da:
La Stampa
Egitto, Morsi respinge l’ultimatum ma nel
governo piovono dimissioni
E piazza Tahrir torna a riempirsi
Il Presidente rifiuta l’aut aut dell’esercito: «Non vado via». Obama lo chiama: trovare soluzione. Anche il premier minaccia di lasciare
A
qualche ora dalla fine dell’ultimatum di 48 ore dato dai militari alle forze
politiche egiziane, ma soprattutto al presidente Mohamed Morsi, per trovare una
via di uscita alla crisi sempre più profonda e lacerante del paese la soluzione
sembra ancora lontana.
Morsi,
sempre più solo e assediato dai manifestanti anche nel palazzo dove si è
trasferito per evitare le contestazioni, ha respinto l’ultimatum dei militari.
I fratelli musulmani non hanno reagito ufficialmente alla dichiarazione dei
militari ma più voci hanno ribadito che la legittimità del presidente non si
tocca. Un alto dirigente della Fratellanza è andato oltre invocando il martirio
per proteggere la legittimità del primo presidente eletto dei Fratelli
musulmani mentre in serata il portavoce della Fratellanza Gehad el Haddad ha
twittato: «Il popolo egiziano non permetterà a nessuno di fare prepotenze alle
loro scelte democratiche e rimarrà fermo davanti a chiunque minacci la
legittimità’.
Come
negli scorsi due giorni anche oggi le piazze si sono divise fra por e anti
Morsi, ma oggi i sostenitori del presidente hanno puntato ad essere più
numerosi e più visibili per dimostrare che il peso dei due schieramenti è
equivalente.
La
giornata di Morsi è cominciata presto quando nel cuore della notte ha ricevuto
una telefonata dal presidente Usa Barack Obama che gli ha rinnovato tutte le
preoccupazioni di Washington e il sostegno americano al processo democratico
egiziano. Obama, ha precisato in serata il dipartimento di Stato, non ha però
sollecitato una adesione di Morsi ad elezioni anticipate, una voce rimbalzata
per tutta la giornata di oggi in Egitto e che avrebbe schierato il presidente
Usa accanto alla principale rivendicazione del movimento dei Ribelli e delle
opposizioni.
Malgrado
la linea intransigente annunciata dalla presidenza e sostenuta dai movimenti
islamici, Morsi oggi ha avuto un lunghissimo colloquio col ministro della
Difesa e capo delle forze armate Abdel Fattah el Sissi insieme al premier
Hisham Qabdil per definire i passi futuri. In mano Morsi aveva la lettera di
dimissioni, la sesta, di un altro ministro, quello degli esteri Kamel Amr e
quella con la quale il premier rimetteva nelle sue mani il mandato, lasciandolo
libero di valutare se un addio al suo governo potesse servire ad trovare una
via di uscita, prima dello scoccare dell’ultimatum del militari.
Secondo
fonti militari citate da vari media egiziani quella che Sissi ha illustrato a
Morsi è la road map per la sua uscita di scena. Uno degli scenari circolati in
serata è che Morsi cambi il governo e convochi elezioni presidenziali
anticipate. Secondo altri scenari el Sissi ha già pronto il dopo Morsi con una
road map che prevede la riscrittura della Costituzione in tempi brevi,
l’insediamento di un governo di tecnici che segua la transizione fino ad
elezioni presidenziali anticipate. Un percorso che si avvicina molto a quello
delineato dalle opposizioni che oggi hanno individuato nel premio Nobel per la
pace Mohamed el Baradei la personalità che sarà la sua voce nei negoziati per
definire il dopo Morsi. A poche ore dallo scadere dell’ultimatum è cresciuta la
tensione nelle strade. In giornata la sicurezza centrale ha innalzato il
livello di allerta temendo scontri fra le opposte fazioni. In serata sono
scoppiati violenti disordini nel quartiere di Giza al Cairo.
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