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L’Espresso
Cancro, chi è povero muore
Per la prima volta in Italia due
farmaci oncologici sono stati messi in vendita solo a pagamento: chi vuole
curarsi deve pagare più di mille euro a settimana. E' una violazione della
Costituzione, ma il governo fa finta di niente
di Daniela Minerva
Non
se ne è accorto nessuno. Ma presto se ne accorgeranno i malati di cancro.
Perché, in barba alla Costituzione, per la prima volta nel nostro Paese, le
autorità sanitarie hanno deciso che ci sono malati di tumore ricchi che avranno
accesso a due farmaci oncologici, e quelli poveri che dovranno fare senza.
E' accaduto infatti che il pertuzumab (Roche) e l'afibercept (Sanofi-Aventis) siano stati autorizzati dall'Aifa (Agenzia italiana per il farmaco) il 27 maggio scorso e quindi ammessi in farmacia, ma a totale carico del malato.
Che, se vuole curarsi, dovrà quindi pagare per il farmaco Roche 6.000 euro per le prime due somministrazioni e poi tremila euro ogni 21 giorni; e per quello Sanofi Aventis 4.000 euro ogni tre settimane.
E' accaduto infatti che il pertuzumab (Roche) e l'afibercept (Sanofi-Aventis) siano stati autorizzati dall'Aifa (Agenzia italiana per il farmaco) il 27 maggio scorso e quindi ammessi in farmacia, ma a totale carico del malato.
Che, se vuole curarsi, dovrà quindi pagare per il farmaco Roche 6.000 euro per le prime due somministrazioni e poi tremila euro ogni 21 giorni; e per quello Sanofi Aventis 4.000 euro ogni tre settimane.
Perché le medicine sono sì registrate e ammesse alla vendita, ma non rimborsate
dal Servizio sanitario nazionale. Non era mai successo per gli anticancro,
salvavita. Perché se è vero che molti farmaci innovativi sono oggi disponibili
in farmacia a pagamento (è la cosiddetta Fascia C), è anche vero che si è
sempre trattato di prodotti non salvavita, per i quali, il più delle volte,
esiste un'alternativa, ancorché meno potente o meno avanzata.
Il cancro, poi, è di una tale drammaticità che nessuno aveva mai osato nemmeno
immaginare che si potessero registrare delle medicine e non metterle a
disposizione di tutti i malati.
Non c'è dubbio che l'Aifa ha agito secondo le norme. Anzi, la norma. Sciagurata
e passata finora sotto silenzio: quella con la quale l'ex ministro Renato
Balduzzi, oggi deputato montiano, ha deciso, nel novembre del 2012, che i
farmaci non ancora ammessi al rimborso del Ssn ma verificati come efficaci
dalle autorità sanitarie potessero essere venduti in farmacia a chi ha i soldi
per comprarseli. "Nelle more", si dice in gergo.
Ma queste more sono lunghissime: come "l'espresso" ha denunciato più
volte, i farmaci innovativi arrivano nel nostro paese con grande ritardo: fino
a due anni dall'approvazione europea. Diversi mesi trascorrono mentre l'Aifa
rivede i dossier già esaminati e approvati dalle autorità europee e autorizza
il farmaco anche nel nostro paese, ma altri mesi passano a definire prezzo e
modalità di accesso al mercato. I tempi di questi iter si fanno sempre più
lunghi anche perché si allungano i negoziati, con l'Aifa che offre prezzi che
le aziende ritengono bassi.
Ed è chiaro a tutti che non ci sono soldi per la sanità, e che, quindi, i
negoziati non sono destinati ad accorciarsi. Anzi. Nelle "more": chi
ha i soldi si comprerà il farmaco con gli evidenti benefici terapeutici, chi
non li ha lascerà questa vita. E non serve raccontare come, negli Usa e nei
paesi senza servizio sanitario universale, le persone si indebitino, vendano la
casa, chiedano prestiti per potersi pagare anche solo qualche mese di vita.
E a guadagnarci sono le aziende che inizieranno a vendere il farmaco mesi e
mesi prima del suo accesso agli ospedali pubblici. Ma resta l'interrogativo:
Balduzzi si è reso conto della drammaticità di quella firma? E non ci vengano
dire che è solo "nelle more", perché una volta infranto il muro della
decenza, non si torna più indietro.
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