei lavoratori indipendenti. Perché un film non è fatto solo dall'attore, l'attore è solo uno degli elementi di un quadro costituito da tantissime persone, ma questo non tutti lo sanno perché un altro dei problemi del nostro paese è l'alfabetizzazione rispetto al mondo del cinema. Non sappiamo niente di come si fa un film, non si insegna certo a scuola, pochi sanno che cosa c'è dietro, come si lavora. Non serve una rivoluzione armata - insiste l'attore - basterebbe far tornare i film italiani in tv, rialfabetizzare le persone. Guardate la Francia: non è che il pubblico va di più al cinema perché sono più intelligenti. Ci vanno perché di cinema si parla anche altrove. Io una volta ho partecipato a un programma televisivo in cui mi hanno fatto parlare per un'ora della scenografia di Mio fratello è figlio unico, non di quali mutande portava l'attrice. Se si cominciasse a parlarne un po' di più in televisione - conclude Germano - magari la mattina dopo al bar la gente parlerebbe un po' meno di calcio e e delle tette di qualcuno, e un po' più di cinema".
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