da: La Stampa
Informatici, analisti e sviluppatori
I 900 mila posti che nessuno occuperà
L’analisi
del think tank Glocus: “Italia troppo debole nell’economia 2.0”
di Flavia
Amabile
Sono lontani i tempi in cui gli
idraulici andavano forte. Ora chi si intende di tubi e rubinetti non se la
passa più tanto bene, ad avere un futuro garantito sono i carpentieri digitali,
gli operai 2.0 che sanno tutto di nuove tecnologie invece che di viti, bulloni
e sifoni.
È quello che emerge dal rapporto
«Professioni e Lavoro nel 21° secolo» curato dal think tank Glocus che sarà
presentato stamattina a Roma.
Entro il 2015 si prevede che in Europa
ci saranno circa 900 mila posti di lavoro che si creeranno e che nessuno sarà
in grado di occupare a causa della scarsità di figure professionali
dell’information and communication technology.
È una cifra enorme in un’area dove la
crisi sta falcidiando senza pietà l’occupazione, ed è una cifra oltretutto che
prevede uno sviluppo vicino nel tempo. Il carpentiere digitale, dunque. Ma non
solo. Mancano all’appello: progettisti di sistemi informatici, consulenti di
software, analisti e sviluppatori di applicazioni, esperti di usabilità e
accessibilità, medici e operatori sanitari specializzati nell’assistenza
domestica grazie alla domotica, ingegneri esperti nella tecnologie a basso
impatto ambientale, esperti di sicurezza dei sistemi.
«Competenze trasversali e
aggiornamento continuo sono le parole chiave delle professioni nell’era 2.0,
dove aggiornarsi non vuol dire modificare il proprio profilo professionale
bensì aggiornare e potenziare le proprie competenze specifiche, ridisegnandole
e arricchendole in funzione del nuovo ambiente digitale e del loro diverso
impatto sui diversi settori», è scritto nel rapporto. Vuol dire che ad essere
impallinate sono non tanto le figure professionali in sé ma quelle di chi non
guarda dove va il mondo, chi non si apre alla rivoluzione in corso. Aggiornarsi
è l’unica parola d’ordine esistente in tutt’Europa ma in alcuni Paesi in
particolare.
Infatti l’Internet Economy italiana
contribuisce alla formazione del Pil appena per il 2%, circa 32 miliardi di
euro, (studio McKinsey) rispetto alla media europea del 4% con picchi del 7% in
paesi come Germania e Nord Europa. «Se raggiungessimo la media europea è come
se avessimo ogni anno 4 finanziarie italiane», sottolinea il rapporto. In
particolare in Italia si è «registrato un calo dell’occupazione relativa a
posizioni di lavoro con competenze definite come «high skills», a fronte di un
aumento medio europeo del 2%. A ciò si accompagna un aumento della domanda per
professioni a qualifica più bassa (3% «low skills», cui si somma un minimo calo
anche per le professioni a qualifica «medium»). Nel 2012 in Italia, infatti,
solo il 4% delle imprese ha assunto o cercato di reclutare specialisti Ict, uno
dei valori più bassi della Ue-27+, insieme con Romania e Portogallo, valore
pari alla metà della media Ue (8%).
Di fronte a quest’analisi che, tutto
sommato, apre speranze bisogna però cambiare radicalmente le politiche del
lavoro e della formazione in Italia. «Abbiamo avanzato alcune proposte
strutturali - spiega Linda Lanzillotta, presidente di Glocus e vicepresidente
del Senato - perché riteniamo che siano importanti gli interventi di emergenza
messi a punto per fronteggiare la crisi ma è necessario anche prevedere
interventi per preparare i lavoratori a un mercato ormai cambiato».
Il think-tank propone la riforma del
diritto del lavoro e l’introduzione della formula contrattuale della
flexsecurity ma anche una riorganizzazione decisa dell’istruzione a partire già
dai cicli della prima infanzia.
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