da: Italia Oggi
Al Cairo, nella piazza che decretò la
caduta di Mubarak dalla sedia del potere, la folla è tornata a protestare
contro il nuovo presidente, Morsi. In un'altra piazza a Istanbul, piazza Taksim, per molti giorni il governo di Erdogan ha
dovuto fronteggiare una protesta tanto rapida nel formarsi, quanto dinamica
nell'agitarsi. In Brasile le partite
della Confederation Cup di calcio sono state accompagnate da scontri e
confronti tra le forze di polizia, quasi sempre in assetto antisommossa, e
capannelli numerosi di cittadini non più disposti a strarsene in silenzio in
attesa del prossimo voto.
La piazza dei paesi dove la globalizzazione
ha, pur con modalità e sfumature molto diverse, prodotto nuova ricchezza, un
primo blocco consistente di ceto in
grado di consumare e una gioventù istruita, pretende che il tempo delle riforme politiche viaggi al ritmo dei
cambiamenti imposti dalle nuove
tecnologie agli equilibri sociali.
La digitalizzazione della società ha dischiuso le porte a forme di
comunicazione e di aggregazione che vanno ben oltre la forma partito o la
struttura sindacale conosciuta per decenni.
Oggi la voglia di cambiamento è
percepita come talmente indispensabile che la richiesta di riforme diventa
piazza e si incarna in un'originale forma di protesta che si materializza tra
la piazza fisica, dove il confronto e lo scontro producono le immagini della
realtà diffondibili nel web, e gli scambi di ogni cosa, commenti, foto, video,
sui social media. Il malcontento di una singola piazza diventa, contestualmente,
forma politica in grado di rivendicare riforme e cambiamento dalla classe
politica, e un reality show in tempo reale a portata di smartphone o di tablet.
Questa è la nuova dimensione della politica ai tempi della globalizzazione e
della Rete. Una dimensione fatta di strappi continui e di equilibri solo in
apparenza stabili.
La velocità di azione
è, più di ogni altro, il tratto dominante della scena, perché situazioni ritenute politicamente
stabilissime si disgregano in pochi giorni e lasciano il testimone a un
nuovo equilibrio. Rispetto a questa realtà l'immobilismo della politica italiana appare come la conferma più
evidente della crisi da
contemporaneità del Belpaese. Non si
taglia una provincia, non si taglia
un euro ai partiti o un parlamentare, nessuna proposta di riforma è capace di andare oltre la
soglia della ricerca di un impossibile galleggiamento, la politica italiana
resta appesa alle battute sulla luce in
fondo al tunnel della crisi o alla melina tattica di correnti politiche
senza militanti. Lo spread decisionale
si allarga e con esso, inevitabilmente, il malessere
sociale.
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