da: Il Sole 24 Ore
Mediaset,
torna a crescere la pubblicità
Dopo ventidue mesi di cali consecutivi a luglio gli «spot» salgono di 3
punti percentuali
PAY-TV. Hanno ripreso a circolare le voci di una vendita, anche parziale, di Premium. Il vicepresidente: «Ci hanno cercato 2-3 gruppi stranieri».
PAY-TV. Hanno ripreso a circolare le voci di una vendita, anche parziale, di Premium. Il vicepresidente: «Ci hanno cercato 2-3 gruppi stranieri».
di Simone Filippetti
Si vede una luce in fondo al tunnel. Dopo ventidue mesi di cali consecutivi, Mediaset saluta il ritorno della pubblicità: +3% a luglio. E di pubblicità vive tutta l'industria dei media, oggi affossata dalla più grave crisi nella storia di giornali e tv.
Una traversata nel deserto. Ma è la fine della crisi o solo un'oasi
di refrigerio in pieno Sahara? Troppo presto per dare una risposta, anche
perché i primi sei mesi sono ancora sotto del 19%. Ma intanto Pier Silvio
Berlusconi e il top management della più grande tv commerciale italiana tirano
un respiro di sollievo. Ce ne vogliono di rialzi, anche solo per recuperare il
tonfo degli ultimi due anni: all'inizio della crisi il mercato pubblicitario
era una torta da 9,5 miliardi di euro. Oggi siamo a 7 miliardi. Per strada si
sono persi oltre due miliardi.
Ma la sorpresa di luglio a casa Mediaset
potrebbe almeno essere il segno di una stabilizzazione. E un segnale
incoraggiante per tutto il mercato. Tanto basta per infiammare la Borsa: già
reduce da un rally che ha dell'incredibile (+80% da inizio anno), ieri Mediaset
correva del 4,55% a un soffio dalla soglia dei 3 euro (che non si vedeva da due
anni). Anche perché la raccolta di luglio è "pulita": non c'è nemmeno
un effetto ottico (gli Europei del 2012 che Mediaset non trasmetteva, erano già
finiti a luglio). Dunque, un recupero netto.
Dalle carte che Mediaset avrebbe calato, nella serata di gala che ogni anno alza il
sipario sulla futura stagione invernale,
si sarebbe letto in controluce cosa il colosso tv si aspetta dall'economia nei
mesi a venire. E a giudicare dalle novità (come la rivoluzione dello "spottone" a reti unificate e
il ritorno dei film in Prima visione),
Mediaset si aspetta uno scenario più roseo. E da come andrà la seconda parte
dell'anno, si deciderà anche un eventuale ritorno al dividendo (dopo due anni
di digiuno forzato).
Per i media è un'economia di guerra. E ora per la prima
volta da quasi due anni, gli inserzionisti tornano a fare capolino. Nel
frattempo tv e giornali hanno pagato un conto salatissimo: Mediaset ha chiuso
per la prima volta nella sua storia in rosso, con una perdita monstre di 235
milioni l'anno scorso. E se una rondine non fa primavera, nemmeno un mese di
raccolta positiva fa una ripresa sicura. E in Mediaset non si azzardano a fare
previsioni sulla fine dell'anno. La cautela estrema di Pier Silvio, che già
normalmente non pecca di dichiarazioni roboanti, si spiega in due modi: è
appunto troppo presto per dire se è l'inizio di un'inversione.
In un clima del genere non è più tempo per le faide e i
nemici possono diventare alleati. E così da tempo con l'arci-rivale Rupert
Murdoch c'è un clima di disgelo. Il banco di prova sarà la Spagna, unico paese europeo dove Newscorp è assente e dove vorrebbe
entrare comprando Digital+. Sul canale, però, Mediaset ha un diritto di
prelazione e di veto. Berlusconi farà un favore allo «Squalo»? Ieri Pier Silvio
non si è sbilanciato, ma di sicuro Mediaset farà pesare il suo veto sul tavolo
delle trattative. Dove invece non ci sarà partita è sulla pay-tv: nei mesi scorsi sono a più riprese circolate voci di una
vendita di tutta o di parte di Premium. «La verità è che ci hanno cercato 2-3
gruppi stranieri» ha spiegato Berlusconi Jr. Certo, un alleato non
dispiacerebbe, per fare concorrenza a Sky.
La strategia di Mediaset per uscire dalla crisi si muove su un doppio binario: primo tagliare i costi (450 milioni di euro a fine piano). Ma tagliare più di tanto non si può perché poi il palinsesto si impoverisce e di conseguenza cala l'audience. Così se con la destra taglia 450 milioni, con la sinistra Pier Silvio mette sul piatto 2 miliardi di euro per nuovi programmi. Tutto in-house: film e serie straniere in prima serata costano troppo e ormai ci sono le pay-tv per quello.
La strategia di Mediaset per uscire dalla crisi si muove su un doppio binario: primo tagliare i costi (450 milioni di euro a fine piano). Ma tagliare più di tanto non si può perché poi il palinsesto si impoverisce e di conseguenza cala l'audience. Così se con la destra taglia 450 milioni, con la sinistra Pier Silvio mette sul piatto 2 miliardi di euro per nuovi programmi. Tutto in-house: film e serie straniere in prima serata costano troppo e ormai ci sono le pay-tv per quello.
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