Limiti economici
Per
questo l’economista liberale (e non solo liberale) è costretto a sposare il
postulato della crescita infinita: la crescita è infinita non perché può
esserlo (niente lo prova, anzi tutto lascia intendere il contrario) ma perché
deve esserlo.
François Partant, Que la crise s’aggrave
I
limiti economici chiaramente sono strettamente correlati con i limiti
ecologici. Se l’ecosistema esplode, è proprio perché l’economia della crescita
è fondata sull’illimitatezza. Tuttavia, questo «sempre di più» su cui si basano
il sistema capitalistico e la società dei consumi non avrebbe potuto affermarsi
se la scienza e la tecnica non avessero fatto intravedere la possibilità di una
potenza infinita. L’illimitatezza propriamente economica sta nel modo di
produzione e nel modo di consumo. Se da un lato il pianeta oppone la sua
finitezza alla dismisura tecnoeconomica degli uomini, dall’altro questa
dismisura si basa sulla perdita del senso dei limiti nel soddisfacimento
sfrenato di desideri e nella creazione artificiale dei bisogni. Il limite
economico è dunque altrettanto strettamente correlato con il limite morale e
con i limiti culturali. La trasgressione del limite economico è il portato da
una parte dell’avidità sfrenata che sfocia nell’accumulazione infinita, e
dall’altra dell’identificazione del desiderio con il consumo, entrambe frutto
di una perversione del desiderio, che ricerca un oggetto introvabile.
L’accumulazione senza limite
Viviamo
in una società della crescita. La società della crescita può essere definita
come una società dominata da un’economia della crescita e che tende a esserne
interamente permeata. In questo modo la crescita per la crescita diventa
l’obiettivo primordiale, se non il solo, dell’economia e della vita. Non si
tratta di crescere per soddisfare i bisogni normali, il che sarebbe una buona
cosa, ma di crescere per crescere. Ma produrre di più implica necessariamente
consumare di più, e per questo è necessario creare all’infinito nuovi bisogni.
La società dei consumi è dunque l’esito naturale di una società della crescita.
«Il capitale – diceva Marx – percepisce qualsiasi limite come un intralcio». La
logica dell’accumulazione del capitale è l’illimitatezza, il rifiuto di
qualsiasi limite e l’imposizione al mondo della ragione mercantile. Alla base
del fenomeno c’è il meccanismo dell’interesse composto, che ha in sé il primato
del virtuale sul reale. E’ la vecchia cosa denunciata da Aristotele, la
mostruosità dell’autoriproduzione del denaro. La fecondità delle specie, diceva
Aristotele, sta nell’ordine delle cose per il regno vegetale e animale. Invece,
per il regno minerale è possibile soltanto se manipolata dall’uomo, e dunque è
il risultato di un artefatto contro natura, perché se abbandonato a se stesso
l’oro non genera prole.
[…]
L’autogenerazione del capitale è il cuore della logica di accumulazione
illimitata della nostra società. L’uso
della moneta e del credito, che permette di spingere a consumare chi non ha
mezzi sufficienti e di investire senza disporre del capitale necessario, è il
potente «dittatore» della crescita. «La relazione di credito crea l’obbligo
di rimborsare il debito con un interesse, e dunque di produrre più di quello
che si è ricevuto. Il rimborso con interesse introduce la necessità della
crescita, come pure una serie di obblighi collegati. Bisogna innanzitutto
essere solvibili, per poter rimborsare il credito entro un determinato tempo;
poi bisogna produrre, in linea di principio in modo esponenziale, per poter
pagare gli interessi del debito e dunque valutare necessariamente tutte le
attività svolte facendo un’analisi di
tipo costi-benefici..Sono queste necessità congiunte che “obbligano” a
crescere indefinitamente» (Rolf Steppacher, La petite différence et ses grandes
conséquences). Non senza ragione, Willem Hoogendijk (The Economic Revolution e Let’s
Stop Tsunamis) vede in questo meccanismo la fonte della compulsione alla crescita. Colonizzata dalla
logica finanziaria, l’economia è come un gigante senza equilibrio che sta in
piedi solo grazie al fatto che corre senza mai fermarsi, travolgendo tutto al
suo passaggio.
La
globalizzazione è stata per il capitalismo una tappa decisiva sulla strada
della scomparsa di ogni limite. Infatti permette di investire e disinvestire
dove si vuole e quando si vuole, in spregio degli uomini e della biosfera. E’
la trasgressione ufficializzata di tutte le norme sociali, morali e ambientali.
Il mondo della finanza fornisce ogni giorno una massa di testimonianze del
delirio e delle perdita dei limiti.
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