mercoledì 10 luglio 2013

Serge Latouche: Limite /9

Limiti economici

Per questo l’economista liberale (e non solo liberale) è costretto a sposare il postulato della crescita infinita: la crescita è infinita non perché può esserlo (niente lo prova, anzi tutto lascia intendere il contrario) ma perché deve esserlo.
   François Partant, Que la crise s’aggrave


I limiti economici chiaramente sono strettamente correlati con i limiti ecologici. Se l’ecosistema esplode, è proprio perché l’economia della crescita è fondata sull’illimitatezza. Tuttavia, questo «sempre di più» su cui si basano il sistema capitalistico e la società dei consumi non avrebbe potuto affermarsi se la scienza e la tecnica non avessero fatto intravedere la possibilità di una potenza infinita. L’illimitatezza propriamente economica sta nel modo di produzione e nel modo di consumo. Se da un lato il pianeta oppone la sua
finitezza alla dismisura tecnoeconomica degli uomini, dall’altro questa dismisura si basa sulla perdita del senso dei limiti nel soddisfacimento sfrenato di desideri e nella creazione artificiale dei bisogni. Il limite economico è dunque altrettanto strettamente correlato con il limite morale e con i limiti culturali. La trasgressione del limite economico è il portato da una parte dell’avidità sfrenata che sfocia nell’accumulazione infinita, e dall’altra dell’identificazione del desiderio con il consumo, entrambe frutto di una perversione del desiderio, che ricerca un oggetto introvabile.

L’accumulazione senza limite
Viviamo in una società della crescita. La società della crescita può essere definita come una società dominata da un’economia della crescita e che tende a esserne interamente permeata. In questo modo la crescita per la crescita diventa l’obiettivo primordiale, se non il solo, dell’economia e della vita. Non si tratta di crescere per soddisfare i bisogni normali, il che sarebbe una buona cosa, ma di crescere per crescere. Ma produrre di più implica necessariamente consumare di più, e per questo è necessario creare all’infinito nuovi bisogni. La società dei consumi è dunque l’esito naturale di una società della crescita. «Il capitale – diceva Marx – percepisce qualsiasi limite come un intralcio». La logica dell’accumulazione del capitale è l’illimitatezza, il rifiuto di qualsiasi limite e l’imposizione al mondo della ragione mercantile. Alla base del fenomeno c’è il meccanismo dell’interesse composto, che ha in sé il primato del virtuale sul reale. E’ la vecchia cosa denunciata da Aristotele, la mostruosità dell’autoriproduzione del denaro. La fecondità delle specie, diceva Aristotele, sta nell’ordine delle cose per il regno vegetale e animale. Invece, per il regno minerale è possibile soltanto se manipolata dall’uomo, e dunque è il risultato di un artefatto contro natura, perché se abbandonato a se stesso l’oro non genera prole.
[…] L’autogenerazione del capitale è il cuore della logica di accumulazione illimitata della nostra società. L’uso della moneta e del credito, che permette di spingere a consumare chi non ha mezzi sufficienti e di investire senza disporre del capitale necessario, è il potente «dittatore» della crescita. «La relazione di credito crea l’obbligo di rimborsare il debito con un interesse, e dunque di produrre più di quello che si è ricevuto. Il rimborso con interesse introduce la necessità della crescita, come pure una serie di obblighi collegati. Bisogna innanzitutto essere solvibili, per poter rimborsare il credito entro un determinato tempo; poi bisogna produrre, in linea di principio in modo esponenziale, per poter pagare gli interessi del debito e dunque valutare necessariamente tutte le attività svolte facendo un’analisi di tipo costi-benefici..Sono queste necessità congiunte che “obbligano” a crescere indefinitamente» (Rolf Steppacher, La petite différence et ses grandes conséquences). Non senza ragione, Willem Hoogendijk (The Economic Revolution e Let’s Stop Tsunamis) vede in questo meccanismo la fonte della compulsione alla crescita. Colonizzata dalla logica finanziaria, l’economia è come un gigante senza equilibrio che sta in piedi solo grazie al fatto che corre senza mai fermarsi, travolgendo tutto al suo passaggio.

La globalizzazione è stata per il capitalismo una tappa decisiva sulla strada della scomparsa di ogni limite. Infatti permette di investire e disinvestire dove si vuole e quando si vuole, in spregio degli uomini e della biosfera. E’ la trasgressione ufficializzata di tutte le norme sociali, morali e ambientali. Il mondo della finanza fornisce ogni giorno una massa di testimonianze del delirio e delle perdita dei limiti. 

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